Il 12 Marzo 1930, Mohandas Karamchand Gandhi, dopo aver tenuto uno storico discorso innanzi alla folla contro il monopolio detentuto dalla corona britannica sul sale indiano, si incamminò alla volta dell’Oceano Indiano per rivendicare il diritto del popolo indiano a disporre delle risorse interne e, in particolare, di un bene tanto prezioso come il sale. Il piano era semplice: camminare fino alle saline, raccogliere un pugno di sale e tornarsene a casa rifiutandosi di pagare la tassa all’impero britannico per dimostrare quanto la legge in vigore fosse sbagliata.
Dopo un marcia durata 24 giorni, il Mahatma Gandhi e qualche altro migliaio di persone arrivarono finalmente alla spiaggia di Dandi dove furono accolti dalla polizia britannica che, armata di sfollagente, iniziò a malmenare i manifestanti. Questi non risposero alla violenza e continuarono ad avanzare fino a raggiungere le saline.
La Marcia del Sale, come venne ricordata a partire da quel momento, si concluse con oltre 60.000 arresti, ma anche con una grande vittoria del popolo indiano che, da quel momento in poi iniziò un inarrestabile cammino non violento verso la propria indipendenza dall’Impero Britannico.
La Marcia del Sale viene ricordata ancora oggi come uno dei momenti più alti di disobbedienza civile, fenomeno che il dizionario Treccani definisce così: Il rifiuto da parte di un gruppo di cittadini organizzati di obbedire a una legge giudicata iniqua, attuato attraverso pubbliche manifestazioni.
La disobbedienza civile fu una tecnica molto utilizzata nell’arco del ‘novecento e portò a grandi risultati politici: fu così che si mise fine al regime di segregazione dei neri negli USA e fu così che in Italia si arrivò al riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza rispetto alla leva militare.
La logica di fondo è quella che potremmo riassumere con la celebre frase di Thomas Jefferson “Quando una legge è sbagliata, non solo è lecito infrangerla, ma diventa anche un dovere”.
Ecco, io ho deciso di smettere di seguire le regole che sono sbagliate, quelle regole fatte da chi non conosce le materie su cui è chiamato a legiferare, quelle regole dettate dai sondaggi fatti in fretta e furia al bar con l’auto parcheggiata un attimino in doppia fila, quelle regole create da chi, nella propria vita ha avuto soltanto la grande capacità di intuire prima degli altri da che parte soffia il vento del cambiamento di poltrone.
Ho deciso di disobbedire assumendomi tutte le conseguenze del caso.
E per questo mi autodenuncio: nella foto che vedete qui sotto mi vedete mentre imbocco un senso unico in sella alla mia bicicletta. Tra le mani tengo un foglio A4 che dice “Ciao Lupi” con cui saluto calorosamente il nostro amatissimo ministro dei trasporti che ha offerto un immotivato parere negativo alla possibilità di introdurre anche in Italia il senso unico eccetto bici.
Questo nonostante il senso unico eccetto bici sia in vigore già in tutta Europa dove ha dimostrato di essere un valido strumento per la riduzione dell’incidentalità per chi va in bicicletta in città, nonostante l’ampia letteratura sull’argomento, nonostante il doppio senso ciclabile sia sostenuto con vigore da parte degli assessori alla mobilità delle principali città italiane.
Questo “Ciao Lupi” è un invito al ministro a ripensare alle proprie posizioni, ma anche a tutti i ciclisti urbani di Italia a fare la stessa cosa: sul mio profilo Facebook, dopo aver caricato la foto, ho taggato degli amici che in questo modo ho invitato a compiere la stessa operazione. Basta una bicicletta, una strada a senso unico e un foglio A4. Nella condivisione su Facebook e Twitter ho utilizzato l’hashtag #ciaolupi. Ad accompagnare la foto ho messo una breve spiegazione del motivo per cui ritengo che procedere in controsenso sia una buona pratica per la sicurezza di chi va in bici.
L’obiettivo è duplice: da un lato spiegare ai miei contatti diretti il motivo per cui ritengo di fondamentale importanza il controsenso ciclabile in ambito urbano, dall’altra creare una massa critica, nella speranza che il ministro Lupi che ha un buon naso per cosa incontra il favore popolare o meno, capisca che il vento in Italia sta cambiando e che non si può ostacolare ancora a lungo lo sviluppo della ciclabilità.
Certo, non sarà la marcia del sale, io non sono Gandhi, questa non è l’India e in ballo non c’è l’indipendenza dalla corona britannica, ma io mi sono sinceramente stufato di accettare supinamente l’ennesimo provvedimento sbagliato che costringe l’italia a un sottosviluppo forzato.
Beh a parte il pippotto, Thoreau e l’oscura quanto improbabile citazione di Jefferson, una campagna di sensibilizzazione non ci starebbe male….meno male che hai ammesso tu stesso che scomodare Ghandi era un tantino forte….
Bene, dall’incivile “me ne fotto” alla civile disobbedienza. Questa mi sembra la direzione giusta!