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7 cose che ho imparato dalla Ciemmona di Bari

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Ancora non si è spenta l’eco dell’ultima Ciemmona, la Critical Mass Interplanetaria che per la prima volta quest’anno era ospitata da una città del Sud: Bari, dal 26 al 28 maggio, si è trasformata nella Capitale della bicicletta con migliaia di ciclisti provenienti da tutta Italia e anche dall’estero. Tutti insieme per ribadire la necessità di cambiare strada perché una mobilità basata sul trasporto privato motorizzato è il modello che viene propagandato, la grande illusione di “libertà, spazi sconfinati, territori inesplorati” che si scontra con la realtà di un abitacolo ipertecnologico fatto per un mezzo che sta fermo per il 90 per cento del suo ciclo di vita, consuma risorse, sottrae spazio pubblico alla collettività ed è una scommessa a perdere sul futuro della mobilità nuova. Ecco le 7 cose che, da ciclista urbano e attivista per la bicicletta, ho imparato partecipando alla Ciemmona di Bari.

1. L’intermodalità va migliorata. In Italia abbiamo ancora un serio problema con l’intermodalità bici+treno, fatta salva qualche rara eccezione, perché in definitiva se vuoi trasportare una bici da viaggio intera senza smontarla e vuoi muoverti su un treno ad alta velocità non puoi farlo: nella migliore delle ipotesi ti attendono ore di Regionali, cambi obbligati e coincidenze assurde. Anche per questo a Bari si sono viste molte bici pieghevoli, le uniche che possono essere trasportate con relativa facilità su tutti i mezzi. Ecco: è necessario che tutte le bici possano diventare facili da trasportare su tutti i mezzi, come le pieghevoli: stiamo pedalando anche per questo.

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2. Più pedali, più sicuri. Il concetto di safety in numbers è ormai diventato uno standard per spiegare anche ai profani di bici che la sicurezza di chi pedala aumenta all’aumentare del numero di ciclisti: una massiccia presenza di ciclisti sulle strade li rende tutti più protetti e meno vulnerabili alle insidie stradali. A Bari la Ciemmona ha dimostrato che quando le bici si riappropriano delle strade la città diventa più vivibile per tutti: dagli anziani ai bambini.

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3. La felicità in sella. Che pedalare faccia bene all’umore è cosa nota: ma io alla Ciemmona di Bari ho visto proprio la contentezza stampata sul volto delle persone, perché se pedalare è bello farlo con chi condivide la tua voglia di cambiare il mondo in sella alla bicicletta non ha prezzo. Sorrisi di persone di tutte le età, accenti che si mescolavano e un mare di biciclette.

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4. Lungomare liberato. Il terzo giorno la Criticalmare, pedalata verso le spiagge a Sud di Bari, ha disegnato un lungo serpentone di bici colorate e festose sul lungomare che – almeno per una mezza giornata – è stato liberato dalle auto. Peraltro in un contesto in cui si ha l’abitudine di parcheggiare quasi in spiaggia per fare il bagno: il concetto di “litoranea” da noi è associato a quello di “autostrada sul mare”; alla Ciemmona ho visto con i miei occhi che un lungomare liberato dai motori è una meraviglia.

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5. La giusta distanza. La Rete delle Ciclofficine Popolari di Roma, in occasione della Ciemmona di Bari, ha realizzato una maglietta gialla per invocare il rispetto della distanza di sicurezza di almeno 1,5 metri in fase di sorpasso da parte dei mezzi a motore: purtroppo ho invece constatato anche in quell’occasione che chi guida, nella maggior parte dei casi, continua a non mantenere la giusta distanza.

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6. Le bici possono volare. In più occasioni le soste tra una pedalata e l’altra sono state l’occasione per portare le bici verso il cielo e ribadire il concetto che “noi siamo il traffico”: alla Ciemmona di Bari ho imparato che anche le bici possono volare.CIEMMONA-BARI_8

7. Nessuno è straniero. Sembra scontato ma non è così: sul ponte strallato che collega la parte Sud con il Nord della città campeggia una scritta che recita: “Welcome to Bari, a city of chanches where no one is a foreigner”. Vedere questo ponte riempito di biciclette di ogni forma e misura e di pedalatori diversissimi tra loro ma accomunati dal loro grande amore per la bici mi ha convinto che a Bari nessuno è straniero ma anche in bici chi pedala può contare sempre su chi gli sta accanto.

