Salute

La dinamica della pedalata

Sicuramente avrete sentito parlare di pedalata rotonda, fase di spinta, punto morto superiore, rpm e di molti altri aspetti della pedalata, che vengono analizzati dalla scienza di confine tra meccanica, fisica e medicina che prende il nome di biomeccanica. Capire come avviene la pedalata è importante per conoscere il lavoro dei muscoli nelle diverse fasi e prevenire problemi legati a errori d’impostazione o di guida, oltre a migliorare il proprio gesto atletico, rendendolo più performante ed economico.

Indice

Le quattro fasi della pedalata

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La pedalata è un gesto atletico in cui la muscolatura s’interfaccia con dei componenti meccanici (pedale, pedivella, guarnitura e movimento centrale). È un movimento complesso, dove una serie di leve meccaniche agiscono in simbiosi per consentire al mezzo di muoversi. La prima leva è la coscia, con l’infulcro nel bacino, che grazie ai muscoli più grandi dell’intero corpo riesce a sprigionare la potenza necessaria.

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La seconda leva è la tibia, con il fulcro formato dalla rotula, che trasmette la potenza genera al piede. Infine c’è l’ultima leva, la pedivella, che trasmette l’energia dal piede alla guarnitura, mettendola così in rotazione e consentendole di trazionare la catena.

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Come vedete il sistema è complesso, anche perché dei quattro fulcri esistenti (bacino, rotula, caviglia e asse del movimento centrale), solo uno è fisso, mentre gli altri possono essere modificati per migliorare l’efficienza di pedalata, la potenza sprigionata o il comfort del ciclista.

Il lavoro dei muscoli della gamba viene definito catena cinetica, mentre la trasmissione dell’energia dal pedale alla guarnitura e da qui alla catena e alla ruota posteriore si descrive come una catena cinematica. L’insieme di queste due tipologie di lavoro (umano e meccanico) dà vita alla pedalata, che si compie in quattro fasi distinte ripetute in continuazione e per questo prende il nome di catena cinematica chiusa.

Per lungo tempo si è creduto che la pedalata si dividesse in due grandi categorie: le fasi di spinta e quelle morte (dove non vi è spinta). Solitamente le fasi di spinta venivano correlate a quando la pedivella è parallela al terreno e quelle morte collegate al passaggio della pedivella perpendicolare al terreno. Gli studi biomeccanici effettuati dai medici sportivi Pruitt, Haushalter e Zani (l’uno indipendentemente dall’altro) hanno permesso di ricostruire con esattezza il movimento dei muscoli durante la pedalata e l’azione energetica che viene effettuata.

Dato che il pedale descrive una circonferenza perfetta durante la sua rivoluzione, immaginiamo la guarnitura come un orologio e la pedivella come una lancetta e dividiamo lo schema in quattro parti:

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  • Fase 1: che va da quando la pedivella è sulle ipotetiche 23 fino a quando raggiunge le 19 (tecnicamente gli angoli descritti vanno da 20° a 145°);
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  • Fase 2: va dalla pedivella sulle 19 a quando raggiunge le 17 (angolo da 145° a 215°);
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  • Fase 3: va dalla pedivella alle ore 17 a quando arriva alle ore 13 (angolo da 215° a 325°)
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  • Fase 4: con pedivella da ore 13 a ore 23 (angolo da 215° a 20°);

Vediamo ora cosa succede e quali muscoli vengono attivati durante ciascuna fase di pedalata.

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La fase 1 è quella più importante in termini di spinta, dove la maggior parte della forza sprigionata si trasmette sul pedale. Infatti è in questa fase che si scarica il 65% della potenza muscolare del ciclista. Per aumentare la trasmissione di energia, il pedale deve rimanere orizzontale per tutta la durata di questa fase e questo è possibile solo regolando con cura la posizione delle tacchette e l’avanzamento del ginocchio attraverso l’altezza e l’arretramento di sella.

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La pedalata con pedale parallelo al terreno è vantaggiosa in termini di espressione di potenza ma anche per salvaguardare muscoli e tendini della gamba, poiché una pedalata di tallone (con il tallone inclinato verso il basso) o di punta (con la punta del piede inclinata verso il basso) sono modalità di pedalata dannose per le articolazioni dell’anca, del ginocchio e della caviglia. Solitamente dipendo da un’errata altezza di sella.

