Itinerari

Myanmar in bicicletta

I problemi politico-sociali del Manipur, stato del nord-est indiano, ci sono costati cari: non abbiamo potuto attraversare via terra la frontiera tra India e Myanmar. Tre voli ci hanno appena portati da Guwahati (Assam, India) a Calcutta, poi a Bangkok e infine all’aeroporto internazionale di Mandalay. Abbiamo un pò di amaro in bocca per aver dovuto cambiare i nostri piani e per la seccatura di impacchettare le biciclette di nuovo, ma tardiamo poco a dimenticarcene. Il Myanmar, infatti, ci accoglie subito con un’atmosfera rilassata e volti sorridenti.

Intanto siamo cresciuti numericamente: Luca, un amico di Cesena, ci ha raggiunti qui in Myanmar per un mese di pedalate insieme. Con lui sono arrivati due salami, una forma di parmigiano e un torrone con cui abbiamo assaporato un pò di clima natalizio in ritardo.
Ora ci troviamo circa 35 km a sud di Mandalay e, dato l’orario avanzato in cui finiamo di rimontare le bici, decidiamo di fermarci a Sagaing, un bel villaggio nella periferia della città, disseminato di templi, stupa e pagode sulla sponda ovest dell’Irrawaddy. Dal ponte di Inwa ci godiamo il primo affascinante tramonto birmano.

For a piece of cake - Da Cesena a Singapore in bicicletta

Nei giorni successivi scopriremo che Sagaing è un punto ideale, e piuttosto economico, dove fare base per visitare Mandalay e dintorni: una pedalata di 25 km ci porta a Mingun; a soli 9 km si trova il ponte pedonale in teak più lungo del mondo di Amarapura; il palazzo reale di Mandalay è visitabile in giornata insieme alla sfilza di templi delle vicine colline.

Mappa

Altimetria

profilo altimetrico percorso myanmar

Traccia gps | Mappa kml

Dopo questa serie di giornate rilassanti senza i 25-30 kg di borse, partiamo per la prima vera tappa, diretti a Chaung-u, a circa 90 km di distanza. Il profilo della giornata è pianeggiante. Dapprima percorriamo la trafficata Mandalay-Shwebo Road (n. 7), ai cui lati ammiriamo un gran numero di pagode e templi, e poi svoltiamo a sinistra su Monywa Road, la n.71, più tranquilla e remota.

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Le alberature a bordo strada ci regalano di frequente ombre fresche sotto cui pedalare. Le tea house si susseguono frequenti con i loro tetti di paglia, tavolini colorati e birmani rilassati seduti a sorseggiare bevande. A Myinmu, suonati i 55 km, ci fermiamo per il pranzo e ci spingiamo per un’occhiata fino alla sponda sonnolenta ma maestosa dell’Irrawaddy.

Raggiungiamo Chaung-U attorno alle 16:00 e chiediamo alla gente del posto dove sia possibile pernottare: gli hotel più vicini sono a Monywa, distante 25 km, ma una ragazza ci porta in un istituto scolastico gestito da monaci al centro di un parco rigoglioso. Il direttore ci accoglie calorosamente e ci permette di trascorrere la notte in una delle aule della scuola (in Myanmar il campeggio libero è vietato e, teoricamente, anche il pernottamento presso i monasteri). Alle 7:00 ci svegliano i canti di preghiera che risuonano per tutto l’istituto e alle 7:30 compaiono i primi scolaretti che si dispongono curiosissimi intorno alle nostre bici. Ringraziamo, facciamo una donazione e ci rimettiamo in sella per Pakokku, tappa da 85 km che ci dovrebbe permettere di spezzare i 130 km per la famosa valle dei templi di Bagan.

Affrontiamo i primi trenta km: la strada non è in condizioni ottimali, ma il traffico è scarso, l’aria fresca e il cielo pulito. Arrivati al ponte sul fiume Chindwin, però, Chiara non si sente bene e manifesta di nuovo i sintomi della salmonella. Fermiamo un mezzo e chiediamo un passaggio fino a Nyaung-U, rinomato villaggio all’ingresso della valle, dove una clinica medica possa fornirci assistenza. Il viaggio non è dei più piacevoli per Chiara, visto che l’asfalto è parecchio disconnesso e la sua digestione già complicata. Restiamo a Nyaung-U cinque giorni, tra la ripresa e le visite all’incantevole vallata di templi e statue di Buddha. La bicicletta si presta perfettamente allo scopo, visto che i monumenti sono dislocati su un’area di 67 kmq e poi collegati tra loro da stradine sterrate e sabbiose.