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Sabato scorso, nel bel mezzo della Ciemmona, è stata ufficializzata la notizia delle dimissioni da Bike Manager di Roma di Paolo Bellino: mettere mano alla ciclabilità della Capitale è un’impresa titanica, specie se ci si deve scontrare ogni giorno contro il muro di gomma della burocrazia, dove a comandare è il potere di firma dei dirigenti che alligna nel corpaccione degli uffici tecnici.

Intanto a Roma, così come nelle altre città d’Italia, in bici si continua a morire su strade regolate da un Codice che attende di essere riformato da tempo e che, giorno dopo giorno, vede sfumare la possibilità di essere calendarizzato al Senato, dove è stato trasmesso dopo l’approvazione della Camera, ormai nel lontano ottobre 2014. Lo ribadisce la Fiab con la campagna social #CodiceDiSicurezza: misure a tutela di ciclisti e pedoni sono oggi più che mai necessarie. Queste cose non le ho imparate alla Ciemmona di Bari: le sperimento ogni giorno sulla mia pelle, quando pedalo per spostarmi in città e vedo un ambiente ostile per chi è in bici.

Commenti

  1. Avatar Rafi ha detto:

    Tanta gente è venuta da Roma in treno con bici “normali” e addiritura con le tallbike (le bici alte a due piani) smontando ruote, quello che puoi, prendi due buste dell’immondizia, un po’ di scotch e si ottengono le famose “apposite sacche”

    1. Avatar giuso ha detto:

      io veramente ci sono venuto pedalando in tallbike :)

  2. Avatar Alex ha detto:

    Interessante articolo.., tuttavia la mia personale opinione è che queste cosiddette “critical mass” sono alquanto deleterie per la causa ciclistica; altrettanto si può dire, pur con qualche differenza, dei vari “bike pride” e simili.

    A cominciare dal logo, palesemente caratterizzato ideologicamente (inutile nasconderlo…) e con precisi richiami politici. Già questo è di per sè un errore, perchè contribuisce all’ idea che quello della bici e quello dell’ auto (ovviamente “di destra”) siano due partiti politici opposti…sarà anche così – in parte forse lo è – ma seguendo questa strada non cambierà mai nulla; da una parte avremo sempre gli “alternativi” che vanno in bici, dall’ altra i “destrorsi” che odiano le bici e che sui quotidiani di riferimento leggono le varie assurdità contro chi va in bici, perchè le biciclette vanno piano e gli fanno perdere tanto tempo mentre sono alla guida delle loro auto, ecc ecc. E la mentalità di chi costituisce queste “critcal mass” contribuisce a questa inutile diatriba.
    E poi che tristezza…perchè vivere in un mondo dove nessuno è straniero, come in un gregge di pecore? Tutti uguali? Mai.
    “Dimmi straniero, parlami delle tue contrade, ove il velocipede regna sovrano…”

    1. Avatar Manuel Massimo ha detto:

      Io invece ritengo che eventi “di massa” in bicicletta servono proprio per rendere visibile e tangibile la presenza di chi pedala sulle strade, per rivendicare lo spazio di cui anche chi inforca una bici ha diritto (le strade non sono fatte solo per le auto) e come mezzo per diffondere la cultura ciclistica. Peraltro – come spiegato anche qui https://www.bikeitalia.it/2012/09/21/il-potere-della-massa-critica-piu-ciclisti-meno-incidenti/ – la sicurezza dei ciclisti aumenta all’aumentare delle bici in circolazione. Sulla connotazione politica della CM si può discutere, sul fatto che la bicicletta sia uno strumento trasversale per risolvere i problemi di mobilità e di inquinamento delle nostre città non ho alcun dubbio in proposito.

      Per quanto riguarda la frase “nessuno è straniero” il senso è esattamente opposto a come mi sembra l’abbia interpretato: il motto di Bari, crocevia di culture e porto aperto sull’Adriatico, è appunto “città dove nessuno è straniero” perché vuol dire che chiunque viene accolto e trattato come uno del posto, indipendentemente dalla sua provenienza ed estrazione sociale, dunque il massimo dell’accoglienza e del rispetto, dove la diversità è una ricchezza.

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