Non dire gatto se non l’hai nel sacco! Non è finita finché non è finita!… come dice Alberto Fiorn. Mancano pochi chilometri all’arrivo, il pensiero di avercela fatta, ricorda queste due affermazioni, richiama all’attenzione, alla prudenza, quando tendo a rilassarmi e abbandonarmi all’idea di aver già tagliato il traguardo. Guai abbassare la guardia, è proprio in questi momenti che può accadere quel che non è stato in tanta strada… una piccola distrazione rovina tutto… me compreso… l’insidia è in agguato.
Dico gatto perché l’ho nel sacco… è finita perché è finita. Inizio dalla fine perché concluso il viaggio tiro la linea dell’addizione, tutti i cinque giorni incolonnati per il totale. Per dare una risposta alla frequente domanda, quando la fatica predomina, quando momenti di disagio emergono in primo piano, quando la sete cerca sollievo nell’acqua calda della borraccia e in mezzo alla campagna lo stimolo è di una birra fresca… “Che senso ha?”
Questa è la domanda. La risposta la trovo oggi nel sentire l’odore di casa, nel veder comparire l’ultimo campanile, nell’assaporare l’affetto di un abbraccio, il calore di una voce che dà il bentornato e l’entusiasmo dell’impresa compiuta riordina i pensieri, le sensazioni, il susseguirsi degli eventi.
Da molto tempo nella mente questo viaggio, l’anno scorso negli stessi giorni ero pronto tutto organizzato…. pioggia e maltempo mi attendono fuori di casa. No! Non ci sto, non ho l’età per bagnarmi, temo l’umidità. Quest’anno l’avventura viene messa nel calendario della società per giugno. In marzo, accompagnato da Filiberto, mi adopero per verificare parte del percorso, per valutarne la fattibilità e il tipo di bici.
Al termine utile per organizzare, l’adesione è nulla, non c’è interesse per il tipo di esperienza, perdo entusiasmo e impegno logistico, abbandono momentaneamente l’idea.
Il contatto con Paola di Bologna, che mi chiede informazioni , riaccende lo stimolo: “Me ne frego” come dice un amico “Non vien nessuno? … vado da solo e mi faccio anche il ritorno!”
Il caso vuole che Paola e le sue tre amiche, giusto con una settimana di anticipo su di me, si cimentino nel viaggio. Con piacere le accolgo in stazione a Venezia ed il giorno successivo con Mauro e Alberto le accompagniamo a Chioggia via Lido e Pellestrina.
La Ciclovia della Seta: un percorso ideato e documentato in una dettagliata guida dagli amici del “Monte Sole Bike Group” di Bologna. Un itinerario che collega l’Adriatico al Tirreno percorrendo ciclabili, strade minori sentieri e tanta storia, transitando per importanti città… da Venezia a Livorno.
Martedì 3 giugno 2014 parto per Sasso Marconi, con una variante al tracciato fino a Polesella dove attraverso il Po’ e trovo il primo contrassegno. Con l’ing. Martino Caranti (ideatore e autore della guida) nel marzo 2013 assieme a soci della FIAB bolognese ho pedalato da Ferrara a Bologna, quindi non incontro particolari difficoltà nel seguire la giusta direzione, anche perché tra i segnavia e gli appunti è impossibile sbagliare. Venti minuti per disimpegnarmi dal centro di Bologna e conquistare la pace del Parco Della Chiusa. Passerella sul Reno, ciclabile fino alla deviazione in mezzo ai campi nei pressi di Palazzo Rossi, stretto ponte sospeso, un bel tratto collinare immerso nel bosco, superamento del Sasso, giù in discesa e su in paese a concludere l’odierna tappa. Ho prenotato a Cà de Taruffi, ma per cause sconosciute non c’è la camera. Il proprietario, scusandosi ripetutamente mi trova sistemazione a poche centinaia di metri presso Cà Vecchia, un albergo quattro stelle, ricavato da un complesso costruito nel 1770 con immenso parco secolare di strabiliante bellezza. Composto dalla casa padronale, la casa del contadino, l’oratorio, due fienili e la stalla trasformata nell’attuale ristorante. Un centro multifunzione, centro congressi, al centro della quiete… come recita l’insegna all’inizio del viale d’accesso.