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La fase 2 è detta di transizione, poiché si passa da un lavoro di spinta a uno di trazione. Il pedale s’inclina in avanti pronto per affrontare la fase 3. È in questa fase che vi è l’estensione massima della gamba, resa possibile sia grazie a un’adeguata altezza di sella che a una flessibilità muscolare capace di supportarne l’azione. L’energia utilizzata in questa fase è il 12% del totale.

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La fase 3 è detta di trazione anche se è meglio parlare di risalita dinamica. Infatti mentre il piede destro sta effettuando una trazione sul pedale, dall’altra parte il sinistro sta “spingendo” sul pedale, consentendo quindi alla pedivella destra di risalire. Infatti la potenza utilizzata è il 17% del totale, appena poco superiore a quella precedente. Il pedale s’inclina ancora di più in avanti fino a raggiungere i 30° con il terreno. Qui termina il lavoro del polpaccio, che ha il compito di estendere il piede nelle tre fasi analizzate. Durante la risalita dinamica la tomaia della scarpa si deforma per via degli sforzi in atto e quindi minore sarà la rigidità della scarpa stessa maggiore la dispersione di energia.

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La fase 4 è la seconda fase di transizione dalla trazione alla spinta e permette di chiudere un ciclo di pedalata, ovvero una rivoluzione di 360° del pedale attorno all’asse del movimento centrale. Qui il pedale si raddrizza fino a tornare orizzontale ed è la fase in cui la flessione della gamba è maggiore. È il punto in cui l’energia utilizzata fa segnare la percentuale più bassa, ovvero il 6% del totale.

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Analisi dinamica della pedalata

fonte: coach-cycling.it


Abbiamo detto che l’unico punto fisso all’interno della pedalata è l’asse del movimento centrale, mentre gli altri punti d’infulcro sono variabili e si modificano nel corso della rivoluzione del pedale. Gli studi biomeccanici, attraverso l’analisi dinamica della pedalata, hanno potuto rilevare con certezza i movimenti dei punti d’influcro delle leve muscolari e meccaniche durante le quattro fasi. Per questo abbiamo quattro diversi comportamenti:

Pedale: il pedale descrive un cerchio perfetto con raggio pari alla lunghezza della pedivella;
Caviglia: descrive una traiettoria che è pari a un’ellisse schiacciata con la punta rivolta verso l’alto;
Ginocchio: contrariamente a quello che si è sempre creduto, il ginocchio non si muove in verticale, come se fosse il pistone di un motore a scoppio. Il suo movimento è tridimensionale e descrive una specie di otto con le rotondità ovali e più o meno allungate a seconda della libertà e della flessibilità dell’articolazione. Questa considerazione è molto importante poiché è influenzata dallo stile di pedalata di ciascun ciclista e cercare di bloccare il ginocchio (come avveniva in passato) in una traiettoria rettilinea comporta la formazione di problemi all’articolazione e ai legamenti;
Anca: anche questa articolazione descrive un piccolo otto, con le rotondità ovali e schiacciate.

Impostazioni biomeccaniche della pedalata

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La pedalata “perfetta” non esiste. Si può trovare il giusto compromesso tra efficienza meccanica (quindi l’espressione di potenza e la massimizzazione dell’energia sprigionata dai muscoli) e l’efficienza fisiologica (la salvaguardia di muscoli e articolazioni), per consentire di realizzare una pedalata che sia funzionale a ciò che vogliamo e dobbiamo fare. Per questo è sempre bene per prima cosa capire cosa si vuole realizzare e gli obiettivi da porsi. Per esempio un ciclista impegnato in una prova a cronometro avrà obiettivi (e quindi un’impostazione biomeccanica) completamente diversa da un cicloturista rilassato. Tre sono le regolazioni che consentono di modificare i parametri e influenzare la funzionalità della pedalata:

Posizione delle tacchette

Arretrando o avanzando la tacchetta si sposta l’asse del pedale rispetto al piede. Questa condizione è essenziale per sviluppare una corretta pedalata, poiché numerosi studi concordano nell’affermare che la posizione migliore è quella con l’asse del pedale in linea con la prima testa metatarsale del piede. Una posizione più avanzata apporta benefici in termini di spinta ma è causa di problemi fisici alle articolazioni e può essere sostenuta per brevi periodi di tempo. Non a casa è la soluzione scelta dai pistard, le cui posizioni sono molto aggressive ma le gare durano meno di un’ora.

