Tra Vicenza e Verona
3 agosto 2012
Una masnada di quattro pensionati, in una torrida giornata dei primi di agosto, si unisce per una girata in bicicletta. Accomunati dalla passione, incuranti del pericolo, si avviano di buon mattino per scoprire una spiaggia caraibica al centro della regione veneta, ai confini della provincia di Vicenza con quella di Treviso.
Dico incuranti del pericolo per il semplice motivo che la strada ed il caldo continuano a mietere vittime: un quarantaduenne stramazza al suolo a pochi metri da casa dopo un uscita in mtb, colto da malore per il caldo. Il cuore di un ciclista cinquantaseienne si ferma durante l’ascesa al monte Grappa. Un ciclista travolto e ucciso da un autotreno e così via giorno per giorno i caduti della bicicletta si susseguono.
A qualcuno fa comodo la filosofia del destino, impavidamente insiste convinto che quel che deve accadere accade, quindi perché rinunciare al piacere di una piccola avventura. Beffardo di quel che dicono i saggi, i maestri di vita, la gente comune, si diverte a scuotere gli animi ed invitare gli amici in ragazzate. Alla fine si possono definire: ragazzate, zingarate, piccole fughe dai luoghi comuni, piccole evasioni che regalano altrettante soddisfazioni e divertimento.
Come bambini: chi in mutande, chi con un paio di pantaloncini di ricambio, chi, previdente, con il costume da bagno, si butta nel piccolo mare cristallino per fruire del refrigerio di questo magico liquido che dà la vita al nostro pianeta e in questo caso combatte la calura. Acqua azzurra che incanta, incanta uno di loro al punto da farlo sedere sulla riva senza togliersi nessun indumento ed immergerlo nella contemplazione, estasiato osserva i tre bambini giocare nell’acqua godendo dell’altrui piacere.
All’improvviso un’ombra di preoccupazione oscura il suo volto, cancella il lieve sorriso: è il pensiero dei sessantacinque chilometri del rientro, da percorrere nelle ore più calde del pomeriggio.
Per contro c’è l’allettante ristoro prossimo a venire nel susseguo del giorno.
Riporto il pensiero manifestato da uno dei quattro bambini:
“Mauro, ma quanto bello sarebbe organizzare un viaggio con questi intrallazzi. Fermarsi in un posto simile e godersela tutto il giorno in questo modo?“
Nell’istante stesso mi dico: “È questo il viaggio! È qui! Ora! in questo momento il godimento, è l’attimo fuggente che riusciamo a cogliere, solo in questo piccolo spazio di tempo può essere, non prima, non dopo, solo adesso.
Parlano, discutono, progettano viaggi, uscite, avventure…quante idee, quanti programmi, quanta voglia di vagare per le strade, ma quanto freno a questi voli la vita impone.
Dal bagno alla tavola, una tavola di marmo sotto la pergola dell’osteria del “Ceo Pajaro” per gustare il mitico “pan e soppressa“ seguito dal vino, dall’acqua, dalla coca cola e dal caffettino.
Tavole di marmo ce ne sono altre e in men che non si dica si riempiono di mangiatori di panini, bevitori di birra. Il servizio avviene attraverso la finestra dell’osteria o dai lenti passi del Ceo che ormai ha varcato la soglia degli ottanta, conservando il senso dell’umor.
La nomea di Ceo Pajaro deriva, a suo dire, dal fatto che da bambino si divertiva ad incendiare i pagliai. Gli avventori presenti, suoi coetanei, raccontano che rubasse la brace alla mamma intenta nel cucinare le sarde, per correre a dar vita all’incendio.
Un simpatico vegliardo, ex rappresentate di commercio, intrattiene la masnada con i racconti delle sue prodezze e del suo parco bici d’epoca attualmente appese al chiodo. Considerazioni ed opinioni sul mondo dello sport e dell’economia, nonché descrizioni dei luoghi e costumi tedeschi, trovando valido interlocutore in Mauro.
Nel raggiungere il luogo il solito esploratore di nuove vie ha cercato piccole varianti, non sempre fortunate che hanno imposto un dietrofront, ma solo per il timore di un ulteriore ritorno. Ora nel dirigere verso casa è irresistibile l’invito a seguire tracce e sentieri e così nuove vie…questa volta fortunate. Un sentiero tra colture di mais e bosco con susseguirsi di dossi e montagnole atte ad ostacolare il transito ai testardi esploratori che insistono. Finché c’è traccia si prosegue ed ecco che il dietrofront dell’andata poteva non essere, bastava il coraggio e la forza di sopportare le eventuali proteste che l’esito sarebbe stato positivo. Meglio così, la prossima volta tutti sapranno che di qua si può andare.
Il sole accompagna i quattro, il termometro segna 38°, l’aria che si oppone al moto rinfresca e permette una buona pedalata, ma lascia ampiamente spazio al desiderio di una bibita fresca, il silente e accomodante capitano avanza la deliziosa proposta del bar.
Un’antica ragazza cinese è sulla porta ad attendere il loro passaggio, è un invito ad una brusca frenata e conseguente inversione di rotta per dirigere all’imbocco dell’oasi.
Due giri di birre per i tre viziosi, di tè per il saggio capitano, placheranno la sete…non per molto.
La provvidenza vuole che il quartetto sia ben fornito di notizie, ora è il momento del fontaniere che guida gli assetati in un angoletto all’ombra dove sgorga, da duecento metri di profondità, acqua fresca. Fontana resistita all’insistenza di una ditta operante nel settore delle acque minerali, per chiuderla, a detta di un indigeno giunto a rifornirsi.
L’uscita si conclude sollevando i bambini dalla preoccupazione di caduta sul campo di gioco e dal timore delle sgridate, contenti del loro bagnetto nella Busa de Giaretta a Carmignano di Brenta.
Personalmente mi sento soddisfatto, ritemprato nel corpo e nella mente, dissetato dalla birra più buona del mondo. Sorpreso di aver combattuto il caldo tropicale con l’entusiasmo del mio andare, godendo del piacere di cavalcare la mia fedele compagna.
Soprattutto di aver trascinato i miei amici nell’ennesima ragazzata!
By Romeo Boscolo
….non ti facevo poeta…certo, si può dire che la buona compagnia (aiutata dal mangiare e dal buon bere ) fa miracoli…ci sentiamo.
Bella Romeo, ne sai sempre una più del diavolo! W Ceo pajaro, w i Caraibi della Busa de Giareta, paradiso dei ciclisti (e non solo di quelli pensionati).