La ciclabile provvisoria (un italiano che pedala a Copenhagen)

Dopo il primo giorno di acclimatazione e organizzazione logistica, è arrivato il fine settimana durante il quale ci siamo dedicati all’esplorazione della città. In due giorni abbiamo percorso un centinaio di km andando alla scoperta delle attrazioni della capitale danese e delle meraviglie fuori porta.

Il tutto è avvenuto, ovviamente in bicicletta, come si conviene quando ti trovi a visitare una città in cui pedala quotidianamente circa la metà della popolazione.

Copenhagen National Gallery

La Danish National Gallery

Sabato mattina, quindi, terminata la colazione, ci siamo vestiti ben bene e abbiamo affrontato la primavera danese: vento, cielo grigio e qualche goccia di pioggia fastidiosa. Abbiamo approfittato delle condizioni climatiche a noi avverse (non per i Danesi che, ne sono convinto, sono rivestiti naturalmente da una membrana di GoreTex) per rinchiuderci in musei e attrazioni al coperto.

Museo Design Copenhagen

Uno scorcio del Museo del Design

In questo modo, abbiamo visitato la National Gallery, il Castello di Rosenborg e il Museo del Design (presto pubblicheremo anche l’itinerario dettagliato) dove abbiamo avuto modo di rifarci gli occhi tra oggetti di uso comune e di straordinaria bellezza che cercano di interpretare il concetto di hygge, una parola pressoché intraducibile in Italiano, e che rappresenta una sorta di punto di incontro tra piacevolezza estetica, accoglienza e comfort.

Rosenberg

Il castello di Rosenborg

Il vento ha finito per spazzare via le nuvole e, uscito il sole, anche noi abbiamo deciso di abbandonare le sale hyggeli delle varie attrazioni turistiche al coperto per andare a scoprire il vero volto della città.

Copenhagen Sant'Albano

La chiesa di Sant’Albano

Cartina alla mano ci siamo avventurati tra le strade della capitale e, con una facilità sconcertante, ci siamo agevolmente destreggiati nel reticolo stradale riuscendo a raggiungere senza alcuna difficoltà i punti di maggiore interesse che avevamo selezionato sulla mappa. Ora, io sono un grande appassionato di viaggi e di cicloturismo e se c’è una cosa che realmente adoro è visitare le città che non conosco in bicicletta. Non è una questione di amore per il mezzo in sé ma, piuttosto, di praticità: se per percorrere un km a piedi ci vogliono 12 minuti, in bicicletta ce ne vogliono 3 o 4.

Pinz mappa Copenhagen

Il problema è che ovunque io sia stato, visitare una città in bicicletta significa fare i conti con un senso di disagio e di stress: un turista in bicicletta deve stare attento ai nomi delle strade e contare gli incroci per svoltare al momento giusto, deve tenere un occhio sul margine esterno della carreggiata per evitare sportelli aperti all’improvviso o pericolosi intrusioni dalle vie laterali/passi carrabili, il tutto mentre con l’altro occhio deve tenere sotto controllo i movimenti dei mezzi motorizzati che non devono mai avvicinarsi troppo, e poi ci sono gli altri occhi che devono concentrarsi su una segnaletica che, però, è stata pensata per chi si muove in auto e non in bici.

Incrocio Copenhagen

Tutto quello che devi fare è seguire le regole della strada, senza improvvisare

Copenhagen è diversa.

Copenhagen è quel luogo in cui te ne puoi stare seduto tranquillamente in sella e pedalare a tutta birra (mai espressione fu più calzante) guardandoti a destra e sinistra con l’unico pensiero di prestare attenzione al colore dei semafori e segnalare le svolte. A tutto il resto ci pensano le ciclabili che in alcuni casi hanno persino la corsia di sorpasso.

E la città, infatti, si presenta agli occhi di chi la visita come una serie di superarterie ciclabili in cui velocità ed efficienza prendono il sopravvento su tutto il resto e il risultato è che, esattamente come chi guida in autostrada, chi pedala in molti casi può abbandonare la ciclabile solo prendendo un’uscita sulla destra.

Cargo Bikers Copenhagen

Per noi mediterranei, così lontani da questa realtà, la domanda che sorge spontanea è “perché mai una città dovrebbe dotarsi di un sistema infrastrutturale tanto complicato e avveneristico per servire coloro che si muovono a pedali”?

È una domanda che ho rivolto ai vari interlocutori incontrati fino a questo momento e la risposta è sempre stata univoca: seguendo un approccio quanto mai razionale e scientifico, qui a Copenhagen nel corso degli anni hanno proceduto a realizzare una serie di studi e rilevazioni sulla base dei quali hanno deciso come organizzare la città.

Poiché il tempo è denaro, per aumentare la competitività economica hanno deciso di puntare tutto sulla velocizzazione dei tempi di spostamento.

Poiché la competitività economica è determinata anche dai giorni di assenza dal lavoro, hanno deciso di favorire l’attività fisica dei lavoratori per diminuire le giornate di malattia.

