Cyclesafe: cosa è successo in Gran Bretagna nelle ultime settimane

Negli ultimi mesi si è parlato spesso della situazione della ciclabilità britannica. In seguito alla campagna “Cities fit for cycling”, e al lavoro dei numerosi gruppi che si occupano di promuovere l’uso delle due ruote, sono state annunciate molte misure pro-bike, soprattutto dal sindaco di Londra Boris Johnson.

Tuttavia, l’evoluzione della situazione nelle ultime settimane è più confusa; il problema è che in Gran Bretagna coesistono diversi livelli di governo, dalle circoscrizioni delle città fino al governo centrale, e non tutti questi attori sono convinti dell’importanza di tenere conto delle necessità dei ciclisti. Questo ha determinato ultimamente una certa schizofrenia nell’approccio al problema, soprattutto a Londra.

Mentre in alcune zone della capitale vengono inaugurati grandi progetti infrastrutturali “all’olandese”, in altre le strade vengono riprogettate in modo tale da peggiorare l’attuale situazione per i ciclisti. Questo accade ad esempio nel quartiere di Tottenham, come denunciato da uno dei più seguiti cicloblogger londinesi: in alcune ampie strade del luogo si è deciso di ridurre lo spazio lasciato al traffico (su due o quattro ruote) e allargare di molto i marciapiedi; la riduzione della sede stradale rende molto più pericoloso circolare su queste strade; la decisione viene criticata soprattutto perché ci sarebbe stato spazio per allargare il marciapiede e contemporaneamente creare una corsia ciclabile a lato della strada.

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Le critiche per queste scelte discutibili si sono concentrate su Transport For London, l’agenzia per la mobilità londinese, che sarebbe poco attrezzata a riconoscere le necessità dei ciclisti. Le accuse sembrano essere giuste, tanto che TFL, evidentemente consapevole di questo gap nelle sue competenze, ha annunciato negli scorsi giorni che assumerà ben 128 nuovi progettisti per la sua “cycling division”; questa decisione lascia sperare che in futuro non si compiano errori come quelli di Tottenham.

Altro elemento urbanistico molto dibattuto nelle ultime settimane a Londra sono state le Cycle Superhighways. Queste sono ampie corsie ciclabili dipinte in blu sulle principali arterie stradali che conducono verso il centro della città. Purtroppo, in molti tratti, soprattutto all’ora di punta, anche queste corsie vengono invase dal traffico motorizzato.

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Secondo il parere di un giudice che investigava sulle morti di due ciclisti proprio su una Cycle Superhighway esse confondono i ciclisti, e danno loro un falso senso di sicurezza. Una terza persona è morta sulla CS2 pochi giorni fa. Proprio la CS2 però è stata appena prolungata di circa 3 km. Questa “extension” è stata realizzata in modo completamente diverso, con standard qualitativi molto più elevati: l’estensione passa quasi interamente su Stratford High Street, una strada di scorrimento che fino a pochi giorni fa aveva tre corsie per senso di marcia. Ora un’intera corsia per ogni senso di marcia è stata riservata alle bici: non si tratta solamente di una corsia dipinta in blu, bensì di uno spazio fisicamente separato dal traffico, e quindi molto più sicuro, come si può vedere dalla foto.

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Si è calcolato che la riduzione dello spazio riservato alle automobili determinerà un ritardo nella percorrenza di quel tratto di soli 90 secondi, all’ora di punta (ma se diversi automobilisti dovessero passare a usare la bici, il traffico potrebbe essere addirittura più scorrevole di prima). La CS2 sarà ancora più utile quando nei prossimi mesi sarà collegata ad altri percorsi ciclabili minori della zona.

Andando oltre Londra, altre critiche si sono concentrate sulle previsioni fornite dal Ministero per il Trasporto, secondo il quale l’uso della bici da qui al 2040 diminuirà. Secondo il National Transport Model gli spostamenti in bici arriveranno a coprire 3,4 milioni di miglia all’anno nel 2015, ma poi scenderanno fino a circa 3 milioni di miglia nei seguenti decenni; le critiche della CTC, associazione pro-bike britannica, si sono concentrate su due aspetti: il primo è che non è chiaro il processo attraverso il quale si è giunti a queste cifre; il secondo è che queste previsioni vengono poi usate per progettare le necessità infrastrutturali per i prossimi anni. Prevedere una diminuzione dell’uso delle bici può quindi significare anche una diminuzione degli investimenti a favore delle bici, cosa che a sua volta determina il calo effettivo dell’uso di questo mezzo di trasporto. Si tratterebbe di un classico esempio di “previsione auto-avverantesi”.

Per fortuna, diverse città non danno ascolto a queste previsioni negative, e continuano a promuovere l’uso della bici. È il caso di Cambridge, dove si stanno testando dei semafori che scattano in anticipo per i ciclisti, o Bristol, dove nel 2014 partiranno delle consultazioni per chiedere ai cittadini cosa pensano di un ambizioso progetto di rete di piste ciclabili nella città e nei suoi dintorni.

In definitiva, l’impressione generale è di una situazione abbastanza confusa, e troppo dipendente dalla buona volontà di singoli amministratori locali. È proprio questo uno degli aspetti su cui si concentrano le attività di lobbying da parte della CTC o di simili altri gruppi: chiedere un maggiore sforzo al governo centrale, per sostenere con forza i ciclisti su tutto il territorio nazionale.

Commenti

  1. Avatar Marshall ha detto:

    Purtroppo tutto molto prevedibile
    C’era già, da anni, ampia ricerca sull’argomento. della pericolosità delle piste ciclabili in sola segnaletica sulle strade di grande traffico.
    La tanto (per lo più a sproposito) vituperata normativa italiana (DM 557/99) correttamente proibisce le piste in sola segnaletica sulle strade urbane di grande traffico, imponendo la sede protetta. Così è anche in Olanda, Germania e Danimarca.
    Purtroppo la tentazione di adottare soluzioni apparentemente meno costose è molto forte. Ma così si gioca sulla pelle dei cittadini. Inutilmente, dato che le piste ciclabili, anche quando fatte molto bene, sono comunque le più economiche infrastrutture di trasporto.
    Il colmo è avere chiamato queste piste “Super Highways” in questo modo alimentando ulteriormente il falso senso di sicurezza degli utenti facendo supporre si trattasse di qualcosa di più e di meglio di una semplice pista ciclabile quando, invece, è qualcosa di meno e di peggio.
    In Germania un termine analogo (Radfahrautobahn) è al contrario riservato alle piste ciclabili senza incroci a livello che sono effettivamente delle “super piste”.

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