In abbigliamento sportivo faccio visita al paese, non sono ancora stufo di pedalare, invano cerco un caratteristico locale per cenare. Mi ritiro nelle mie stanze, una bella doccia rigenerante, un abbondante cena in loco soddisfa l’appetito al punto di rinunciare al dolce, ma la simpatica Lussi insiste e mi convince per il sorbetto… ottimo.
Il profumo dei pini e il canto dei grilli mi cullano, chiudo gli occhi e la ninna nanna ha il suo effetto.
Km 202
media 21 km/h
tempo pedalato 9h 18′
tempo impiegato 10h 33′
Mercoledì 4 giugno Allegri cinguettano i volatili, il sole inonda il giorno, la luce si espande in un cielo terso, ed io, microscopica creatura di questo immenso, ringrazio per l’odierna presenza, con gioia mi appresto al prosieguo dell’avventura, immediatamente esulto, le prime pedalate mi portano fuori dal cancello: un saluto ai pluri centenari alberi e sono immerso nel verde collinare, inebriato dal panorama che si estende innanzi.
Oltrepasso la strada ferrata nei pressi della stazione, scendo tra i piloni del ponte per seguire il fiume attraversando gli orti ben coltivati:
“Buongiorno” ad un mattiniero ortolano chino sulla coltivazione, si alza incuriosito dal saluto forestiero e con un sorriso contraccambia augurandomi una buona pedalata.
“Grazie!… Buon lavoro!”. Un attimo, un saluto, due parole… la giornata è ricca! Io sono ricco!
Per un paio di chilometri abbandono l’incanto, costretto sulla strada statale, ma a Lama di Reno la natura mi attende, una ripida salita… poche centinaia di metri micidiali per godere del promontorio aggirato dal Reno, nei pressi di San Lorenzo Di Panico. Una veduta che invita alla sosta.
Un ostile ponticello sospeso, tra lo scroscio impetuoso delle acque e il canto del bosco, ostacola il passaggio della bicicletta con le borse, i restringitori per impedire il transito di motoveicoli, obbligano al sollevamento del mezzo, niente paura! Il piccolo disagio è ampiamente ripagato dal percorso ciclabile di recente realizzazione: segue il fiume attraversando il parco con laghetto, gli impianti sportivi e altri orti, un vasta prateria con varia vegetazione, dagli alberi da frutto ai mughi sul greto, paesaggio simile alla val d’Oten in Cadore. Con me il corso d’acqua gode dello spazio e si espande notevolmente nell’ampia valle di Marzabotto.
Perdo le tracce, finisco in statale per un paio di chilometri, recupero il percorso a Vergato. Una bellissima stradina, prima con i capitelli della via Crucis e poi in mezzo alle ondulazioni del territorio, tra fiume e terra, con i suoi su e giù, mi delizia. Breve tratto sulla grande strada, scendo la scaletta a fianco al bar, davanti alla fermata dell’autobus, sottopasso ferroviario, attraversamento del Reno ( precise indicazioni della guida e relativi segnavia). A bordo strada uno spiazzo ombreggiato, vigilato da una Madonnina in grotta mi invita a sostare, un uovo sodo, trafugato a colazione, e l’ultimo goccio di rosso, portato da casa, mi rinvigoriscono. Affronto la salita che aggira la chiesa soprastante e dirigo al bivio di Oreglia dove abbandono definitivamente il percorso guidato e le orme delle amiche che mi hanno preceduto. Il loro pensiero più volte mi accompagna, in special modo nei passaggi impegnativi.
Dopo Riola di Vergato al chilometro 42,5 della Porrettana sono bloccato da due alberi di amarene che allungano i rami, carichi dei rossi frutti, verso la strada. Non resisto, ingordamente, arrampicato sul muretto, faccio razzia, ingoio pure l’osso tanto è il desiderio di assaporare l’asprigno dolciastro di questo ben di Dio e di placare la sete. Tra Porretta Terme e Ponte della Venturina incontro l’amico Giovanni, conosciuto sul forum di Piste ciclabili, che d’ora in poi guida il mio cammino odierno. Preso dall’entusiasmo dell’incontro salto il pranzo. Traversa di Pracchia(Sp 632), una via interessante poco trafficata, risale la riva sinistra del Reno, che scorre nel canalone fra i due versanti montuosi, attraversa il confine Emilia Toscana e subito dopo oltrepassa il fiume in territorio toscano in località Pracchia, conclude a Pontepetri confluendo sulla ex SS 66 Pistoiese.