Poiché le infrastrutture devono costare il meno possibile e durare molto a lungo, hanno deciso di puntare su approcci che garantiscono il miglior rapporto costi/benefici.

Poiché tutti devono avere la possibilità di spostarsi, hanno deciso di privilegiare il mezzo di trasporto più economico.

La scelta di puntare sulla bicicletta è frutto quindi di un freddo calcolo razionale che non ha niente da vedere con il piacere del singolo, con la passione individuale, lo sport o eventuali fanatismi ideologici: si è trattato semplicemente di trovare la risposta più logica alle domande che ogni pubblico amministratore si dovrebbe porre a prescindere dalla propria appartenenza politica.

Lavori in corso Copenhagen

Lavori in corso sulla ciclabile

E se questa è la regola, quello che realmente colpisce è la gestione dell’eccezione. Le città sono organismi viventi e in continua evoluzione: palazzi in costruzione e rifacimento del manto stradale avvengono qui come altrove e, come in ogni città che si rispetti, ogni cantiere prevede una modifica della viabilità creando dei percorsi provvisori. Qui, ogni cantiere prevede quindi la creazione di percorsi alternativi anche per chi si muove in bicicletta seguendo la logica per cui se la strada si restringe, tutti gli utenti della strada devono fare qualche piccolo sacrificio e allora si hanno corsie ridotte per le auto, corsie ridotte per le bici e marciapiedi ridotti per i pedoni.

Lavori in corso ciclabile copenhagen

Restringimento di carreggiata per tutti.

La grande sfida arriva però nel momento in cui ci si ritrova a passare per Island Brygge, la “spiaggia” di Copenhagen dove i locali vanno a fare il bagno (che tanto, ci tengo a ricordarlo, hanno la pelle ricoperta di GoreTex). Ieri ho avuto il piacere di passare in questa zona riqualificata di recente, pedalando lungo una ciclabile nuova di pacca, realizzata con una discutibile colata di asfalto sopra uno strato di pavè.

Ciclabile provvisoria Brygge Islands

La ciclabile provvisoria lungo Island Brygge

Klaus, il nostro accompagnatore, ci ha fatto presente che questa era una ciclabile provvisoria, realizzata in questo modo per sopperire alla chiusura della strada parallela per lavori di manutenzione. Questa è stata la prima volta che mi sono trovato di fronte a una ciclabile provvisoria e il mio shock è stato tanto forte quanto tranquillo l’approccio di Klaus nel raccontarmelo.

E alla fine, pensandoci bene, hanno ragione loro: se è vero (come dimostrato dagli studi danesi) che ogni km in bicicletta rappresenta un beneficio per la collettività di 0,16 euro , mentre a ogni km percorso in automobile corrisponde un danno pari a 0,10 euro, allora bisogna creare le condizioni affinché non si perda neppure un km pedalato.

Snake Copenhagen

Lo “snake”, il nuovo ponte ciclabile sopra il porto

Questo approccio freddo e calcolatore finisce per fare un po’ a cazzotti con la visione poetica e romanzata della narrazione della ciclabilità che abbiamo nel nostro paese fatta di endorfine e piacere, equità, qualità della vita ed ecosostenibilità. Quello che conta alla fine sono sempre i soldi. So che a molti non piacerà, ma i risultati di questo approccio qui si vedono e sono inconfutabili.

Download dell’e-book

L’e-book “Copenaghen in bicicletta” è scaricabile
gratuitamente da questo link

copertina ebook Copenaghen in bici

Commenti

  1. “Quello che conta alla fine sono sempre i soldi.” Concordo, purtroppo qui vige la stessa identica logica. Solo che se un politico danese ruba o non fa l’interesse pubblico i suoi elettori s’incazzano. Se lo fa un politico italiano per il suo elettorato è “un figo”, e comunque “che avrebbe dovuto fare?”, in ultima istanza “così va il mondo”.
    Stessa logica, diverse modalità di applicazione. :-(

  2. Avatar Jules ha detto:

    Grande, Paolo! Che invidiaaaa…!
    Però, scusa, un difetto che sia uno… riuscirai a trovarlo nei 7 giorni che ti rimangono? Non ch’io mi auspichi ce ne siano, ma dal momento che il paradiso in Terra non esiste, sarei proprio curioso di sapere se a Copenaghen ve ne sono… (almeno a livello di sistema ciclabile).
    Troppo interessante la tua valutazione delle motivazioni economiche… I nostri politici? Stendiamo un velo pietoso, va’…!
    Va’, Paolo, anche per tutti noi.

    1. Paolo Pinzuti Paolo Pinzuti ha detto:

      Ciao Jules,

      Diciamo che il cibo non è esattamente il loro elemento di forza e anche il clima lascia fortemente a desiderare. Anche sul fronte della mobilità qualche critica può essere sollevata, ma va argomentata con le opportune cautele, quindi me la tengo per un prossimo post…

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