Salvaiciclisti: quali?

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Ho notato una stucchevole tendenza di alcuni ciclo-qualcosa (trovate voi il termine adatto) a mettere i puntini sulle “i” e a darsi da fare nel trovare le differenze tra ciclisti buoni e cattivi. Come se la bici che hai, quando la usi e quanto la usi siano discriminanti da tenere in considerazione. Come sempre, in un paese che non vive bene le diversità, basta poco a trovarsi aldiquà o aldilà del muro. Immettersi sulla strada in sella ad una bici non basta più, allora. Definiamo il ciclista: misuriamolo. Classifichiamolo. Se possiamo, facciamolo sentire in colpa per le sue gambe rasate. Perché farlo, mi chiedo. In un momento come questo in cui anche le istituzioni stanno considerando come migliorare le condizioni di vita del ciclista, chiunque questo sia, credo che non ci sia niente di più autolesionista e poco lungimirante che mettersi a fare antipatici elenchi di differenze.

Il problema non sta nella suddivisione in categorie: automobilisti, ciclisti, cicloamatori, ciclostupidi e chi più ne ha più ne metta. Credo che al mondo ci siano essenzialmente due categorie di persone: quelle che usano il cervello e quelle che lo tengono come nuovo, ancora nel cellophane. A volte lo riparano con un caschetto, pur sapendo di proteggere semplice gelatina. Ho amici cicloamatori che con il loro Garmin sul manubrio misurano la cadenza di pedalata e usano benissimo il loro cervello. Sportivi con grandi valori da trasmettere e tanta passione per la bicicletta. Conosco zoticoni che escono su catorci arrugginiti in ciabatte e pretendono strada dai camionisti viaggiando contromano sulle statali con la sigaretta tra le dita. Ho visto e sentito automobilisti voler fare strage di pensionati cicloamatori in gruppo, e cicloturisti solitari girare il mondo in bicicletta. Non ho visto categorie, ho sempre e solo visto singoli individui seduti su una bicicletta, punto. Singoli individui da proteggere, quando sono su quella bici. Se penso all’espressione #salvaiciclisti io li voglio salvare tutti. Voglio che per tutti loro la strada sia un luogo più sicuro. Sarà la strada a disciplinarli, o forse no. Forse saranno sempre e solo persone su una bicicletta. Forse non saranno mai cittadini modello. Non è per questo però che meritano di essere schiacciati da un furgone, o mi sbaglio?

Non meravigliamoci che una sola casa (Wilier Triestina) abbia aderito a #Salvaiciclisti. Finchè chi ritiene sè stesso e la categoria a cui pensa di appartenere un gradino morale sopra la norma non credo andremo lontano. L’inganno nel quale molti stanno cadendo negli ultimi anni è che la bici sia una sorta di strumento moralizzatore, solo ed esclusivamente quello. La bici è anche (e soprattutto) sport, spazi aperti, voglia di stare insieme e stare bene. Voglia di starsene soli, a volte. E’ un mezzo di trasporto a basso costo ed impatto ambientale praticamente nullo. E’ un fantastico gioco. E’ un modo diverso di viaggiare e conoscere il mondo. E’ un efficacissimo antidepressivo. E’ tutto questo insieme. Piantiamola di segnare con il gessetto i nomi dei cattivi alla lavagna e apriamo i nostri orizzonti. Altrimenti saremo cicloturisti si, ma del nostro piccolo (microscopico) mondo.

Commenti

  1. Avatar valerio ha detto:

    bravo!

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