In località Le Piastre sostiamo alla fontana per rifornimento e mi nutro con uno snack:
“Non hai voluto che ti offrissi il pranzo, accetta almeno una bevuta” così dicendo mi avvio. Carina e simpatica è la ragazza del bar Margherita che ci ristora, prima di affrontare l’ascesa a Prunetta. Il piccolo centro si esaurisce dietro la stretta curva, da qui in avanti l’incanto del bosco, il piacere della discesa, del serpeggiare ondulato con giochi di luce e aperture su panorami spettacolari, fino a raggiungere Uzzano che visito guidato dal cicerone, fonte inesauribile di informazioni, sia storiche che ambientali. Tappa a Pescia, dimora dell’amico che mi ospita, per la notte. Ma non finisce qui, oggi Giovanni e Nilde festeggiano l’anniversario del matrimonio, quindi mi ritrovo unico invitato alla cena in un caratteristico locale: Trattoria La Costa, situato in posizione dominante sul colle. Una bella sorpresa a completare la giornata.
Km 112
media 15,5 km/h
tempo pedalato 7h 12′
tempo impiegato 9h 10′
Giovedì 5 giugno Rotolando dalla collina, attraversando l’orticello, impregnandosi di profumo, tinta dai raggi solari, la brezza mattutina raggiunge le mie narici. Inalo questa boccata di vita con gli occhi ancora impiastricciati, m’affaccio alla finestra, ossigeno i polmoni… ora son sveglio.
Che bello! Non vedo l’ora di mettermi in cammino, dispiaciuto rinuncio alla compagnia di Giovanni, impegnato in varie faccende per un paio d’ore.
Voglio partire subito, sfruttare tutto il tempo a disposizione, smanioso di saltare a cavallo e andare, eccitato come fosse la prima esperienza, curioso delle sorprese in attesa del mio passaggio. Saluto e ringrazio con infinita riconoscenza gli amici, in attesa del prossimo incontro.
Inerpico a San Gennaro per evitare la strada principale. Ancora salita tra le colline, non mi va, temo dover affrontare avvallamenti, recuperare quota, la fatica mi scoccia, il cielo s’oscura minaccioso, ritorno sulla via Lucchese che sale lievemente e condivido con una quantità di autoveicoli limitata, bene… mi sono armonizzato.
Entro in Lucca da porta Elisa lasciandomi alle spalle il maltempo. La città è cinta da una cerchia murata completa che fino ai primi anni novanta era utilizzata, grazie alla dimensione notevole della carreggiata, come viale di circonvallazione per il traffico, anche pesante, intorno alla città. Attualmente la grande via alberata è dedicata esclusivamente al passeggio e alla ciclabilità… per mia grande gioa. Piacevolissimo è percorrerla incontrare svariate tipologie di utenti: dai podisti ai nonnetti, dai bimbi in passeggino a quelli che giocano a palla nell’allargamento dei bastioni, dai ciclopasseggiatori ai ciclisti in viaggio, quale sono io, ammirato per la veduta sul centro storico, da un lato e sulla prateria- parco circostante, dall’altro.
Esco da porta Santa Maria intasata da un folto gruppo di turisti, intenti nel fotografare, minimamente preoccupati del loro ingombro alla circolazione. Con facilità individuo il sentiero Puccini, in poche centinaia di metri accosta il Serchio per seguirlo. Sulla bella stradina bianca mi delizio del paesaggio tra fiume e bosco. Un ponte di nuova realizzazione collega le rive, sorge un dubbio: seguo o attraverso? Cerco risposta da un un gruppo di cicloturisti… sono francesi, seguo il fiuto rimango da questo lato. Dietro una curva noto polvere sollevata, allungo la vista e scatto all’inseguimento di cinque biker. Quasi raggiunti, si fermano, si dividono: “Ciao” “Ciao” e procedo con buona andatura nonostante il bagaglio, accodato da due di loro.
“Tiro un po’ io” dice Giorgio, affiancandomi e superandomi dopo alcuni chilometri.
