Siria, con la guerra civile gli studenti girano in bici
Le notizie dalla Siria finiscono ormai nelle ultime pagine dei giornali, ma la guerra civile continua. Il paese è diviso fra una zona controllata dal governo di Assad, e altre zone controllate da vari gruppi. Lungo le linee di dermarcazione, si combatte e si muore. In questo contesto però, soprattutto nella capitale Damasco, l’uso della bici sta aumentando, specialmente fra i giovani studenti.
Damasco rimane sotto il controllo governativo, ma alcune zone periferiche sono occupate da gruppi di combattenti. Anche per questo motivo, decine di checkpoint bloccano le strade di Damasco, con il risultato che il traffico automobilistico è ormai ingestibile. Per percorrere tratti che prima della guerra erano a 10 minuti di macchina, possono essere necessari anche 90 minuti, quasi tutti di interminabile attesa ai punti di controllo.


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Gli studenti dell’università hanno quindi deciso che, per velocizzare i loro trasferimenti, la soluzione migliore era prendere la bicicletta. Prima hanno iniziato alcuni amici della Facoltà di Ingegneria; subito dopo, grazie ai social media, hanno cominciato a coinvolgere sempre più persone, anche se la bici non è per i poveri: i prezzi vanno dalle 12.000 alle 20.000 lire siriane (63-105 euro), e non tutti possono permettersi questa spesa.
Uno dei promotori dell’iniziativa, intervistato da France24, racconta: “la bici non è un mezzo di trasporto familiare in Siria, e neanche uno sport diffuso. Solitamente, sono solo gli abitanti della parte antica di Damasco a spostarsi in bici, perché lì le strade sono talmente strette che le automobili non riescono a passare. […] Un’anno e mezzo fa, insieme a un gruppo di amici dell’Università di Damasco, abbiamo pensato di abbandonare gli autobus pubblici e cominciare a usare la bici. Abbiamo capito che si tratta di un mezzo più pratico e più piacevole, e abbiamo voluto pubblicizzare questa nostra iniziativa con una pagina Facebook. Con il rischio di attentati, i controlli di sicurezza ai checkpoint si sono fatti più approfonditi, e la nostra idea ha avuto un certo successo. Molti dei ciclisti sono persone che abitano nella periferia della capitale e che lavorano o studiano in centro, e devono quindi attraversare i numerosi checkpoint attorno alla capitale.
All’inizio, le forze dell’ordine ci trattavano male o ci prendevano in giro. Alcuni dei nostri amici si sono visti persino confiscare le bici, con il pretesto che si trattasse di mezzi di trasporto illegali, quando invece non c’è alcuna legge che stabilisca questo. Ma con il crescente numero di persone che hanno iniziato a pedalare, e con la stampa locale che ha iniziato a parlarne, i poliziotti e i soldati non ci hanno più dato fastidio.
Inoltre, questa campagna ha permesso di far evolvere la mentalità sulle donne, perché la società finora non accettava che esse potessero andare in bici. Alcune sono ancora trattate con ostilità, ma abbiamo ricevuto diversi messaggi di ragazze, anche con il velo, che ora vanno in facoltà in bici tutti i giorni.”
La speranza è, prima di tutto, che la crisi siriana possa risolversi il più presto possibile; una volta fatto ciò, magari chi ha iniziato a girare in bici durante la guerra civile potrà continuare a farlo anche in una situazione di normalità.