Marco Scarponi: “La scelta è fra la vita e la morte”
Eccola, la voce a cui non viene data mai voce; il volto che non riceve mai sguardi; la vittima che non viene mai riconosciuta.
Marco Scarponi, “fratello senza fratello” di Michele Scarponi, ciclista professionista morto sull’ambiente di lavoro più pericoloso di tutti: la strada. Marco è diventato un “esperto del dolore”, un dolore che non ha spazio né voce nella società, non ha assistenza da parte dello Stato: quello che colpisce i parenti di chi viene ucciso sulla strada.
I numeri: 37.542 morti sulle strade negli ultimi 10 anni; 2,7 milioni di feriti, fra gravi e “leggeri”.
Tenere conto dei numeri è importante: aiuta a capire se stiamo lavorando bene o no.
Ma gli esseri umani non sono fatti per comprendere veramente i numeri, entità troppo astratte. Dobbiamo ricordarci che dietro a quei numeri ci sono altri esseri umani. Padri, madri, figli, sorelle, fratelli, nipoti.
Ed ecco che, come dice ancora Marco Scarponi: “le scelte fra fare un parcheggio o una pista ciclabile; fra fare una zona 30 o no; fra mettere autovelox o no… diventano scelte di vita o di morte“.
Nel caso della famiglia Scarponi il dolore è riuscito in parte a trasformarsi, e sta diventando speranza per altre persone, grazie alla fondazione Michele Scarponi.
Nel logo della fondazione, Michele è fermo sulla strada ad aspettare. Questa volta non aspetta Vincenzo Nibali per aiutarlo a vincere il Giro d’Italia, rinunciando alle proprie chance di vittoria. Aspetta tutti noi, per aiutarci a diventare “campioni di civiltà”.
Tutti noi: i decisori politici e i tecnici sono chiamati a scegliere la vita mettendo in atto quelle misure già note, già usate in Europa, a costi bassi, efficaci, con ricadute positivi sulla salute e sull’economia. E noi siamo chiamati a scegliere la vita quando ci spostiamo.
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