Surly: breve viaggio dentro un marchio

ANTEFATTO: Era il 2010, al termine di un viaggio in bicicletta attraverso l’Islanda il telaio della mia bici da viaggio aveva deciso di abbandonarmi. Era un telaio anonimo, in acciaio, il negozio di fiducia che me l’aveva venduto sosteneva che fosse prodotto dalla Velotraum, nota azienda tedesca famosa per la qualità dei telai da cicloturismo prodotti.

Crepa!

Crepa!

Finii quel viaggio con una fascetta d’acciaio posta a serrare la crepa che si era creata sul tubo piantone e, appena rientrato, mi misi a cercare un valido sostituto per quella sola che mi era stata rifilata. La ricerca fu breve perché in fondo sapevo già cosa volevo: avevo una discreta esperienza di viaggi in bicicletta e avevo scambiato abbastanza chiacchiere con altri cicloviaggiatori per avere chiaro in mente quale fosse la soluzione migliore: la Long Haul Trucker della Surly.

Roba forte: telaio in acciaio CrMo, tubi grossi e pesanti, saldature abbondanti, garanzia a vita sul telaio.

La mia inseparabile Long Haul Trucker

La mia inseparabile Long Haul Trucker

Confesso che prima di comprarla cercai di informarmi un po’ presso i telaisti italiani del nord Italia, ma ogni volta c’era qualcosa che mi lasciava perplesso: liste di attesa interminabili, prezzi insostenibili, nessuna idea su cosa fosse un telaio da cicloviaggio (una nota azienda si rifiutò addirittura di farmi avere un preventivo perché ci avrei montato sopra una guarnitura tripla). Alla fine trovai un’occasione su un sito tedesco, feci l’ordine e mi arrivò a casa un set telaio-forcella nero lucido che tramutai immediatamente nel mio compagno di viaggio.

Con quel telaio ci feci il giro del Sud America: 4 mesi on the road attraversando deserti a oltre 4.000 metri di altitudine, strade sterrate e mulattiere, borse cariche all’inverosimile e, più su, per gradire, i miei 100 kg da portare a spasso ogni santo giorno della settimana. Il telaio superò la prova brillantemente e mi feci una promessa: un giorno sarei andato a conoscere di persona coloro che hanno pensato di mettere in circolazione un telaio fatto per durare, pesante e indistruttibile, strafottendosene delle mode del momento, dell’obsolescenza programmata, delle lotte grammomaniache e dei milionari investimenti in pubblicità.

L’occasione mi è capitata quest’estate: a fine agosto a Friedrichshafen in Germania si è tenuta come di consueto la più grande fiera del mondo della bicicletta, Eurobike. Non persi l’occasione e andai subito a cercarmi lo stand dell’azienda di Minneapolis per vedere che faccia potessero avere coloro che hanno avuto il coraggio di uscirsene sul mercato con un prodotto di questo tipo:

girl

Il biglietto da visita dell’azienda era un certo Peter Redin: alto e decisamente in sovrappeso, con dei baffoni arricciati tenuti insieme dalla migliore cera per baffi sul mercato. Mi ha parlato della nuova gamma soffermandosi su particolari che per altri marchi impegnati a rincorrere il mercato sulle nuove tendenze sarebbero stati meno che irrilevanti e il tutto rinunciando a quel ritmo incalzante e nervoso da venditore che contraddistinguevano gli altri stand di bici in giro per la fiera.

Peter Redin

Peter Redin e i suoi fantastici baffi

In un angolo se ne stava seduto un altro tipo con aria placida e sorniona: barba lunga e corpo molle, braccia ipertatuate, orecchino al naso. Mi è bastato guardarlo per chiedermi “Cosa diavolo ci fa un tipo che sembrava un camionista della Route 66 alla più grande fiera di bicicletta del mondo?”. Semplice, chi avevo di fronte altri non era che Tyler Stilwill, il responsabile marketing dell’azienda di Minneapolis a cui mi stavo avvicinando.

Mentre mi presento (mi si perdoni se uso i tempi  verbali a mio piacimento) lui continua a sorseggiare birra e sorride con tutti i denti disponibili. Gli parlo della mia Long Haul Trucker e lui è felice come un bambino del mio feedback. Gli chiedo come sia possibile che io, Italiano (e con tendenze antiamericane), invece di comprare una bicicletta prodotta in loco, finisca per accaparrarmi un telaio di un’azienda yankee che non si fa pubblicità, ma di cui si chiacchiera su tutte le strade del mondo?

