Il 18 dicembre 1864 nasceva Luigi Masetti, cicloviaggiatore e scrittore dagli ideali anarchici. In occasione dei 150 anni dalla nascita ne ricordiamo le gesta in questo breve ritratto.
“Il ciclista era considerato un ribelle alle leggi dell’equilibrio, anche dal punto di vista sociale, come un nemico alla incolumità individuale, anche e soprattutto in senso traslato, come un temerario sovvertitore della pubblica quiete“.
(Manuale del ciclista – Hoepli – 1910)
Quell’appellativo con cui è conosciuto ancora oggi, “l’anarchico delle due ruote”, glielo diede l’allora direttore del Corriere della Sera Eugenio Torelli Viollier. Il 7 luglio del 1893 Luigi Masetti lo contattò per chiedergli una sponsorizzazione per il suo imminente viaggio in bicicletta Milano-Chicago, in vista della World Columbian Exposition, un’esposizione universale dedicata al 400esimo anniversario della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. E questi accettò di buon grado: «ci piacciono le imprese condite d’audacia e di bizzarria. Accettiamo la proposta…», gli rispose Torelli.
Masetti ci aveva visto lungo, e trovò così una formula vincente per vivere di ciò che lo appassionava: i viaggi in bicicletta, o “bicicletto“, come aveva ribattezzato il suo “Eolo”. Al Corriere della Sera infatti avrebbe inviato, in cambio del supporto economico, un reportage settimanale sul viaggio in corso. Una formula impiegata ancora oggi, sebbene il cicloturismo sia diventato un fenomeno più diffuso per cui trovare uno sponsor di quel calibro è un’impresa assai più ardua.
Ad ogni modo il viaggio andò bene, si concluse dopo due mesi e al suo arrivo Masetti fu ricevuto dall’allora presidente degli Stati Uniti Grover Cleveland.
Nato e cresciuto in Veneto, nel Polesine, Luigi Masetti si trasferì a Milano l’anno prima del viaggio negli States, nel 1892, all’età di 28 anni, giovane ma già appassionato velocipedista. E’ proprio dal capoluogo lombardo che partì, nello stesso anno, un’altra spedizione ciclistica, Milano-Europa, un tour di 3500 chilometri attraverso il Vecchio Continente, guidato da una mappa strappata da un atlante scolastico.
A questi due viaggi ne seguirono degli altri per tutto il decennio successivo: “dalle Alpi alle Piramidi”, un tour del 1897 che ripercorreva la via della campagna d’Egitto di Napoleone, una seconda spedizione europea in cui visitò la Grecia e i Balcani, e l’ultimo cicloviaggio che si ricordi di Masetti: 18 mila chilometri dal Marocco alla Norvegia, con ritorno in Turchia passando per la Russia, di cui rimase celebre il suo incontro e la successiva amicizia con lo scrittore Tolstoj.
Masetti fu il primo grande cicloviaggiatore italiano e maturò il suo credo politico grazie alla frequentazione del conterraneo Nicola Badaloni, dalle cui idee di eguaglianza e libertà rimase fortemente affascinato. Qualcuno crede che i viaggi in bicicletta del Masetti siano stati stimolati proprio dalla sua vocazione anarchica e internazionalista. In quegli anni la bicicletta era in realtà un mezzo oneroso e per lo più borghese, eppure capace di garantire ai suoi utilizzatori indipendenza e autonomia negli spostamenti come nessun altro mezzo dell’epoca: in altre parole, libertà.
In molti sostengono che alla figura di Luigi Masetti non sia stato attribuito il giusto riconoscimento: nel 1893 Il Ciclo, la rivista del Touring Club Ciclistico Italiano, scrisse di lui: «se fosse francese sarebbe portato sugli scudi – se fosse americano si sarebbe fatto una sostanza, ma è italiano, non è quindi da stupirsi, se fuor che da pochi il suo viaggio ardito è calcolato un nonnulla».
Una realtà non molto distante da quella odierna, dove cicloviaggiatori tedeschi e americani riescono a coronare il sogno di vivere viaggiando a pedali grazie al sostegno degli sponsor (vedi Claude Marthaler, Darren Alff, Tilmann Waldthaler, Friedel e Andrew Grant), mentre lo stesso non possono dire i colleghi italiani.
L’ultima testimonianza su Masetti, negli anni in cui si ritiene fosse ancora in vita, si deve alla penna del giornalista Ottone Brentari, che nel 1901 ne esaltò lo spirito avventuriero in un articolo apparso ancora sulle pagine della rivista del Touring Club.
Da questo momento non si hanno più tracce del cicloviaggiatore italiano, sulle cui circostanze di morte non si hanno notizie certe.
Morto a Milano il 22 maggio 1940. Riposa al Cimitero Maggiore.
Grande l’articolo, fonte d’ispirazione.
Forse si potrebbe scoprire che fina ha fatto…