“Oh grazie” rispondo continuando di buon passo, scatto delle foto in corsa con il cellulare per non perdere la ruota. Al termine della ciclabile ad Orzignano, dove risiedono, ci presentiamo: Giorgio cinquantenne e Alessandro, ultra settantenne ex paracadutista, mi racconta di aver fatto un lancio in piazza San Marco a Venezia, molti anni addietro… unica occasione in cui fu permesso. Non può mancare una foto ricordo.
È ora di pensare al pranzo, entro in un negozio di generi alimentari dove è in vendita un po’ di tutto, attendendo pazientemente che vengano servite due anziane comari indecise che si dilungano in modo snervante e acquisto un pane delle dimensioni di un mattone facendolo imbottire di prosciutto.
Svolto a destra in via U. Dini transito per Gello e mi trovo in centro a Pisa, in piazza Dei Miracoli, affollatissima, tanta gente intenta nel fotografarsi mentre tenta di sostenere o raddrizzare la torre, tant’altra che la vuol contenere nella mano… classico, io con la mia bicicletta e la maglietta nero verde del Pedale Veneziano m’accontento di avere il monumento a sfondo. A San Piero a Grado, proprio dietro la chiesa, la strada del mare, otto chilometri in mezzo alla campagna attraverso l’immensa pineta, con il panino sul portapacchi esposto al sole e il proposito di consumarlo vicino all’acqua. Il lungomare di Tirrenia è privo di accesso libero alla spiaggia, soltanto bagni attrezzati. La rassegnazione sta per avere il sopravvento, quando un piccolo viottolo malconcio richiama l’attenzione. Fatta! sono con i piedi a mollo nel mar Tirreno, successivamente, finalmente, pranzo. M’abbandono alla risacca, al colore, al sapore salmastro, al tempo, alla brezza, ai pensieri nostalgici. Sublimato dal momento di rilassamento fermo alcune immagini. A piedi scalzi mi avvio alla strada per evitare di riempire di sabbia le scarpe appena svuotate.
La zona del porto non è certo l’ideale per la bicicletta, svincoli, traffico pesante intenso e per concludere un tratto di tangenziale interdetto… non c’è altra via per penetrare Livorno:
conclusione della CicloVia della Seta ed inizio del ritorno, frettolosamente visito il centro, concentrato nell’individuare la via di fuga. Mi aiuta Sandro il gestore del bar, nei pressi del Cisternino, dove mi disseto con la mitica birra.
Stagno, canale scolmatore, nuovamente nel silenzio, nella solitudine, nella campagna, sulla strada bianca, lungo il corso d’acqua, che conduce a Pontedera. Per una ventina di chilometri il nulla, non un anima viva, solo natura ed io padrone assoluto del territorio. Alla vista delle pale eoliche e del centro smaltimento rifiuti, i campi si popolano di contadini intenti, con le macchine operatrici, a falciare, impacchettare il foraggio. Marginalmente attraverso la cittadina, visito il bar Cristallo per una Coca, incanalandomi nella statale 67. Con dolci ondulazioni e ampie curve scivola tra abitazioni, negozi, bar, nelle piazze di piccoli centri che si susseguono ininterrottamente, dando vita all’arteria che collega i centri più importanti.
Mi rallegra vedere una strada statale così viva simile ad una via del centro, dove il traffico non è fastidioso anzi, in questo caso, contribuisce alla vivacità. Scorre fluido con scarso impatto, tra i marciapiedi frequentati, rispettoso dell’ambiente in cui passa e va… un esempio di convivenza equilibrata, che mi fa riflettere sulle località decedute, dove ogni attività commerciale si è spenta, grazie alle strade a scorrimento veloce… non è polemica è solo un pensiero, il sogno di alternative diverse… quali non so.
Una panchina per me, per consumare un pezzo del possente panino avanzato a pranzo, un bar per una birra qui a San Miniato Basso.
A Ponte a Elsa un’altra birra e le indicazioni per dormire, è ora di pensarci. Inutile continuare, sono a quota 150 me ne mancano 350 (km)… due giorni.
