Cicloturismo for dummies
Settimana scorsa sono stato invitato a partecipare al primo Italian Travel Blogger Meeting che si è svolto a Roma: una riunione di tutti quei soggetti che spammano in giro per la rete i propri racconti di viaggio conditi nelle più svariate salse. Il tema dell’evento, organizzato da Vueling e Hassel Comunicazione, era “i viaggiatori non sono tutti uguali“. Io sono stato chiamato a raccontare un nuovo modo di viaggiare (nuovo?) per spiegare a una platea di persone che solitamente si sposta per il mondo utilizzando qualunque mezzo di trasporto ad eccezione della bicicletta che il cicloturismo è una cosa alla portata di chiunque.
Abituato come sono a muovermi nell’ambiente dei “bikers” (era la prima volta che mi definivano “travel blogger” e non “bike blogger”), temevo che la cosa si tramutasse in fretta nella solita caciara piena di luoghi comuni del tipo “sì, ma tu sei uno sportivo”, “sì, ma tu c’hai il fisico”, “sì, ma tu c’hai la bicicletta che va forte”, “sì, ma tu c’hai i superpoteri” e che si perdesse il senso di tutto.
Effettivamente la platea lasciava presagire il peggio: buona parte dei presenti era in evidente sovrappeso, segno che probabilmente non avevano un buon rapporto con la bicicletta, ma per fortuna tra i relatori c’era qualcuno che avrebbe sicuramente messo in ombra quello che a un pubblico di non pedalanti poteva sembrare una sfida estrema.
Questo qualcuno è Fabrizio, che da qualche anno racconta il mondo con grandissima ironia, mentre lo gira seduto sulla propria sedia a rotelle. E così è stato
Avendo trovato qualcuno per cui il viaggio sembrava più complicato e impegnativo di quanto non fosse per me, non mi rimaneva che cercare di convincere i viaggionarratori di fronte a me a tentare qualcosa di un po’ meno faticoso: salire in sella e sfidare la propria pigrizia per scoprire un mondo fatto non di diapositive (l’effetto diapositiva è quello che abbiamo quando visitiamo un paese in treno: diapositiva 1, Firenze; diapositiva 2, Roma – perdendoci tutto quello che sta in mezzo tra le diverse diapositive) ma di un filmato realizzato in presa diretta, senza pause e senza interruzioni, carico di odori, silenzi e sinestesie.
Per farlo, mi sono aiutato con qualche slide accrocchiata in un powerpoint improvvisato e che potete trovare qui sotto:
Lo so, vista così, questa presentazione non dice molto, ma i punti che ho evidenziato in particolare, sono stati:
1. concetto di cicloturismo
La pratica del cicloturismo richiede la presenza di una bicicletta e di un turista. Punto. Tutto il resto sono accessori. Cicloturista è chi attraversa il Sahara in bicicletta munito di qualunque oggetto necessario per la sopravvivenza, ma anche chi scende alla stazione di Milano Centrale, prende una bicicletta del bike sharing e si gira la città per andare a scoprire il Cimitero Monumentale, il Castello Sforzesco, il Duomo, la Scala e la Pinacoteca di Brera. Ma cicloturista è anche quello che gira per la Toscana, di hotel in hotel alla ricerca della migliore bottiglia San Giovese e del miglior pecorino.
2. l’allenamento
Il cicloturista necessita di un allenamento specifico che riguarda esclusivamente il culo: la sella è dura e dopo un po’ può creare fastidi. Considerando le moltipliche a disposizione finanche sulle biciclette da supermercato, più che gambe buone per affrontare le (eventuali) salite, occorre aver fatto il “callo al culo” per abituarsi a stare seduti su una seduta nuova (e per questo insisto sempre tanto su queste pagine virtuali sull’importanza di dotarsi di una buona sella).
3. il time management
Viaggiare in bici non è una gara e non ci sono regole se non: quando voglio pedalare, pedalo. Quando sono stanco, mi fermo. Ipotizzando una velocità media di 17 km/h, pedalando 5 ore in un giorno si possono coprire 85 km. Le 5 ore possono essere suddivise così: colazione – un’ora – seconda colazione – un’ora – pranzo – un’ora – pennichella – un’ora – merenda – un’ora – fine. Si POSSONO per correre 85 km, ma se ne possono percorrere anche 35 in sole due ore di pedalate. Considerando che siete in vacanza, non avete due ore di tempo da pedalare in giro?
4. conoscere il territorio
Questa è la parte più importante. Un viaggio in bicicletta richiede la conoscenza del territorio, ovvero la capacità di aprire una cartina e riconoscere dove ci sono le montagne e dove c’è la pianura. Se, per esempio, pianifichiamo il nostro primo viaggio, invece di ipotizzare una Venezia – Monaco (di mezzo ci sono le Alpi), si può puntare su una Passau – Vienna. Perché? Perché questo tratto si articola lungo il Danubio (che è un fiume) e, come tutti i fiumi ha la caratteristica di scorrere sempre (ma proprio sempre), dall’alto verso il basso. Quindi seguire il corso di un fiume significa necessariamente pedalare sempre in discesa.
5. il divertimento
Pedalare sviluppa endorfine e le endorfine ci rendono felici. Ma pedalare può produrre anche acido lattico e quindi dolore. Ecco, il cicloturista è colui che pedala fin quando si diverte, ovvero quando la gioia generata dalle endorfine è superiore alla pena generata dall’acido lattico, dal mal di culo o dalla noia. Nel momento in cui la pena è superiore alla gioia e non si diverte più, il cicloturista è libero di fermarsi e trovare un’alternativa per continuare il proprio viaggio, magari caricando la bici su un treno o su un camion facendo l’autostop.
Happy ending
Alla fine della mia presentazione a Roma ho quindi rivolto una domanda alla platea e ho chiesto quanti stessero valutando l’ipotesi di fare un viaggio in bicicletta e, con mia grande soddisfazione, almeno il 20% ha alzato la mano. Non so dire se fosse merito mio o meno, ma sono stato molto felice di scoprire che esistono sempre più persone che stanno valutando questa forma di turismo sostenibile e a misura d’uomo.
Ma il risultato, forse, era scontato, davanti a me avevo travel blogger, gente abituata a spostarsi da una parte all’altra del pianeta in un battibaleno per scoprire qualcosa di nuovo, mica pigroni dal culo pesante che da 20 anni fanno le vacanze nello stesso albergo all-inclusive, che trascorrono il tempo ciabattando dal ristorante alla piscina con vista sul mare ingurgitando gelati con l’unico obiettivo di tornare in ufficio con la tintarella più marcata dei colleghi.
Nota a margine. Questa è la terza volta nella mia vita che mi ritrovo invischiato in faccende di blogger e confermo la mia prima impressione: i blogger sono una categoria umana che,personalmente, adoro. Anche se (ancora) non hanno le ruote.
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