Inclinazione delle tacchette

Le tacchette devono essere inclinate in modo da seguire l’inclinazione della caviglia e non devono invece cercare di correggerla, altrimenti la forza sprigionata sarà minore e si potranno verificare problemi al tendine d’achille e ai nervi plantari.

Altezza di sella

Influisce direttamente sulla capacità di mantenere orizzontale il pedale per tutta la durata della fase 1 e per evitare le situazioni in cui si pedala di punta o di tallone, che sono deleterie per le articolazioni. Inoltre influenza anche la stabilità del bacino, evitando che oscilli sulla sella provocando dolori lombari.

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Arretramento di sella

Determina la posizione del ginocchio che, come per il piede, trova come miglior compromesso l’allineamento con il perno del pedale. Analizzeremo questa situazione e la sua determinazione attraverso il metodo KOPS nell’approfondimento sull’arretramento sella.

Imparare a pedalare bene

cortesia della mtb fun-trails


È possibile quindi imparare a pedalare bene, per esprimere la massima potenza salvaguardando articolazioni e muscoli? Certo che è possibile, poiché pedalare è un’espressione umana e quindi si può allenare e migliorare. Si può agire su più fronti per allenarsi a pedalare in maniera ottimale:

Visualizzare la pedalata

Per imparare a fare una cosa biosgna in primis conoscerla e comprenderla. Per questo per imparare a pedalare bene bisogna comprendere la posizione che deve mantenere il piede durante l’intera rivoluzione del pedale e visualizzarla nella propria mente. In questo modo riusciremo a capirla e ad attuarla con maggior facilità.

Effettuare un’impostazione corretta

Sia che vi rivolgiate a un biomeccanico o che facciate da soli, pedalare bene è impossibile senza un’impostazione dei parametri curata nei minimi dettagli. I vantaggi dell’avere una bici che è una macchina da guerra e una muscolatura possente possono essere annullati da una messa in sella scorretta. Per questo controllate la posizione delle tacchette, l’altezza di sella e l’arretramento.

Migliorare la flessibilità muscolare

Attraverso esercizi di stretching e Yoga allungate i muscoli e miglioratene l’elasticità per ampliarne il movimento e consentire di sprigionare maggiore potenza.

Esercitarsi

Non c’è miglior scuola della pratica e quindi per imparare a pedalare bene si deve pedalare. Si può mettere in pratica un esercizio molto valido. Scegliete un tratto di piano con poco traffico e cominciate a pedalare. A un certo punto sganciate un piede e pedalate solo con quello rimasto agganciato. Dovete essere in grado di andare avanti con il solo movimento del piede, alternando le quattro fasi e mantenendo il pedale nella giusta posizione come abbiamo visto. Ripetete con l’altro piede ed esercitate quello che vi sembra meno allenato. Dopo un breve periodo sarete in grado di attuare le quattro fasi con entrambi i piedi agganciati e avrete così imparato a pedalare con efficacia.

Concludendo

foto effettuata durante l’analisi della pedalata in tempo reale
foto effettuata durante l’analisi della pedalata in tempo reale

La dinamica della pedalata è un aspetto fantastico del ciclismo, dove l’essere umano e il mezzo meccanico collaborano per dare vita a uno tra i più efficienti gesti umani (il rendimento della pedalata è infatti migliore della camminata, della corsa e di un motore a scoppio di un’auto). Ovviamente è anche straordinariamente complesso, poiché agiscono aspetti e forze diverse e le impostazioni sono molto sensibili. Ma una volta trovata la famosa “quadra” e apprese le tecniche necessarie, si può imparare a pedalare con grandi risultati, limitando l’affaticamento, migliorando la prestazione e salvaguardando le articolazioni.

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