Tyler Stilwill, responsabile marketing di Surly

Tyler Stilwill, responsabile marketing di Surly

Tyler mi dice che probabilmente il motivo è che loro non vanno in giro proponendosi come quello che non sono: “Noi non ti diremo mai compra una delle nostre biciclette che poi diventerai così” dice indicando il poster nello stand accanto che ritrae un contador qualsiasi in maglia rosa e circondato da bellezze anoressiche sbaciucchianti. “Se tu compri una delle nostre bici non sarai più bello, né amato dalle donne; continuerai a essere esattamente quello che sei, però avrai una bicicletta che ti seguirà in qualunque cosa tu voglia fare ed è questa la cosa che conta. Tanto alla fine il mercato se ne è accorto che quelle sono tutte stronzate.”

“E la nostra breve storia ci dà ragione: Surly esiste da 13 anni e continua a crescere a un ritmo del 20% annuo. Oggi fabbrichiamo e commercializziamo in tutto il mondo circa 3.000 telai all’anno, abbiamo iniziato con dei modelli che secondo i guru del mercato non avrebbe comprato nessuno e invece la Long Haul Trucker, la Karate Monkey, la Big Dummy e la Moonlander hanno fatto e stanno facendo scuola. Il segreto? Facciamo le bici che ci piacerebbe avere”.

La cosa che più mi sconvolge di Surly è la loro totale repulsione per forme di marketing convenzionale: invece che magliette tecniche o poster di campioni al loro stand trovi fiaschette per il whiskey brandizzate e altri oggetti che sembrano non avere nulla a che fare con il mondo della bici.

Tyler non ha dubbi “Vedi, le altre aziende sono spesso talmente preoccupate di quello che i consumatori possano pensare di loro che temono di abbandonare il classico schema a piramide: quello in cui il direttore marketing decide una strategia che viene poi portata avanti pedissequamente da tutti quanti. Noi invece produciamo biciclette di acciaio, roba vera e concreta ed è per questo che utilizziamo una strategia di marketing diffusa: tutti coloro che lavorano in Surly hanno a disposizione un blog sul sito attraverso il quale raccontano del loro rapporto con i prodotti, quando li usano e come li usano. Questo rende il nostro marchio vero e trasparente, con cui ti puoi identificare.”

Surly team

Chi lavora in Surly ci mette la faccia (e che faccia!)

Saluto Tyler e Peter non prima di aver estorto loro una maglietta che decido di indossare immediatamente e che esibisco con un certo orgoglio.

Mentre mi allontano mi stupisco dei miei pensieri: alla fine è successo anche a me, mi sono innamorato di un marchio (americano, per giunta!). In Italia ci sono i migliori telaisti del mondo, una valanga di aziende che producono e commercializzano bici e io vado in giro vestito da testimonial di un marchio americano.

E allora la domanda è: perché i produttori italiani non riescono a creare lo stesso livello di coinvolgimento emotivo rispetto al loro marchio e si ritrovano a lottare come leoni per costruire un solo telaio in più? Credo che la risposta stia nel posizionamento: l’Italia è stracolma di marchi che si rivolgono alle fasce più alte del mercato, che ti propongono biciclette come status symbol al pari di un orologio Rolex, una penna Mont Blanc o un abito di Zegna. Poi ci sono quelli che invece fanno biciclette di merda, ne sono conspaevoli e felici: ti vendono una bicicletta qualsiasi, ma tanto costa poco e chissenefrega. In mezzo c’è tutto un mondo lasciato a se stesso: il mondo di chi vuole un prodotto normale ma efficiente, che parli una lingua comprensibile, un prodotto che ti consenta di affrontare il percorso casa lavoro in tranquillità o, all’occorrenza, di partecipare a qualche granfondo con gli amici o di farci il giro del mondo.

Forse è anche una questione di prezzi: in Italia se hai 200 € da spendere sai che comprerai quello che trovi, se hai 4000 € da spendere sicuramente sai già cosa vuoi, ma se il tuo budget è di “soli” 1.000 euro e non vuoi sentirti parlare come un potenziale vincitore del Tour, allora la  scelta diventa complicata: sul mercato non ci sono marchi pronti a mostrarti il proprio valore su quella fascia di prezzo, marchi che non ti facciano sentire come uno che ha scelto un prodotto di serie b solo perché non ti sei potuto permettere il top di gamma (di cui, tra l’altro, non avevi bisogno).

P.S.

Ho scritto quest post nella speranza che qualche italiano voglia uscire dal gruppo e andare in fuga sfruttando il buon esempio di Surly.