Deviazione di un chilometro per l’hotel Empoli, moderno albergo immerso nella campagna collinare, gestito da un simpatico e gentile giovane. Il balcone della camera offre la vista su un orto che si estende verso il pendio irradiato dal tramonto. Per la cena l’accogliente agriturismo “Sapori di Toscana” . – L’agriturismo dei bambini – dice l’insegna, infatti trovo posto all’esterno sotto la pergola, l’unico posto disponibile, una scolaresca ha invaso ogni spazio. In attesa della pappa i bambini giocano a palla nel prato in compagnia delle caprette.
Passeggio dopo l’ottima cena, esploro la zona circostante, mi rendo conto che le poche case compongono l’abitato di Brusciana e che poi non son così poche. Addentrandomi nelle vie interne scopro il circolo ricreativo ARCI in piena attività danzante, un piccolo parco giochi attiguo e la chiesa di S.Bartolomeo abbandonata ad un restauro abbandonato a sua volta, in compenso un antistante giardinetto, abbondantemente fiorito, ordinato, con capitello Mariano racchiuso in un roseto ravviva lo spazio.
Continuo a camminare incuriosito, nel buio ammiro le stelle, annuso i profumi degli orti, spio dentro le finestre curioso e nostalgico. Carico di belle sensazioni mi ritiro, finestra e serranda spalancate per inalare il sapore del luogo anche nel sonno.
Km 155
media 19 km/h
tempo pedalato 8h 05′
tempo impiegato 11h 30′
Venerdì 6 giugno Buongiorno luce del giorno che mi accogli al risveglio, ritemprato e rinvigorito ansioso di riprendere il viaggio con nuova energia. All’entrata del cortile dell’agriturismo, la mamma con i tre figli è in attesa dello scuolabus.
“Buondì, ieri sera ho cenato da voi posso scattare alcune foto”
“Prego si accomodi”
Uscendo m’intrattengo in dialogo con i bimbi e la madre, li fotografo promettendo di inviare lo scatto. Ritorno dove ieri sera, pure la chiesa e il capitello entrano a far parte dell’album, altre sì mi dispiaccio di non aver colto l’immagine del contadino con il coniglio in mano, a cui chiedo se la strada tra gli orti porti fuori.
Empoli: una fontana per riempire le borracce, un tabacchino per ricaricare il cellulare, un telefono pubblico per salutare Gianni, un fugace passaggio per il centro.
Intercetto, dopo Montelupo, a Miniatello un tratto di ciclabile in riva all’Arno, soltanto tre chilometri per ritrovarmi nella statale 67 che segue il fiume avvolta nella vegetazione e con traffico contenuto, tanto da non disturbare chi cicloviaggia come me.
Firenze non ha l’impatto della grande città, agevolmente, seguendo vie a traffico limitato, varco il grande portone di via Pisana. Con sorpresa sono in centro ad ammirare la cattedrale di Santa Maria del Fiore, piazza della Signoria, il ponte Vecchio, assieme a me una folla inquietante di turisti, incolonnati lungo la spalletta a fotografare il suddetto ponte… meglio andare.
Un’ampia ciclopedonale sterrata affiancata da un area verde, completa di panchine e percorso natura attrezzato, affianca il fiume. Approfitto e seduto in riva addento l’ultimo tozzo di pane… “Quello di Orzignano?” “Si ancora quello”; osservando i numerosi frequentatori, sportivi e non.
Piccolo spuntino a Pontassieve; imperterrito seguo la statale che si smembra in un enorme svincolo, per infilarsi nel micidiale tunnel di Monsavano 750 mt percorsi a tutta, impressionante rombo di motori, sfrecciare di veicoli, aria irrespirabile… non vedo l’ora di sbucare all’aperto. Monti in avvicinamento! Un paio di chilometri e la strada ritorna come l’ho lasciata, termina lo spartitraffico e le doppie carreggiate, si restringe offrendo il romanticismo di un tempo. D’ora in avanti conosco la strada l’ho percorsa molti, molti, anni addietro, il mio primo viaggio: da casa a Montepulciano e ritorno (anno 1995).
