Stop the killing: il die-in dei ciclisti londinesi

Stop the killing: il die-in dei ciclisti londinesi

Stop the killing Londra die-in

Più di mille ciclisti a Londra si sono ritrovati a manifestare di fronte alla sede dell’agenzia per la mobilità locale. Nella serata di venerdì, essendosi dati appuntamento via facebook, diversi gruppi su due ruote si sono recati al numero 197 di Blackfriars Road, sede della Transport for London, e hanno dato vita a un “die-in” (evento simile ai più famosi “sit-in”: durante un sit-in ci si siede per terra, durante un die-in si fa finta di essere morti, per catturare l’attenzione dell’opinione pubblica).

Questo evento è stato organizzato in seguito agli avvenimenti delle scorse settimane. Sei ciclisti sono morti a Londra nello spazio di pochi giorni, molti di loro investiti da camion. Queste morti avevano dato vita a un aspro dibattito sulla stampa inglese, in cui molto spesso i ciclisti stessi in generale erano stati accusati di causare gli incidenti, con un comportamento non conforme alle regole del codice stradale.
Lo stesso Boris Johnson, che sembra avere così a cuore le sorti dei ciclisti, aveva causato una certa rabbia quando, nel commentare questi avvenimenti, aveva criticato i ciclisti che usano le cuffie per sentire la musica mentre si spostano in città. La risposta dei movimenti pro-bike è stata aspra, e può essere riassunta da questo video:

Perché così tanti ciclisti vengono uccisi da camion/bus? Niente caschi? Niente vestiti riflettenti? Cuffie? Non credo

Il die-in di venerdì è arrivato dopo due settimane di organizzazione spontanea da parte dei ciclisti londinesi, pronti a difendersi dalle accuse (pur ammettendo che alcuni ciclisti violano le regole della strada – esattamente come alcuni pedoni e alcuni automobilisti).
L’iniziativa voleva sensibilizzare l’opinione pubblica e TFL e promuovere tre obiettivi precisi: portare la spesa infrastrutturale a favore delle due ruote a pedali allo stesso livello di quella olandese (33£ a testa, mentre nel Regno Unito si spendono attualmente 1,25£ pro-capite); bandire dalle città i camion e tutti i veicoli con ampi punti ciechi; costruire urgentemente una rete di piste ciclabili separate fisicamente dal traffico motorizzato, come la recente estensione della CS2.

Il tutto è nato dalla volontà di due ciclisti, Donnadach McCarthy e Steve Routley, che hanno ideato questa protesta intorno alla metà di novembre. Donnadach ha creato con Photoshop un volantino per pubblicizzare l’evento:

Londra die-in TFL

Sono stati realizzati un sito e una pagina facebook per diffondere la notizia e dare informazioni pratiche sull’organizzazione. Fondamentale è stato inoltre il lavoro di volantinaggio da parte di tanti volenterosi ciclisti, che si sono offerti di farlo non appena venuti a sapere dell’iniziativa.

Nella serata di venerdì si è svolto quindi questo die-in, preceduto da alcune testimonianze, fra cui quella di Nazan Fennell, la madre di una 13enne uccisa da un camion a Birmingham nel 2009 in sella alla sua bici. La polizia ha chiuso le strade circostanti al traffico, e più di mille ciclisti si sono sdraiati a terra per ricordare i caduti. Un nuovo gruppo Facebook è stato creato per mantenere vivo l’interesse e continuare a lottare per i tre obiettivi ricordati sopra.

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