Commenti

  1. Avatar Enrico ha detto:

    Ciao, trovo molto interessante questa discussione ed il sito in generale.
    Il marchio Surly mi piace tantissimo, così come Salsa.
    Per qualche anno sono rimasto intrappolato nel “tritacarne” dei telai in carbonio, delle sospensioni sempre più sofisticate, però non ero ciclisticamente “felice”. La bici non la sentivo mia. Poi ho dato una piccola svolta comprando un telaio Kona Satori e montandolo a mio piacimento. Sono fiero di avere una bici poco diffusa e Kona ha già qualche punto in comune con Surly. Adesso ho comprato un telaio in acciaio “El Mariachi” di SalsaBike per mia moglie, devo ancora montarlo ma già provo delle emozioni intense. Sono io il primo quindi a dire che queste biciclette hanno un valore aggiunto perché, oltre al loro funzione ciclistica, regalano anche delle appunto dellemozioni che vanno oltre all’aspetto tecnologico e la mera ricerca di leggerezza o rigidità. Bisogna però anche essere onesti quando si parla di bici “indistruttibili”. Forse già 40 anni fa i telaisti italiani costruivano telai da 1,5 kg in acciaio a prova di bomba, leggeri, elastici nei punti giusti, rigidi ed efficaci nella pedalata. Verniciati con una qualità eccellente, con i filetti fatti a mano. Ancora adesso ci si può rivolgere a Vetta, Formigli ecc…e con una spesa davvero modesta si porta a casa un telaio che, ad onor del vero, è superiore ad un qualsiasi telaio Surly, Salsa, ecc… Non ci si porta a casa però quell’idea di far parte di una “filosofia” e qui sta la bravura del responsabile marketing. Quello che manca ai nostri artigiani appunto è la capacità di valorizzare quello che hanno sempre fatto e che pochi magari conoscono.
    Detto questo, non vedo l’ora di montarmi una Surly Ogre da utilizzare per andare al lavoro!
    Buone pedalate a tutti.

    Enrico

  2. Avatar Max ha detto:

    Buon giorno Paolo,
    ECCOCI, l’Azienda Italiana che indichi tu, con la voglia di fare, creare, crescere, con una fede inarrestabile nel Made in Italy e un rapporto con il cliente quasi fraterno, con un “etica” del prezzo che tiene conto del fatto che 1500/2000 euro spesso sono più di uno stipendio e forse 2; purtroppo con 1000 euro una bici realmente fatta in italia, con la qualità dei GRANDI telaisti americani difficilmente la porti a casa (Surly è pur sempre saldata in Asia); Però l’approccio è lo stesso; bici fatte per durare una vita, per DIVERTIRSI, senza pensare al cronometro o al peso (accidenti, io non riesco mai a farmi bici che pesino meno di 12 kg…), versatili, puoi viaggiarci per 4500 km (Marco Costa e Elena Massarential Tour Divide) o attraversarci il Brasile con un gruppo di amici (Davide Frana), o semplicemente farci una Castellanìa – Mare con gli amici o un semplice giro di 30 km.
    Sempre con lo stesso spirito; godersi la compagnia e gli Amici, i sentieri che percorri e i panorami su cui posi gli occhi e godersi il PIACERE di stare in sella su una bici COMODA e performante per ore ed ore.
    Questa è l’ESSENZA della bcicletta e della mountain bike, Questo ci accomuna a Surly; C’è una grossa differenza; i fondatori di Surly hanno trovato QBP, il più grande distributore di bici al mondo che ha creduto ed investito in loro, in Italia devi cavartela con le tue forze, nè banche nè istituzioni, nè investitori credono nel ferro.
    Noi andiamo orgogliosi di essere una “garage ompany”, di aver realizzato il sogno di quasi tutti quelli che bazzicano il mondo delle bici; creare il proprio marchio, farlo crescere e conoscere.
    Per questo dico “NOI CI SIAMO”
    Grazie dello spazio e dell’attenzione.
    Massimo Varale
    Fondatore di Gasventinove

  3. Avatar raffaele ha detto:

    salve. vorrei farmi qualche viaggio in bici 1000-2000KM, su strade in prevalenza asfaltate ma libero di imboccare anche qualche sentiero. Mi piacciono le surly. per abitudine, preferisco ruote da 28″; essendo alto 1,77, credo che la mia taglia abbia ruote da 26″ ( ?? ). Sto valutendo anche la kona rove e la salsa vaya2. mi daresti qualche suggerimento. grazie
    Raffaele

    1. Avatar franco ha detto:

      Caro Paolo,
      Bell’articolo.
      Sono felice di apprendere che Surly è come mi aspettavo e come immaginavo leggendo i commenti alle loro bici sul loro sito: sincera e semplice.
      Condivido tutto quel che hai scritto.
      Grazie ad un amico anche lui appassionato di bici ho comprato un telaio surly troll sul quale ho trasferito i componenti del mio vecchio telaio di alluminio che si era rotto.
      Mi trovo davvero bene. Una goduria.
      Sono in sovrappeso e non mi interessa limare qualche grammo dalla bici….
      Lo scorso gennaio sono andato a Berlino a imparare a fare telai da bici in Bamboo da ozon cyclery.
      Molto interessante: si tratta di un gruppo di ragazzi intraprendenti (quasi tutti messengers a Berlino) che costruiscono e (con workshop nei fine settimana) insegnano a costruire bei telai in questo meraviglioso materiale. Ciò unisce il mio amore per la bici, la passione per il fai da te ed il pasticciare creativo con le mani (faccio un lavoro troppo di concetto).
      Ho scoperto bikeitalia poco fa digitando surly su google, ma credo che tornerò a trovarvi spesso.
      Ancora grazie!
      Franco