Rispolvero i ricordi, con nostalgia, emozionato, pedalo immerso nel paesaggio, cercando, trovando punti e particolari, come il mio passaggio risalisse a ieri. Il Sieve scorre a fianco, la casa cantoniera al km 111,992 mi saluta, si ricorda, la fonte di S. Antonio mi attende, con i suoi tre cannelli, a Dicomano per il rifornimento. Imbocco la valle di S.Godenzo, i rilievi si accentuano per culminare al mitico passo del Muraglione. Sosta d’obbligo al bar per i motociclisti provenienti dai due versanti, ed anche per il sottoscritto: piadina e birra confortano lo sforzo fisico. È un ritrovo per i centauri motorizzati, numerose, allineate a spina di pesce sui due lati della strada le moto fanno bella mostra, tra di loro anche due motociclette, “Motobi” una rossa 175 c.c. e una nera 200 c.c. Perché motociclette? Non sono la stessa cosa? Le definisco motociclette perché a confronto dei moderni enormi bolidi le attempate signorine sono piccole, esili, delicate, con ruote sottili e pochi c.c. … fanno tenerezza.
Osservo, ammiro, questi due gioielli perfettamente restaurati, sembrano appena uscite dalla fabbrica… mi ricordano il Piero e la sua Bulòn nel racconto di Donatello Bellomo:
– L’uomo che cavalcava un sogno –
“Buongiorno… ci avete messo tanto tempo ad arrivare” rivolto ai cavalieri
“Come tanto?” con risentimento quasi offesi
“Da che anno venite?” Il loro viso si illumina, sorridono felici
“1962!” affermano.
“Non vi sembra tanto… tutti questi anni per arrivare qui?” Ridono divertiti.
Le creature sono ritornate allo splendore di un tempo grazie alle cure di questi due appassionati, impegnati nei minimi particolari per mantenere l’originalità.
Passiamo una mezz’oretta a raccontarcela, a rispolverare gli anni della nostra gioventù, a parlare delle esperienze nel settore motoristico a due ruote. Saluti, complimenti, spengo il motore e vado a pedali, chiudo il sipario sulla passione che mi anima da quando son nato, e alla quale ho avuto la fortuna di dedicarmi con successo per tutto il periodo lavorativo.
Adoro, amo andare in bicicletta, ma quando sento il ruggito di un motore il cuore ancora mi batte forte, non rimpiango nulla… ogni frutto ha la sua stagione.
Scendo tra i monti, apprezzo ciò che mi circonda, quello che colgo istante per istante, questa strada che dalla Toscana mi porta in Emilia Romagna, immersa nell’ombra dei boschi o esposta al sole costeggiando la roccia.
Abbandono la Tosco Romagnola per la Sp 27 alle porte di Forlì, in direzione Villagrappa e successivamente Villanova. Mi piacerebbe trovare alloggio in un abitazione privata… è un utopia. Quindi albergo Aquilone, una buona sistemazione a prezzo modico, come pure la cena nell’annesso ristorante.
Rituale passeggiata nei dintorni e fra le coltivazioni di frutta. Rubo una pesca e buonanotte.
Km 157
media 18 km/h
tempo pedalato 8h 40′
tempo impiegato 11h 13′
Sabato 7 Giugno Oggi tappa a casa. Mi sveglio, mi rado, mi lavo, carico i bagagli, bevo il caffè, appongo il timbro sul pieghevole delle credenziali fatto da me e oplà in sella, percepisco il senso di libertà con maggiore intensità, non devo attendere nessuno, posso partire, la mente spazia serenamente tra gai pensieri, nessuna incombenza, nessuna condizione, tanta voglia di andare, sotto un cielo limpido nell’estesa campagna irradiata dal sole, in un reticolo di vie tra rigogliosi frutteti. È bello mi piace moltissimo, mi piacciono queste prime ore del giorno, colgo l’atmosfera del prefestivo transitando nei piccoli paesi, che più volte hanno assistito al mio passaggio. Ormai sono di casa, tanto che ad Alfosine.
“Questa volta dove vai?” mi chiede un anziano avventore del bar dove sosto per la birra, memore di avermi incontrato quand’ero diretto a Roma, in compagnia di altri quattro amici del Pedale Veneziano. Gioisco emozionato, contento che quest’uomo sia ancora qui, in buona salute, in compagnia dei coetanei a ricordarsi del nostro passaggio di quattro anni addietro. Contatto telefonicamente l’amico di Pescia per aggiornarlo e ringraziarlo ulteriormente. L’avventura prosegue su strade e stradine che offrono varianti a non finire, seguo la direzione nord, incurante se esse siano carrarecce o argini. Non posso sbagliare la mia strumentazione di navigazione è infallibile: cartina geografica e campanello con bussola incorporata… il drin drin ad ogni incrocio azzeccato sostituisce il bip.
