Quest’estate, verso la fine di luglio, ho iniziato a elaborare il mio piano per una vacanza ciclo- turistica in solitaria. Chiunque abbia un minimo di allenamento ad un livello amatoriale, può intraprendere questo tipo di viaggio a tappe. Basta avere circa 15/20 giorni a disposizione, tanta passione e determinazione per pianificare delle vere e proprie tappe. Sono state dodici in totale quelle che ho percorso. Tappe nelle quali ho scalato alcuni dei passi più importanti e famosi del Tour de France e del Giro d’Italia.
Un giro a tappe in bicicletta da corsa, un’esperienza magnifica. Pedalare sui passi di montagna, da soli in mezzo alla natura, è come una metafora della vita, un’esperienza di conoscimento personale. Bisogna saper dosar bene le energie, per arrivare in cima alla montagna, se vuoi arrivare intero.
Quando sei li, solo con te stesso è il momento in cui ti senti davvero intero, sereno e vivo. Sai che puoi farcela, perché conosci le tue gambe, ma allo stesso tempo c’è sempre un momento in cui saltano fuori dei dubbi, soprattutto quando ti segni degli obiettivi sempre più ambiziosi ogni giorno che passi, o imprese che non hai mai fatto prima tipo 200 km con 4.800 metri di dislivello.
Durante quest’anno ho preparato “la gamba” iniziando a prepararmi da febbraio fino ad agosto, con circa 5.000 km di fondo. Due uscite a settimana (a volte tre, a volte solo una), dipendendo dagli obblighi del lavoro. Una media di 500 km al mese, 100/120km a settimana.
Alcune uscite lunghe per il fondo da 120/150 km, più uscite d’intensità 60/80 km, e uscite in scioltezza 40/60 km. Allenamenti che ancora ricordo, che ho interiorizzato, grazie al lavoro fatto molti anni fa con i miei allenatori, quando correvo. Senza watt, potenziometri e pulsazioni, usando solo il classico e semplicemente contachilometri e cercando di riconoscere i propri limiti e le proprie forze giorno dopo giorno, di settimana in settimana, mese dopo mese.
Oggi la tecnologia avanza in modo impressionante, e mi piacerebbe usarla, per capirne i benefici. Ma io per il momento uso solo il mio buon senso, l’esperienza di 6 anni di competizioni, il contachilometri e il telefono per registrare i risultati con Strava.
Tornando al “Tour de Mao” di seguito vi racconto la mia esperienza, in dieci tappe dal 12 agosto fino al 30 agosto 2017. Dieci tappe alternate con uno o due giorni di riposto, tra le alpi francesi e italiane, con spostamenti in furgone nei diversi paesi di partenza, dove dormivo, mangiavo e mi lavavo. Dieci tappe, 1.038 km totali, 28.333 metri di dislivello, 20,6 km/h di velocità media, 50 ore di pedalata.
Una vacanza ciclo-amatoriale low cost, che grazie alla libertà di viaggiare da solo e alla pianificazione previa, è risultata molto economica. Nonostante il 2.500 km percorsi in furgone tra autostrada e passi alpini, sono riuscito a trovare dei passeggeri quasi ad ogni viaggio, grazie all’applicazione Blablacar.
Le città e i paesi attraversati sono stati: Lleida, Barcellona, Montpellier, Carpentras, Malaucéne, Briançon, Monza, Lecco, Cassina, Bormio, Tonale, Landry, Grenoble, Sèchillienne, Huez, Perpignan, Barcellona, Lleida.
Stage 1 – Malaucène – Mont Ventoux – Sault – Mont Ventoux – Malaucène
Sabato 12 agosto 2017
La prima tappa prevista è stata dedicata al mitico Mont Ventoux, dai due versanti lo stesso giorno! 118 km di percorso previsti, con 3.634 metri di dislivello.
Partendo dal paese di Malaucène (323 m), sono 21,2 km di salita, 1535 metri di dislivello, con una pendenza media del 7,2%.
Dopo un chilometro e mezzo tranquillo al 5% si parte subito con una pendenza del 7% fino a secondo chilometro e mezzo. Da qui in poi la pendenza media è tra il 7% e il 9% fino al quarto chilometro. Dopo i primi quattro chilometri di riscaldamento, dove possiamo capire se è la nostra giornata o no, c’è un tratto più tranquillo al 4% o 5%. In questa prima parte mi trovo abbastanza bene e vado avanti con un buon ritmo. Non trovo tanti ciclisti, ma alcuni che incontro salendo, li riesco a passare agevolmente. Poi dal sesto al settimo chilometro, iniziano alcune rampe con delle pendenze più dure, tra il 10% e il 15%. Poi per quasi due chilometri si entra in una parte più tranquilla, fino al nono chilometro.
