Multe legate al reddito, non più solo all’infrazione

1 Luglio 2012

L”attuale “tariffario” del codice della strada, che prevede un minimo e un massimo di ammenda in euro per ogni infrazione, è vistosamente inadeguato e ingiusto. Prendiamo il caso del divieto di sosta: la sanzione amministrativa prevede il pagamento di una somma compresa tra 39 e 159 euro. Ora 159 euro possono essere un bel salasso per un operaio, per un precario o per un disoccupato, ma sono un’inezia per un imprenditore, per il manager di una grande impresa o per un palazzinaro. Quel simpaticone di Lapo Elkann, ad esempio, nonostante abbia un ufficio pieno di multe, continua a parcheggiare il suo Ferrarone mimetico dove capita e dove è comodo, tanto lui un biglietto da 50 euro magari lo lascerebbe di mancia al parcheggiatore.

Affinché l’ammenda concorra davvero a impedire la reiterazione delle infrazioni al codice bisognerebbe determinare l’ammontare della sanzione in relazione al reddito di chi l’ha commessa. Guadagni tanto? Perfetto: la tua multa sarà decisamente più salata. D’altronde in Finlandia funziona così già dal 1921 e lo stesso sistema vige in tanti altri Paesi nordici. In Svizzera, per dire, un automobilista svedese che viaggiava a 290 km/h sull’autostrada tra Berna e Losanna (limite 130 orari) oltre al sequestro del mezzo s’è visto recapitare una multa di 1,08 milioni di franchi svizzeri, l’equivalente di quasi 800.000 euro, visto che il codice elvetico prevede appunto che l’importo delle multe sia proporzionale al reddito.

Qualcuno potrebbe obiettare che in un Paese come l’Italia, pieno di evasori, un sistema del genere potrebbe risultare doppiamente ingiusto. Può essere allora d’aiuto l’esempio austriaco che prevede anche la comparazione del valore della multa con il modello dell’auto guidata: così se lasci la Ferrari in doppia fila e il tuo 730 dice che sei un nullatenente o quasi ti arrivano pure i controlli della Finanza a casa.

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