Chi ha in mano la vita o la morte di 1000 italiani?

bici_fantasmaL’articolo che segue non è mio. E’ di Giangiacomo Schiavi, vicedirettore del Corsera. Pubblicato in prima il 1 febbraio 2011. Lo condivido pienamente e mi permetto solo di aggiungere un numero a quelli che lui ricorda, altrattanto luttuoso: ogni anno muiono sulle nostre più di 250 ciclisti. Tra chi va a piedi e in bicicletta (a scuola, al lavoro, al cinema, a farsi un giro… insomma la quotidianità di tutti noi) ci sono 1000 morti l’anno. Troppi ed evitabilissimi, tutti, dal primo all’ultimo. Bisogna solo avere il coraggio di scegliere: scegliere che va tutto bene così e che 1000 morti sono il prezzo da pagare a una mobilità malata, oppure scegliere che bisogna cambiare strada. #salvaiciclisti la sua scelta l’ha fatta e per questo manifesta il 28 aprile. Non potete mancare.

Ci sono cimiteri nascosti nelle nostre città: a un semaforo o sulle strisce pedonali spunta ogni tanto un mazzo di fiori, un cero, un biglietto d’addio. Ciao Andrea, hanno scritto i compagni di squadra di un ragazzino falciato da un’auto sabato sera alla periferia di Milano. Neanche ventiquattr’ore dopo una donna su un marciapiede è stata travolta mentre passeggiava con il fidanzato. Storditi dalla banalità di tante notizie ci stiamo dimenticando dei numeri di una strage che avviene sotto i nostri occhi: ogni giorno sulle strade italiane muoiono due pedoni, più di seicento ogni anno finiscono sotto le ruote di una macchina che va troppo forte, non rispetta le strisce, è guidata da un ubriaco.

Non bastano più gli allarmi lanciati con la ritualità di chi sembra rassegnato alla constatazione: i pedoni travolti e uccisi in Italia stanno diventando un’emergenza che deve uscire dal cono d’ombra di un lungo silenzio. A fronte di una diminuzione complessiva degli incidenti, come testimonia l’ultima relazione dell’Automobile Club, si registra un aumento di quasi il tre per cento dei pedoni morti. In Europa siamo i peggiori. E Milano e Napoli sono le città dove il rischio di essere falciati è più alto che altrove.

Non c’è posto però nell’agenda della politica per il dolore che annienta un genitore, per il dramma di tante famiglie che si consola appena nella solidarietà di un quartiere o di una comunità. Eppure ci sarebbe da lanciare subito una grande campagna per rendere più sicure le strade delle città, per inasprire le sanzioni contro chi non rispetta le strisce pedonali. Qualcuno ha mai visto un vigile multare un automobilista che non si ferma per far passare una persona? Se uno rallenta per un pedone, a Milano, a Roma, a Napoli, rischia gli insulti; se poi si ferma a discutere con chi sta dietro, anche le botte. Non è un segno di civiltà, questo. Ci allontana sempre più da un’Europa dove l’attenzione per chi deve attraversare la strada è uno status sociale. Se non si proteggono i pedoni e anche i ciclisti, non abbiamo nessuna speranza di migliorare la sicurezza e la vivibilità delle nostre città.

Ci sono scelte educative che vanno rafforzate, misure preventive che devono essere incentivate: e serve la tolleranza zero per chi adotta comportamenti pericolosi quando viaggia con l’auto in città. Il rispetto di certe regole può ridurre i rischi, e anche i pericoli. Le associazioni dei familiari delle vittime, che si battono per quel civismo che a volte può salvare una vita, ci chiedono di non lasciar cadere, un’altra volta, l’allarme nell’indifferenza.

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