Oggi ero a Milano e dalle parti di via Dante sono stato fermato da un’attivista di Greenpeace in casacca verde di ordinanza. Avendo mezz’ora di attesa prima di andare a prendere il treno, ho pensato di fermarmi a parlare con un mio “simile” per condividere qualche impressione. Federico, mi pare si chiami.
Non sto qui a raccontarvi tutta la conversazione avuta, ma fatto sta che ha un certo punto, nell’elencarmi i motivi per cui è meglio passare dal pagamento vi bollettino al pagamento della quota via RID, il giovane promotore ha detto una cosa del tipo “e poi lo puoi interrompere quando vuoi, basta una telefonata e sei a posto: io l’anno scorso ho rotto la macchina e ho sospeso per 4 mesi la donazione a Greenpeace.”
“La macchina?”
“Si, certo, 2mila euro ho speso di riparazioni”
“Tu hai la macchina?”
“Per forza, ho la fidanzata che vive in provincia e come faccio senza macchina?” mi ha risposto, con la stessa naturalezza con cui si ammette di ingerire carboidrati.
A quel punto io gli ho chiesto quali fossero le ultime campagne di Greenpeace e lui mi ha elencato quella rivolta ai grandi marchi della moda per spostarsi verso modelli di produzione più sostenibili, poi quella contro la Shell affinché non trivelli l’artico e quella contro la Volkswagen per la riduzione delle emissioni inquinanti delle automobili prodotte…
“Non credi che forse, oltre a chiedere alle grandi aziende di comportarsi in maniera più etica, lo dovremmo fare anche noi nel nostro piccolo? Magari abbracciando stili di vita diversi, magari rinunciando all’automobile privata…” Gli ho chiesto.
“Viviamo in un mondo fatto così, l’automobile è una necessità. E poi il settore trasporti non è poi così impattante sul clima, quello che conta davvero è la produzione di energia e per questo Greenpeace bla bla contro Enel bla bla bla”
Federico mi ha lasciato senza parole e me ne sono andato a prendere il treno ripensando ad una vignetta trovata qualche tempo fa su un libro.
Mi sono divertito a leggere questo articolo, ma sono contento che ci sia qualcuno che la pensa come me, perché in fondo, le Grandi multinazionali non sono diventate grandi per magia, ma per soddisfare la sempre crescente richiesta di determinati prodotti, dai capi d’abbigliamento all’energia, ai cibi.
Dunque il “problema” non sono le multinazionali, ma i consumatori, perché se anche in qualche modo si riuscisse ad eliminare un “grande marchio” finchè ci sarà la richiesta da parte del mercato altre aziende si inseriranno.
La persona che hai incontrato non è un attivista o volontario di Greenpeace, ma un ragazzo che si occupa solo ed esclusivamente di fundraising, ossia raccolta fondi in giro per l’Italia per sovvenzionare Greenpeace, che essendo totalmente indipendente da un punto di vista economico si avvale di finanziamenti provenienti solo da privati. Questo ovviamente non giustifica l’atteggiamento del ragazzo che sicuramente non è in linea con la mentalità dei volontari e attivisti dell’associazione ambientalista.