Da qui in poi per circa cinque chilometri, il Mont Ventoux si fa sentire di nuovo, con delle rampe tra il 10% e il 12% fino al quattordicesimo km circa. Qui la strada si addolcisce fino a spianare per circa due chilometri, quando dopo un tornante iniziano gli ultimi sette chilometri, con delle rampe ancora oltre il 10% e gli ultimi quattro chilometri con una media dell’8%. Bisogna pedalare su delle rampe ancora belle dure all’11% o al 12% circa, fino alle ultime curve dove la strada si addolciscono ancora un po’. Dopo l’ultima curva, c’è un’ultima rampa che porta in vetta, sotto alla mitica antenna delle telecomunicazioni che domina il panorama.
Dopo una breve pausa in cima al Venotux, a 1.909 m.s.l.m., scendo dall’altro versante, prendendo il bivio verso Sault, la strada verso sinistra al “Chalet Reynard”, un bar pieno di ciclisti e motociclisti. La discesa è abbastanza veloce e piacevole fino in paese a 680 m. Appena usciti da Sault, inizio subito un tratto di salita di circa sette chilometri (terza categoria), il Col N-D de Abeilles a 996 m, in direzione Flassan. Poi di nuovo in discesa fino al paese di Flassan, dove poco dopo trovo di nuovo il bivio per il Mont Ventoux.
In una giornata del genere, con due salite così lunghe e molto importante riposare bene la notte anteriore, fare una buona colazione e alimentarsi correttamente durante la pedalata. In questa prima giornata di pedalata, ho affrontato il primo versante da Malaucéne, abbastanza bene, con una VAM (Velocità Ascensione Media) di 816, ossia i metri di dislivello percorsi in un’ora.
Nonostante questo oggi ho fatto un errore grossolano. Sono partito tardi (9:42 del mattino), e mi sono portato dietro poco cibo. Quindi mi sono ritrovato all’inizio del secondo Ventoux, dal versante di Bedoin che è anche più duro, senza forze, dopo aver allungato la tappa, essendo passando da Sault! La crisi di fame si è vista riflessa anche nei valori della VAM, abbastanza inferiore a quella del mattino 593. La crisi è anche aumentata a causa del caldo eccessivo dovuto alle ore centrali della giornata, dalle 14 fino alle 16 circa, due ore per affrontare il sedici chilometri di salita. La salita da questo versante, dopo i primi 7 km abbastanza agevoli, diventa molto più impegnativa per 9 km, che salgono a una media del 9%, con delle brevi rampe al 12% o 15%. Arrivato pian piano al bivio del chalet, a circa 7 chilometri dalla vetta, mi sono fermato a rifocillarmi, con un bevanda gassata ricca di zuccheri, e un panino con del prosciutto e del formaggio.
Dopo un caffè e un po’ una mezz’ora di recupero, sono ripartito con la convinzione giusta per arrivare in cima, gestendo bene le energie rimaste. Per fortuna gli ultimi sette chilometri, sono meno duri dei quelli lasciati alle spalle, ma comunque sono ad una media dell’8%, con i primi due chilometri tra il 5% e il 6%, e i successivi cinque, a 7/8% con delle rampe, al 10% negli ultimi due chilometri, proprio passando davanti al monumento in ricordo di Tom Simpson.
Riassumendo, il Mont Ventoux dal versante di Bedoin, sono 22,7 km di salita, 1.622 metri di dislivello, con una pendenza media del 7,1%.
Maurizio sul Mount Ventoux ulitmo km a tutta da Malaucène.
Stage 2 – Briançon – Savines-le-Lac – Barcelonnette – Col de Vars – Col d’Izoard – Briançon
Lunedì 14 agosto 2017
La seconda tappa del tour, è la più lunga, 208 km, con 4.896 metri di dislivello e due passi il Col de Vars (1° cat) e il Col de l’Izoard (HC).
Ho tracciato lo stesso percorso della diciottesima tappa del Tour de France del 2017. Non avevo mai percorso così tanti chilometri in un solo giorno, con tanti metri di dislivello. Molti dubbi e preoccupazioni all’inizio della giornata, aumentati anche grazie ad alcuni fastidi e dolori alle gambe, che risentivano ancora gli sforzi del Ventoux. I primi 50/60 km sono stati decisivi.
Scendendo a valle da punto di partenza, Briançon, verso Saint Martin de Queyrières, ho raggiunto due francesi che andavano verso il Col de l’Izoard, passando dal bivio di Guillestre. Quello era il punto intermedio, dove potevo cambiare il percorso pianificato, e accorciare il giro di almeno 120 km, o continuare con il mio piano.
Ho scelto di continuare, ho acceso il “pilota automatico” con una velocità costante, pedalando agile e con un rapporto leggero, con una buona cadenza senza affaticare le gambe inutilmente, e pian piano sono arrivato fino sotto al primo passo di giornata, oggi si, alimentandomi bene, e facendo solo piccole soste per bisogni fisiologici. Fin sotto al “Col de Vars”, con già 120 chilometri nelle gambe, ci sono arrivato abbastanza fresco!
