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La speranza viaggia in bicicletta

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Sette anni in bicicletta, attraversando 77 Paesi e pedalando per più di 150 mila chilometri: questa è l’impresa di Cherif El Bakkali, marocchino di nascita ma italiano d’adozione, che sabato 25 febbraio è partito dalla sua Sassuolo per girare il mondo in sella portando con sé un messaggio di fratellanza tra i popoli. Il suo progetto di viaggio si chiama “Hope in bike” – speranza in bicicletta – e Cherif è partito senza sponsor e con un budget limitato: lungo il percorso entrerà in contatto con realtà molto diverse tra loro ma cercherà sempre di porsi in un’ottica di condivisione e di scambio, come mi ha raccontato a poche ore dalla partenza.

Cherif ha una voce profonda e anche al telefono dimostra più dei suoi 29 anni: ha scelto la bicicletta come mezzo e come messaggio, perché forse è davvero l’unico strumento con cui è possibile attraversare un territorio “in punta di piedi” senza inquinare e lasciando solo la traccia dei propri copertoni, spostandosi agilmente in molteplici situazioni e viaggiando in completa autonomia. Sicuramente perché è il solo che consente di visitare un luogo mischiandosi con la gente del posto, senza barriere e senza infingimenti: mostrandosi per come si è.

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A dispetto dell’impresa titanica, 7 anni per 77 Paesi, si tratta di un viaggio pensato solo qualche mese fa e intrapreso con il supporto morale di alcune Associazioni di volontariato ma senza alcun obiettivo “di marketing” dietro: “Le barriere non ci devono essere: ognuno deve essere libero di girare senza problemi” dice Cherif che con il suo viaggio varcherà decine di frontiere sulle rotte delle grandi migrazioni e disegnerà sul mappamondo una lunghissima traccia di 150 mila che lo riporterà a casa.

Probabilmente Cherif si sentirà a casa anche in molti altri posti, proprio per il suo “spirito vagabondo” che nel 2014 gli ha fatto scattare qualcosa: via dall’Italia e dal lavoro di operaio in cui si sentiva stretto, destinazione Australia, per fare un’esperienza di lavoro ma soprattutto di esplorazione dentro e fuori di sé. E poi ancora Regno Unito e Francia: “Non riesco a stare troppo tempo in un posto”, confessa e conferma la sua voglia di scoprire nuove realtà e di entrare in contatto con altre culture. Sarà il primo arabo-musulmano a girare il mondo in bicicletta e, nonostante le politiche restrittive di Trump, confida di riuscire ad entrare negli Stati Uniti senza problemi: “Dovrei arrivarci tra tre/quattro anni, il mio obiettivo è di lavorare su una nave cargo e partire dal Giappone per raggiungere l’Alaska: spero che per quando arriverò non ci siano difficoltà”.

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Sarà un’avventura questo giro del mondo e Cherif ha scelto di percorrerlo con Camy: così ha chiamato la sua bici da cicloturismo equipaggiata con portapacchi e borsoni ma, in linea con lo spirito del viaggio, si tratta di un modello di bici low cost in alluminio senza pretese che è stato adattato per questa impresa. E un grande spirito di adattamento è l’ingrediente fondamentale per gettarsi anima e corpo in questo viaggio: “Ho portato con me la tenda ma confido anche nell’ospitalità di chi incontrerò lungo la strada”, così come di una doccia calda, un sorriso e una stretta di mano. Prima di partire per questo lungo viaggio Cherif ha riempito le sue borse di curiosità, volgendo lo sguardo alla ricerca di nuovi orizzonti: chi vuole seguirlo passo passo e aiutarlo a distanza può farlo sul suo blog. La speranza viaggia in bicicletta: buona strada Cherif.

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