Fuori dal reticolato mi attende Anita e il lungo argine Agosta tra il Canale Circondariale Gramigne Fosse e la laguna di Comacchio. Una quindicina di chilometri in linea retta, una strada che scompare all’orizzonte, che affronto con il pensiero del ristoro. Rituale sosta al bar Sport di Volania, dove l’accoglienza è sempre calorosa. Anna prepara un semplice pasto che consumo allietato dalla conversazione dilungatasi oltre. Le ore più calde del giorno, la sonnolenza della digestione inducono in cattivi pensieri.
C’è desiderio di home, sei sette ore mi separano, sei sette ore da pedalare sconfortano… dove è finito il piacere di andare in bicicletta? Boh? Prevale la voglia di concludere, posso prendere il treno ad Adria, risparmio tre ore.
-Sono sicuro di esser solo? Dietro di me c’è qualcuno?… c’è qualcuno che si lamenta, affiora la presenza di un momento simile e ricorda l’interruzione di un bell’andare, il freno all’entusiasmante viaggiare; la meta designata che scompare.-
Dietro di me non c’è nessuno… ci sono solo io in compagnia di me stesso, in compagnia dei miei organi, delle gambe, delle braccia, del polso dolorante, degli occhi che regalano alla mente immagini suggestive a volte sublimi, una folla di pensieri brulica scaturendo svariati sentimenti, interessando i muscoli del viso contratti in un sorriso.
Le gambe si scatenano irritate, offese, deluse:
“Ma come! Ci hai fatto girare per più di settecento chilometri ed ora non ti fidi di noi, ci vuoi togliere la soddisfazione di condurti a destinazione, di poter dire siamo andate e tornate con le nostre forze?… Fidati Romeo ti portiamo a casa.”
Comprendo che per quanto solo io possa essere non sono mai solo, abbandono l’idea del treno. Birra al bar di Bottrighe, sosta nel parchetto per rifornirmi di acqua e prendermi alcuni minuti di relax, seduto in panchina osservo un bimbo che gioca assistito dalla mamma.
Effettivamente le gambe si scatenano, il vento amico le aiuta, volo a trenta, una piccola pausa gelato a Villa del Bosco per sicurezza energetica e le tre ore diventano due e mezza. Incredibile! se penso di aver dubitato:
“Chiedo umilmente scusa, so che posso fidarmi di voi”.… ce l’ho nel sacco! …è finita!
Il senso? La soddisfazione di vivere armoniosamente nel rispetto di tutti e di tutto quel che fa parte dell’universo.
Km 191
media 21,7 km/h
tempo pedalato 8h 46′
tempo impiegato 11h 45′
durata giorni 5
distanza complessiva km 817
media km/h 19,7
ore pedalate 42
ore sosta diurna 12
spesa euro 286
complimenti !! mi interessava ,se possibile ,avere delle info sulla tappa bologna pistoia,mi sto organizzando un viaggio da vicenza a Roma e volevo entrare in toscana da li per poi agganciare la francigena volevo fare piu sterrato possibile
al momento sto buttando le basi x il progetto ,mese previsto settembre
grazie franco
Ciao, complimenti per il giro, fatto per me in troppe poche tappe ( 170km al gg sono davvero proibitivi ), devono essere stati gran bei posti.
Per trovare il percorso integrale ci sono dei siti o delle cartine specifiche? è presente una segnaletica sul posto? Il giro mi “garba” parecchio e mi piacerebbe farlo qual’è il periodo migliore : tarda primavera-giugno e settembre -primi d’ottobre ?
grazie dei suggerimenti e delle dritte che potrai darmi .
alberto
una traccia gps???
Mi dispiace Stefano, ma non sono in possesso della traccia GPS. Come avrai letto la Guida del Monte sole bike contiene tutte le coordinate, può essere che loro siano in grado di fornirti la traccia. Ciao buone pedalate.
Sono reduce dal Viaggio Venezia Santa Maria Di Leuca: Raid dell’abbraccio, se vuoi visitare lo trovi su facebook, probabilmente pubblicherò la cronaca del viaggio.
A presto ciao
Nestore