Copenhagenize o l’arte di esportare la ciclabilità

Sono le 8:30 del mattino di una giornata di sole a Copenhagen, una città come tante altre, in cui, come in tutte le altre città del pianeta, centinaia di migliaia persone si spostano verso il proprio posto di lavoro, verso la scuola o verso l’università per mettere in moto la propria giornata.


Nonostante l’ora di punta, tutti si muovono con estrema rapidità, come se all’improvviso qualcuno avesse trovato la formula magica per la gestione del traffico del mattino, il panta rei di Eraclito: tutto scorre. Meravigliosamente.

Copenhagenize-Index-2015-–-Copenhagen

Pedoni, ciclisti, automobili e mezzi pubblici si muovono in perfetta armonia, ciascuno nel proprio spazio e nel rispetto di quello altrui. Il motivo l’abbiamo già scoperto: l’amministrazione comunale da diversi decenni a questa parte ha puntato sulla bicicletta e sulla penalizzazione dell’uso dell’automobile per ottimizzare gli spazi a disposizione.

Leggi anche: Come e perché Copenhagen è diventata la capitale delle biciclette

Indurre la popolazione a utilizzare veicoli di dimensioni inferiori e ridurre le velocità significa aumentare la portata delle strade e, quindi, aumentare l’efficienza facendo di fatto scomparire il traffico, diminuire l’inquinamento atmosferico, etc.

Per tutta la durata della mia permanenza a Copenhagen non ho fatto altro che interrogarmi su come si possa esportare la cosa anche in Italia. Per trovare una risposta, ho chiesto di incontrare Mikael Colville-Andersen, il Willy Wonka della ciclabilità, il Mick Jagger del ciclourbanesimo.

Velo, Fahrrad

Mikael Coville-Andersen

Per i non addetti ai lavori, Mikael è un personaggio totalmente al di fuori degli schemi, un ex regista televisivo e fotografo,  totalmente privo di qualsivoglia competenza in materia di urbanesimo, ingegneria del traffico o architettura, ma che nell’arco di pochi anni ha creato e portato al successo una delle più importanti società di consulenza al mondo sul tema della gestione della mobilità urbana: Copenhagenize Design Co.

Copenhagenize sono quelli che hanno spiegato in un grafico a prova di imbecille come deve essere progettata la mobilità per liberare le città dal traffico e dall’incidentalità.

copenhagenize traffico

O come garantire la sicurezza di chi si muove in bicicletta in funzione della velocità sulle strade.

copenhagenize

Sono quelli che ogni due anni pubblicano il Copenhagenize World Index, una classifica mondiale delle città più ciclabili al mondo in cui, guarda un po’, non compare mai una città italiana.

Il nome dell’azienda già spiega tutto: la missione è quella di Copenaghenizzare il mondo, ovvero replicare il modello vincente della capitale danese nel resto del globo e a oggi sembra che la cosa stia funzionando.

Mikael ci riceve nel suo ufficio, uno spazio in coworking dall’aspetto spartano, ricavato in una zona un tempo dismessa della città e che oggi minaccia di diventare uno dei luoghi più trendy della capitale. Ha la faccia stropicciata e la voce profonda, sorseggia il suo caffè brodoso con avidità per aiutarlo a riprendersi da quelli che sembrano essere i postumi di una nottata impegnativa.

Che pretendi, d’altronde? Se ti aspetti di incontrare una rockstar in perfetta forma di prima mattina, forse hai sbagliato i conti.

Gli chiedo come sia riuscito a diventare l’icona mondiale del bicycle urbanism e lui parte da lontano, da quando, nel 2006, scattò per caso la foto di una ragazza vestita di tutto punto, ferma al semaforo e pronta a salire sui pedali.

Green Light Go - The Birth of Cycle Chic

La foto divenne virale e così nacque Cycle Chic, una raccolta di foto di bellezze che attraversano la città in sella alla propria bicicletta senza rinunciare a un abbigliamento ricercato e lontano dagli stereotipi del ciclismo.

La raccolta di foto divenne presto un blog (riconosciuto dal Times come uno dei 100 migliori blog del mondo e dal Guardian come uno dei 10 migliori fashion blogger) che portò alla creazione di altri 20 progetti analoghi su base territoriale dispersi in giro per il mondo e poi un libro che contribuì a dare sostanza e bellezza di Copenhagen, capitale mondiale della ciclabilità. La celebrità ottenuta lo portò a presentare il proprio blog in giro per il mondo dove si trovò a raccontare un modello di città diversa, fatta di bellezza e armonia che cercò di decodificare per condividere col mondo la ricetta per avere città migliori. Da qui nacque il blog Copenhagenize e poi l’azienda, per passare dalla teoria alla pratica.

Mentre si racconta, Mikael non manca di vantarsi della propria mancanza di formazione tecnica: il suo essere autodidatta gli ha permesso di rompere gli schemi e di dire tutto ciò che si dice da sempre in una lingua nuova, che mai era stata utilizzata prima, in grado di essere compresa dagli addetti ai lavori, che poi sono i decision maker, i politici che devono decidere come allocare i denari e gli spazi delle varie città. La sua ossessione sembra essere una sola, il design:

Anzi, no, oltre al design che vuole vedere applicato (giustamente) alle città, la sua altra ossessione è dettata dall’automobile che non esita a definire come “la più stupida invenzione dell’essere umano”. Sì, perché l’automobile è quell’oggetto che, inserito di prepotenza, in gran numero e in pochissimo tempo all’interno delle nostre città, ha finito per stravolgerle e a creare il problema del traffico a cui si è cercato di dare risposta allargando le strade, generando quindi ancora più traffico e rendendo inaccessibili le città a qualunque cosa che non fosse un’automobile.

Ed è sull’automobile e il suo futuro che lo lascio parlare a ruota libera:

Dopo aver parlato del futuro dell’auto è come se i tazzoni di caffè trangugiati durante la chiacchierata avessero finalmente fatto effetto su Mr. Copenhagenize: ha negli occhi la grinta dell’uomo che vuole cambiare il mondo e ha la ricetta per farlo. Gli chiedo quindi come sia possibile vincere la sfida con l’industria dell’automobile, Mikael non fa che ripetere che è tutta una questione di democratizzazione dello spazio, ma alla fine, è proprio l’industria dell’automotive che mette sul piatto ogni anno 44 miliardi di dollari da spendere in pubblicità per convincerci che le auto sono cosa buona e giusta. E la disparità di mezzi lascia spesso disarmato chi vuole promuovere modelli differenti di mobilità.


Ma per fortuna, non tutto è perduto e il cambiamento può arrivare: le città che stanno cambiando sono sempre più numerose e l’unica cosa che conta, come al solito, sembra essere la volontà politica. Insomma, citando il maestro Yoda: “Fare o non fare, non c’è provare”.

Nel corso dell’intervista non sono mancate parolacce e battute, come si conviene a una persona che va al sodo, che non ama perdersi in fronzoli o in convenevoli e talvolta sfocia nell’arroganza e nell’autocelebrazione, ma ci sta. Perché quando la passione si unisce al sapere e al saper fare, allora non c’è più nessun ostacolo che possa reggere ed è soprattutto sulla base di questi particolari che ce ne andiamo dal suo ufficio con una certezza: quest’uomo esporterà Copenhagen in tutto il mondo. È solo una questione di tempo.

Download dell’e-book

L’e-book “Copenaghen in bicicletta” è scaricabile
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copertina ebook Copenaghen in bici

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