Non passa settimana senza che uno dei grandi magazine di informazione su economia e imprenditorialità non se ne esca con un mantra che sembra inossidabile: cycling is the new golf.
Stando a quanto riportano i vari Economist, Business Insider, Reuters, etc. i manager di Stati Uniti e Gran Bretagna si stanno sempre più stufando del golf e iniziano a preferirvi la pratica del ciclismo.
Uno studio del 2013 realizzato da Sports Marketing Surveys, che da 17 anni esamina le abitudini dei giocatori di golf, evidenziava già la tendenza: il 20% di coloro che hanno abbandonato la pratica del golf nell’arco degli ultimi 24 mesi avrebbero lasciato le mazze e le palline in favore della bicicletta. Ma non solo: il numero di corsi di golf offerto negli USA è in netto declino da otto anni a questa parte, come sostiene la National Golf Foundation. E il crollo delle vendite di mazze e accessori per il golf ha portato lo scorso luglio al licenziamento degli oltre 500 istruttori di golf che negli USA come consulenti nei negozi di a Dick’s Sporting Goods Inc.
L’immagine del manager rampante che si aggira sul green in cerca di occupazione o di informazioni su fusioni, acquisizioni, sinergie o lanci di nuovi prodotti sembra quindi sempre più una cosa del passato, sorpassata ormai da un ambizioso e curioso professionista in tutina di lycra.
Una delle possibili motivazioni di questa tendenza è stata individuata da Peter McEvoy, amministratore e coinventore di PowerPlay Golf: “il golf costa troppo, richiede troppo tempo ed è difficile“, ma al di là delle motivazioni strettamente tecniche, una buona interpretazione viene offerta sulle colonne dell’Economist da Peter Murray, ex architetto e giornalista, attualmente organizzatore di Cycle to Cannes: “Quando giochi a golf con qualcuno, devi decidere se lo batterai o se ti lascerai battere. Se stai giocando con un cliente e decidi di perdere per facilitare la conclusione di un accordo, in fondo quello che stai facendo è imbrogliare la tua controparte e questo non mi sembra un buon modo per rapportarsi”.
In buona sostanza, quello che emerge dai vari resoconti delle diverse testate giornalistiche sembra essere la testimonianza del superamento dei vecchi schemi che tendevano a dipingere il mondo degli affari come un gioco a somma zero (uno vince e gli altri perdono), per lasciare il posto a situazioni win win, ovvero in cui tutti i soggetti in gioco possono approfittare e beneficiare da eventuali sinergie.
E il ciclismo, d’altronde, se praticato a livelli non agonistici, rappresenta l’esempio perfetto di come la sinergia di diversi soggetti possa dare vita a vantaggi per tutti: “lo schema di mangiare, pedalare, mangiare, arrivare, festeggiare, dormire e mangiare di nuovo sposta tutto l’accento sul pedalare in se e sul rapporto con i compagni di viaggio” sostiene Simon Mottram, amministratore delegato di Rapha, azienda di abbigliamento per bici.
Da una semplice pedalata in compagnia, infatti, si può scoprire molto di più della psicologia della propria controparte in affari di quanto non si possa fare durante un pranzo di lavoro di corsa o durante una birra consumata dopo il lavoro: “alcuni ciclisti sono molto individualisti, altri sono molto collaborativi, alcuni sono molto tattici, altri sono estremamente trasparenti. Ad alcuni non dispiace pedalare da soli, mentre altri si trovano maggiormente a proprio agio costruendo alleanze” sostiene Peter Murray e aggiunge “un giovane ciclista può pedalare assieme a un alto dirigente e sfruttarne la scia o viceversa, in uno scambio continuo di aiuto e favori. La relazione che si instaura in sella può influire notevolmente anche sui rapporti lontani dalla bici.”
Che il ciclismo sia sempre più in voga tra i dirigenti delle grande aziende, lo si può evincere anche dal panel degli iscritti all’ultima Maratona dles Dolomites in cui figuravano, tra gli altri, Corrado Sciolla (Presidente BT), Mario Greco (Generali), Alessandro Garrone (ERG), Rodolfo De Benedetti (CIR), Matteo Marzotto, Francesco Starace (AD Enel), Matteo Arcese (Arcese Trasporti), Alberto Sorbini (Enervit), Laura Colnaghi Calissoni (Carvico)
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