Piste ciclabili: questo oggetto misterioso

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Studi, progetti su progetti, delibere, finanziamenti. Nelle nostre città quando si parla di piste ciclabili sembra di disquisire di un oggetto misterioso. Tanto che, quando ci sono, una non è uguale all’altra. Per molti amministratori le biciclette non sono veicoli con normali ruote e normali pneumatici. Ecco allora piste ciclabili inspiegabilmente “mattonellate” o in cemento e con un pericoloso bordo, anch’esso in cemento (ma non son rari quelli in orrida plastica) e altrettanto inspiegabile, che le delimita. Queste, così elaborate, peraltro si rovinano subito: le mattonelle saltano, cresce erba e la muffa, i cordoli si staccano e finiscono nella sede stradale. Posto che – visto che i nostri amministratori non sono a loro agio con la materia – basterebbe, invece di scervellarsi su come realizzarle, copiare.

Si, copiare. Si va in una qualunque delle tante città europee più civili delle nostre e si copia, letteralmente, sia la fattura delle piste ciclabili sia come viene disciplinata la circolazione dei veicoli a due ruote da quelle parti. Anzi, in tempi di spending review e per evitare insidiose distrazioni, non c’è manco bisogno di andarci. C’è Google Maps e Street View, You Tube e un’infinità di fotografie e filmati sul WEB. Ma poi cosa c’è da progettar tanto? Nelle città, specie nelle zone “storiche” e pertanto giustamente non modificabili, basta tracciare una striscia gialla che delimita un metro e mezzo di strada e piazzarci il disegnino di una bici per terra e qualche segnale.

Nelle strade nuove e quelle extraurbane si fa la cunetta poco più in là e si asfalta un metro e mezzo/2 metri per lato e si piazza la solita riga gialla riflettente a fianco di quella bianca che delimita la carreggiata, E così difficile e complicato? Serve un progetto elaborato e cervelli che studiano? No, solo un po’ di bitume in più quando si asfalta e un barattolo di vernice.. In questo modo si avrebbe un numero di chilometri per le biciclette praticamente (quasi) pari al numero di chilometri per gli altri veicoli, con l’eccezione delle autostrade (chi ci andrebbe del resto in autostrada?) e delle strette strade di montagna che sono delimitate dall’orografia del luogo, ovvero dai costoni.

Curiosamente, da noi pensare una ciclabile sembra un’operazione di alta architettura urbana e non un fatto la cui realizzazione è di una banalità sconcertante. Qualche metro di bitume, vernice gialla per terra e un paio di operai. Che ce vo’?
PS: Volendo strafare non sarebbe male una campagna di educazione e rispetto civico per automobilsti alle prese con questi UFO a due ruote. Ma mi rendo conto che chiedere questo è si, davvero fantascienza. Accontentiamoci del bitume e della vernice. Facile-facile anche per gli amministratori più ostici.

Commenti

  1. Avatar Stefano Gerosa ha detto:

    Alessandro Micozzi sa bene a che ciclabile e a che progettista mi riferisco (ma non voglio far pubblicità). ;-)

    1. Alessandro Micozzi Alessandro Micozzi ha detto:

      Ciao Stefano, ci mancherebbe! Marco Passigato ha insegnato tanto anche a me, per quanto la mobilità ciclistica si possa “insegnare” nell’ambito di un corso.
      Per chi non lo conoscesse: http://www.fiab-areatecnica.it/chi-siamo/persone/191-marco-passigato.html

  2. Avatar Stefano Gerosa ha detto:

    Mi dispiace ma non sono d’accordo. Non c’è niente di peggio che pedalare su ciclabili fatte da cani (come certe realizzate in Italia). Ci sono molti “particolari” progettuali che hanno a che fare con la fruibilità, sicurezza, ecc. Ci sono, a volte, molte soluzioni tecniche da conoscere in situazioni diverse.
    Non si può affidare la realizzazione, come purtroppo in Italia spesso si è fatto, a geometri, magari bravissimi in altri campi, ma che non hanno un attimo approfondito la questione, non hanno copiato da ciò che si fa altrove e magari non vanno neppure in bici.
    Sul “copiare” sono stra-d’accordo, ma copiare bene significa studiare bene ciò che han fatto gli altri, guardando anche a particolari tecnici che spesso a noi semplici pedalatori sfuggono.
    Occorre professionalità e, in questa professionalità, c’è anche conoscere per esperienza diretta cosa significa pedalare in città.
    Io pedalo spesso su una ciclabile realizzata molto bene nella mia città, conosco com’era la strada prima e come è diventata dopo, conosco il tecnico che l’ha progettata e seguito i lavori (è un mio amico) che è un serio professionista ma anche un ciclista. La differenza tra una ciclabile e l’altra si vede, eccome!

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