Islanda: pedalando con “madre natura”

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Ritengo che sia questo il titolo più appropriato per descrivere la mia solitaria, introspettiva e trepidante esperienza ciclistica islandese, fatta tra fine giugno ed i primi di luglio del 2014, in cui, per 15 giorni, ho percorso circa 1500 km, quasi tutti sulla Ring Road (strana n.1), compiendo il periplo dell’isola e dormendo in ostelli e guesthouse.

L’idea di raccontare nel mio diario di Facebook il “vissuto” delle singole tappe è nata quasi per caso la prima sera a Borgarnes, dove ho goduto del sole di mezzanotte. Mi sentivo talmente eccitato da quello che avevo ammirato e apprezzato durante il giorno, e da ciò che mi attendeva nei futuri giorni, che volevo condividerlo con qualcuno, ma a “caldo”. Peraltro, anche la seconda sera, a Blonduos, il dono del sole di mezzanotte si è ripetuto, e dalla mia stanza, con vista mare, ho perscrutato un sole mai “stanco di addormentarsi”.

Scrivere questi post è stato l’alveo naturale dove far confluire i “rigagnoli” di felicità ed emozioni provate quotidianamente ed originate dalle impetuose ed inesorabili “cascate” di paesaggi, profumi, colori, voci, suoni ed incontri, che solo una terra cosi “contrastante” sa offrire ad un “esploratore di natura”.
Nei giorni successivi, poi, leggendo i commenti, e qualche sms, anche di incoraggiamento a proseguire, ho preso gusto (…dicasi masochismo…) nel raccontarmi e condividere.

Infatti, come mi ha fatto notare una mia amica lettrice, se è vero che le emozioni si conservano nel proprio cuore ed i ricordi nella propria mente, non bisogna “sottovalutare l’importanza e la bellezza della condivisione, anche di ricordi e sensazioni”, in quanto “arricchisce chi dà e chi riceve”. Se, da un lato, non c’è certezza su cosa sia davvero la felicità, dall’altro, c’è certezza, invece, che bisogna condividerla anche l’ausilio della tecnologia. Ed io ci ho provato.

Scrivere un post ogni sera, non mai prima delle 23, è stato davvero faticoso e impegnativo per ovvi motivi, sia logistici che fisici. Scrivevo in tutti i luoghi, anche sotto le coperte nei dormitori degli ostelli per non disturbare i miei vicini. I miei occhi, volendo emulare il sole per spirito solidaristico, avevano deciso, in autonomia, che il loro “tramonto” sarebbe durato al massimo 5 ore… E così è stato fino all’ultimo giorno!
Ho deciso anche di fare un “collage” di tutti i “racconti”, già postati nel mio diario, senza apportare alcuna variazione, in modo da poterli leggere in un’unica nota riassuntiva.

In aggiunta a quanto scritto a “caldissimo” nei singoli “post” (pieno anche di errori e sviste), sotto ho anche aggiunto (“ex post”) altre informazioni e/o esperienze personali fatte che ritengo possano essere d’aiuto a chi vorrà eventualmente fare un’esperienza analoga.

Concludo con una piccola chiosa rivolta a tutti coloro che mi chiedono perché ho scelto di pedalare in solitaria per 2 settimane nella “terra dell’acqua, del fuoco, del ghiaccio e della lava”.
La risposta “faceta” è semplice. E’ naturale che un “BARBARO”, raggiunta l’età del numero dei gatti “in fila per sei col resto di due”, decida di conoscere finalmente i propri antenati e, perché no, abbia la curiosità e il piacere di visitare la nazione più femminista al mondo…

La risposta “ciclosofica” è leggermente più articolata. Pedalare, bici, salite, allenamento, fatica, sono tutti termini che ben si prestano ad essere utilizzati all’occorrenza come metafore del nostro vivere quotidiano.
Tutti i ciclisti che pedalano senza guardare in modo maniacale il computerino sul manubrio, scegliendo di “autoascultarsi” (grazie allo stetoscopio del movimento di 2 ruote, che per rimanere in equilibrio devono sempre andare avanti …come la nostra vita…) e di “sentire” il paesaggio circostante, sono dei “ciclosofi”.

Ossia, i “ciclosofi” sono dei pedalatori che utilizzano un “arnese” semplice, quale una bici qualsiasi, come “apriscatola” per provare a dare una risposta ai tanti “perché” della vita. Ed io anelo a diventarlo! Ecco, quindi, che l’Islanda, isola così “contrastante” e affascinante, dove la natura regna sovrana, mi è parso il posto ideale per iniziare a praticare esercizi di introspezione e di riconciliazione del mio “avere” con il mio “essere”.
Senza dubbio, il ricordo finale più bello che mi ha lasciato questa suggestiva esperienza ciclistica è che “…ogni giorno che pedalavo sprizzavo gioia come un bimbo…”

(continua…)

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