  4. Avatar felino ha detto:

    E’ con grande piacere che vedo questo tasto picchiare nel cuore e nella mente di tanti. Effettivamente le cose stanno così in Italia.
    C’è un telaista che fa solo acciaio in bassa italia a prezzi decenti. Non credo sia pratico di bici da viaggio ma credo che sia in grado con grande tranquillità di riprodurre la geometria di una bici da viaggio semplicemente vedendola.
    Li fa per sé e li fa per sempre. non ha il marketing a supporto. Credo che queste persone, da parte di chi la pensa come noi vadano aiutate.

    1. Avatar antonio ha detto:

      salve a tutti io da un anno circa possiedo una Surly modello LHT da 700 non da 26.
      ho messo su delle gomme 700×42 leggermente tassellate, qualche borsa Revelate, insomma la bici pesa circa 19 kg, ma ci credete che mi piace più uscire con questa bici che con la mia bici da corsa ? (Cervèlo) :-)
      ogni volta che la prendo (2-3 volte la settimana) mi sento bene, mi rialasso e qualsiasi tipo di percorso che trovo, so di poterlo affrontare.
      Stavo pensando di togliere la Cervèlo e prendere la Pacer (la risposta Surly per le bici da… STRADA, in Surly in amano il termine “bici da corsa”).
      Ovviamente senza togliere la LHT ma solo affiancarne un’altra….vedremo come finisce.
      Io sono di Catania.

  5. Avatar ferruccio ha detto:

    ciao
    bellissimo articolo.
    hai chiesto: perché i produttori italiani non riescono a creare lo stesso livello di coinvolgimento emotivo rispetto al loro marchio e si ritrovano a lottare come leoni per costruire un solo telaio in più?
    la mia risposta:
    perché i produttori italiani puntano ai soldi, i tipi della surly “amano” fare biciclette, non le fanno per il mercato, le fanno perché piacciono a loro, lo farebbero anche gratis.
    ho ordinato un portapacchi presso la oldman mountain in califonia, ho avuto una corrispondenza di tre mail direttamente con il titolare che mi ha detto per filo e per segno quale portapacchi era più adatto alla mia bici. alla fine mi ha pregato di fargli sapere come mi sarei trovato con quel prodotto.
    tu non sei diventato un cliente della surly bensì un suo discepolo, questa è la differenza.
    è probabile che il direttore delegato della bianchi viaggi in mercedes, quello della surly probabilmente usa la bici estate e inverno.
    è una visione diversa del mondo.

    ferruccio

    1. Avatar massimo ha detto:

      Ferruccio, secondo me hai centrato il nocciolo di tutta la questione, in USA hanno già fatto il giro di boa e più di qualcuno sta tornando alle passioni che economicamente ti danno SOLO il giusto, ma per tutto il resto…..CHE GUSTO!
      noi poveri italiani, ormai privi anche di sogni, siamo ancora alla ricerca del solo denaro, ma tanto e facile e subito…
      ma tranquilli tra una decina d’anni inizieremo anche noi a venirne fuori!
      anyway, buone pedalate a tutti
      massimo

  6. Avatar Mattia ha detto:

    Ciao, scusa quando dice che hai trovato un’occasione in un sito tedesco..di quale sito parli? se vuoi puoi anche scrivermi in posta su [email protected]
    Oppure se hai un consiglio da darmi perchè è da un po’ che voglio questa bici, ma non capisco se sia conveniente comprare il frameset e poi i pezzi restanti per conto mio oppure rivolgermi a qualcuno che me la prepari, non credo di riuscire in ogni caso a spendere meno di un migliaio di euro..te che dici? grazie, Mattia

    1. Paolo Pinzuti Paolo Pinzuti ha detto:

      Ciao Mattia,
      Sono passati un po’ di anni e non ricordo più il nome del sito.
      So che in Italia il distributore si chiama Pedal Domain ed è di Ravenna. Prova a sentire loro.
      Io ho comprato il kit telaio perché avevo un sacco di pezzi da riutilizzare: ho dovuto cambiare solamente il reggisella, l’attacco, il manubrio e la serie sterzo.
      In ogni caso so che le biciclette finite vengono intorno al migliaio di euro.
      Non so sinceramente se in termini economici convenga il telaio + i pezzi o la bicicletta finita, ma certo dipende dai componenti che ci vuoi montare.
      Facci sapere come finisce la storia.

      Un saluto.

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