A colazione, alle 8 del mattino, ho mangiato delle fette biscottate con la marmellata, del tè con il latte di riso, e un piatto di spaghetti in bianco. Nella borsa sul manubrio e nelle tasche della maglia, mi sono portato dietro: un panino con il prosciutto cotto e formaggio, 4 barrette di cereali e frutta, 2 barrette frutta e zuccheri e due gel. Circa ogni 30/40 km ho mangiata una barretta. Poi prima di iniziare il Col de Vars, ho fatto una piccola sosta zuccheri per bere una cola.
Il Col de Vars è una salita di 14,2 km, con 798 metri di dislivello, con una pendenza media del 5,7%. Fino al quinto chilometro è molto dolce, 4% o 5%. Al sesto chilometro la strada diventa più ripida per 500 metri, con una rampa al 10%, e poi di nuovo si addolcisce. Passato il nono chilometro è quando la salita si fa seria, con una rampa all’8% e poi una pendenza media del 10% fino all’undicesimo chilometro. Gli ultimi tre chilometri sono tra il 7% e il 9%.
In cima al Col de Vars, ho fatto una pausa di circa 15/20 minuti per mangiare il panino che mi ero preparato, e bere un’altra cola, ricca di zuccheri. Devo dire che sono riuscito a disificare lo sforzo abbastanza bene, e pedalare, senza esagerare, ad un buon ritmo. Stava mi ha registrato una VAM di 674.
E poi giù freestyle in discesa, come mi piace!
Il Col de l’Izoard l’ho affrontato leggermente più deciso. Strava mi ha registrato una VAM di 700. Ho pedalato per i suoi 14 chilometri dal bivio del Colle dell’Agnello, in 1 ora e diciannove minuti. Questo si, ho sofferto un po’ di più rispetto alla salita precedente, vuoi per i chilometri già pedalati, 160 km all’inizio della salita, vuoi per l’altitudine e quindi la maggior difficoltà ad ossigenare bene, vuoi per un leggero raffreddore. Comunque sono riuscito ad arrivare in cima anche a questa salita che ha una media del 7%, ma con delle rampe del 10% tra il settimo e l’ottavo chilometro. Dal nono al tredicesimo chilometro ci sono 4 tornanti in mezzo al bosco ben tosti, che salgono costanti al 9%. Poi un piccolo respiro con la classica discesa prima di arrivare in cima, e gli ultimi due chilometri con una prima rampa al 12% e due tornanti, tra il 9% e i 6%.
Breve sosta, per scattare una foto e coprirmi e poi giù in discesa! Freestyle e velocità massima presa in bicicletta, 100km/h!
Strava ha registrato un tempo di 23 minuti e 25 secondi, per coprire i 18km di discesa del versante verso Briançon. È solo un 215° posto in assoluto, ma per il momento batto Romain Bardet ;).
Maurizio sul Col de Vars, ultimo km.
Biografia biciclista
Maurizio Sartori, chiamato dai suoi amici e parenti semplicemente Mao, è un designer trasferito in Catalunya dal 2006, quando durante l’Erasmus si è innamorato di Barcellona e ha deciso di rimanerci. Da giovane, insieme al fratello Marcello e alla sorella Eleonora hanno realizzato ogni tipo di sport, grazie all’aiuto di mamma Beatrice e papà Mario. Atletica, nuoto, sci, bicicletta, arrampicata, ecc. tutto a livello giovanile, con gruppi sportivi, nella scuola o semplicemente per divertimento, ma per crescere sani e forti.
Con la bici Maurizio, insieme a suo fratello soprattutto, e alcuni amici, fanno scorribande ovunque, ogni estate sulle prelati lecchesi, dove con la famiglia andavano a trascorrere l’estate ogni anno. A tredici anni inizia con l’agonismo con le prime gare ufficiali.
Dai 13 anni ai 16 anni, si dedica solo alla mountain-bike, dai 16 ai 19 anni, anche al ciclismo su strada e al ciclocross. In sei anni di allenamenti e gare, ottiene alcune vittorie in MTB, il Campionato provinciale di Milano di Ciclocross e il Trofeo Lombardia di Ciclocross, viene ingaggiato come rappresentate della Lombardia agli italiani di MTB, e di Ciclocross.
Su strada l’ambiente è più competitivo. Ottiene solo alcuni piazzamenti. Un secondo e un terzo posto e alcuni piazzamenti di prestigio, nei primi dieci classificati, in alcune gare d’importanza internazionale. A 20 anni, con una gran voglia di vivere una vita normale è stanco dell’agonismo, abbandona le competizioni. Per quasi 10 anni non tocca più bicicletta. A 28 anni riprende la bici per tenersi in forma, e a 31 anni, quando suo padre muore improvvisamente, si rimette a pedalare in suo onore, essendo anche lui un grande cicloamatore. Ogni settimana pedala con la bici che suo papà gli ha lasciato.