For a piece of cake - Da Cesena a Singapore in bicicletta
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In alcuni templi è possibile salire sulla copertura e godere della vista sul sito dall’alto, particolarmente suggestiva al tramonto. Le vicine Old Bagan e New Bagan offrono alloggi più costosi, ma anche più vicini ai templi rispetto a Nyaung-U, che si trova a 3 km.
Quando finalmente Chiara è in forma per ripartire, ci spingiamo verso sud per 40 km fino alla caotica Chauk, tornando così sulle sponde dell’Irrawaddy. La tappa successiva, per Yenangyaung, è più impegnativa coi suoi 75 km e 700 m di dislivello positivo, distribuiti in una infinità di sali-scendi. La strada non è molto trafficata e in condizioni buone, affiancata spesso da alberature imponenti. Pochi chilometri dopo Awzardaw raggiungiamo la “vetta” e iniziamo una discesa dolcissima che dura quasi ininterrottamente fino a Yenangyaung. Scendiamo ai 25 km/h pedalando senza fatica.

La città offre diverse opzioni di alloggio, tutte piuttosto economiche. In Myanmar spendiamo una media di 15 $ a notte per la camera doppia e 10 $ per la singola; la valuta locale è il kyat, ma gli alberghi delle località turistiche ci fanno il prezzo in dollari.
Yenangyaung è densa di pagode e architetture buddiste; all’ora del tramonto scegliamo la più alta e ci godiamo da lì la vista del sole che tinge l’orizzonte di rosso e poi si abbassa sul fiume.
La tappa seguente è decisamente rilassante: appena 54 km per Magway, comunque con una discreta dose di sali-scendi.

pagode

Le temperature, per essendo ancora nella “stagione invernale”, raggiungono massime oltre ai 30°C e di conseguenza le nostre giornate iniziano con le prime ore di luce, per poterci poi concedere lunghe pause nel momento più caldo della giornata.
A Magway arriviamo giusti per il pranzo e poi ci godiamo il pomeriggio a spasso per le sue vie. La cittadina è più grande e vivace rispetto alle precedenti e la sua attrattiva principale è la Myathalun Pagoda, grosso complesso sacro che sorge pochi chilometri a nord della città, sulla sponda dell’Irrawaddy.

Quella che segue è la giornata più impegnativa dall’arrivo in Myanmar: alle 7 siamo in sella per i 130 km che, attraverso 860 m di dislivello positivo, ci porteranno ad Aunglan. In uscita dalla città prendiamo la n. 2 e la seguiamo per 44 km: è ombreggiata e poco trafficata, complice forse l’orario. Poi svoltiamo a destra per una strada secondaria che ci permette di saltare 40 km dei 250 per Pyay. Ci siamo informati sulle condizioni dell’asfalto in questo tratto e tutti ci hanno rassicurati in merito. Effettivamente la strada è davvero ben tenuta e deserta, unica pecca la mancanza di ombre. La scorciatoia dura oltre 30 km, insinuandosi in mezzo ad un territorio arido e uniforme a perdita d’occhio.

Quando ritorniamo sulla 2 attraversiamo la cittadina di Chaung Kauk, dove ci riforniamo di acqua e snack, ma proseguiamo fino a Egayit per il pranzo, così da lasciare meno di 30 km per il pomeriggio, quando siamo generalmente più fiacchi per il caldo e la digestione. Sulla 2 ricomincia il profilo di continui sali-scendi che ci accompagna ormai da diversi giorni. Raggiungiamo Aunglan (anche detta Myaydo) attorno alle 5 di pomeriggio e restiamo stupiti dal dall’inatteso numero di guest house a lato della strada principale. La campagna attorno è piacevole, disseminata da fiumiciattoli, specchi d’acqua, appezzamenti coltivati e bestiame.
Da Myaydo mancano solo 71 km per raggiungere la bella Pyay e li affrontiamo tutti in mattinata perché la tappa ha dislivello praticamente nullo. Si costeggia ancora, per una decina di chilometri, l’Irrawaddy, ma è quando arriviamo a destinazione che godiamo veramente della vicinanza di questo maestoso fiume.

Irrawaddy

Il pranzo in una terrazza sulla sua sponda est è un piacere assoluto, osservando le chiatte che lo percorrono, il lungo ponte che lo attraversa e svetta decine di metri sulle nostre teste e la vita che scorre in maniera incredibilmente serena e leggera sulle sue rive.
Il Myanmar ci conquista un pò di più ogni giorno che passa, complici i sorrisi e l’accoglienza della sua gente.

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