L’obbligo del casco in bici e quel presunto senso di sicurezza
Premessa necessaria: questo non è un articolo contro l’uso del casco in bicicletta, ma contro l’introduzione dell’obbligo di indossarlo come presidio di sicurezza stradale. Perché il casco obbligatorio per chi pedala rappresenta una risposta parziale e sbagliata a una richiesta impellente e sacrosanta, quella di rendere le strade più sicure per chi le percorre in bici. So bene di affrontare un argomento delicato, ma so altrettanto bene che se non lo facessi lascerei campo libero all’opinionismo diffuso di chi si basa sull’equazione “casco = sicurezza” e non vuole sentire ragioni, o meglio: non prende neanche in considerazione l’idea che la realtà possa essere un filo più complessa di come appare ai suoi occhi.
Il tema è molto dibattuto: qui su Bikeitalia abbiamo trattato più volte la questione “casco in bici” e non ci siamo mai tirati indietro nel manifestare il nostro pensiero né nel rispondere alle inevitabili critiche, anche aspre, da parte dei lettori. La mia posizione sul casco in bici è: no all’obbligo e sì alla libertà di scelta d’indossarlo, o meno, da parte di chi pedala. Ma soprattutto quello che mi preme sottolineare è che considerare il casco come la panacea di tutti i mali, che rende il ciclista più sicuro in assoluto, è un falso mito che non contribuisce a risolvere il problema dei ciclisti investiti e uccisi sulle strade.
Per cercare di spiegarlo in modo semplice faccio mie le parole che ha pronunciato Alessandro Tursi, vicepresidente di Fiab e vicepresidente dell’ECF (European Cyclists’ Federation), al recente convegno “Sicuri in città – Interventi per una mobilità a misura di persona” organizzato presso la Sala della Regina a Montecitorio:
La realtà può essere, come in effetti spesso è, controintuitiva: se guardiamo il Sole che sorge e tramonta possiamo pensare che giri intorno alla Terra, quando invece accade esattamente il contrario. Un altro aspetto che non si riesce a vedere se ci si focalizza solo sul casco è che i vantaggi connessi a un uso libero ed illimitato delle bici, ivi comprese quelle del bike sharing a flusso libero che stanno prendendo piede anche in tante nostre città, potrebbero venire meno se esistesse l’obbligo di indossare il casco. E la diminuzione delle bici, private e in condivisione, in circolazione porterebbe con sé anche un aumento della sedentarietà nella popolazione con conseguenze negative per la società.
Come sottolinea una recente video-inchiesta del Guardian intitolata “Perché costringere i ciclisti a indossare il casco non salverà vite”, il tema del casco in bici è molto più articolato di quanto non appaia:
In Italia amiamo distinguerci dalle nazioni ciclisticamente avanzate e, come era già accaduto nella passata legislatura, anche in questa c’è stato qualcuno che ha deciso di legare il proprio nome a una proposta di legge per l’introduzione del casco obbligatorio: ma il deputato della Lega Alberto Gusmeroli dimentica – o forse non sa – che per aumentare la sicurezza di chi pedala bisognerebbe incrementare il numero di bici sulle strade (la cosiddetta safety in numbers) e questo provvedimento andrebbe esattamente nella direzione opposta.
Anche la Fiab, Federazione Italiana Amici della Bicicletta, ha precisato in più occasioni che l’obbligatorietà del casco avrebbe un effetto boomerang sulla ciclabilità in generale: continuare a insistere focalizzando l’attenzione sulla sicurezza passiva di chi pedala e non su azioni per rallentare la velocità dei mezzi a motore e rendere gli incroci più sicuri per i ciclisti – e di conseguenza per tutti – non rende un buon servizio alla causa.
Dal momento che il tema è complesso e controverso, collegare gli incidenti in bicicletta con il mancato uso del casco, come fanno molti operatori dell’informazione, è un’operazione metodologicamente scorretta che tende a suggestionare l’opinione pubblica. Forse non tutti sanno che il casco della bici, proprio per le sue caratteristiche intrinseche di costruzione e leggerezza, ha un discreto grado di protezione per le cadute accidentali a basse velocità ma il suo potere protettivo in caso di impatto ad alta velocità con un veicolo a motore è molto ridotto, quando non ininfluente. Purtroppo le cronache sono piene di notizie di ciclisti che – sebbene indossassero il casco – sono stati ugualmente investiti e uccisi da chi era alla guida di un mezzo a motore: si tratta pur sempre di un involucro di materiale plastico che pesa poche centinaia di grammi, non di un presidio salvavita.
Ormai “ma tu non indossi il casco” è diventato anche un alibi, il mantra che capita di sentire in diverse occasioni: lo dice l’automobilista che ti taglia la strada e non trova una scusa per giustificarsi quando lo riprendi al semaforo successivo; lo sbuffa chi parcheggia in doppia fila “un attimino” con le quattro frecce mentre tu glielo fai notare scartandolo a sinistra e passandogli accanto pedalando; lo scrive anche qualche giornalista – spesso di motori – nel maldestro tentativo di equiparare questa “mancanza” con quella della cintura di sicurezza in auto.
Il presunto senso di sicurezza che avrebbe l’introduzione del casco obbligatorio è puramente illusorio: chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui avrà approfondito il tema e si sarà fatto qualche domanda in più, magari mettendo in discussione le sue convinzioni. La sicurezza stradale di chi pedala è un tema che mi sta troppo a cuore per lasciarlo in balìa dell’opinione di chi crede che con il casco in testa i ciclisti siano pressoché invulnerabili mentre chi non lo indossa tutto sommato se la va a cercare. Questa è l’unica certezza che ho al riguardo.
Affermare che il casco sia meglio non averlo!!! Oppure affermare che è quasi totalmente inutile o ancora sperare che siano sempre altri a dover pensare alla mia sicurezza è come affermare che la Terra è piatta convinti di aver ragione.
Ricordiamoci che basta un niente per poi sentir dire: “Se avesse avuto il casco sarebbe ancora tra noi”.
Sono assolutamente d’accordo con l’autore dell’articolo , nel senso che sicuramente il casco non sia completamente inutile ma che la protezione che possa dare al ciclista sia molto ridotta. Non dobbiamo dimenticare che il ciclismo è diventato un business importante dove i praticanti sono una facilissima prede del commercio dove gadget, vestiti ed attrezzatura ormai hanno raggiunto prezzi altissimi e numeri di vendita che 25 anni nessuno avrebbe immaginato; caschi da 200 e passa euro sono un bel esempio! Il casco è un semplice stampato in polistirolo con finitura in plastica e non sarà mai in grado di proteggerci in situazioni diversi di una semplice caduta a bassa velocità (@PierP80: non solo il mezzo motorizzato raggiunge velocità contenute, anche una caduta a 40 km/h basta per spaccare un pezzo di plastica). La vera sicurezza per tutti, non solo per i ciclisti, dovrebbe essere prima di tutto realizzato da l’educazione e la formazione della gente; Il 90% degli automobilisti Italiani non sa che il ciclista abbia il diritto di fare il sorpasso a destra, non capiscono che non devono sorpassare un ciclista in discesa a 50 metri di un tornante, non capiscono che un ciclista che facilmente raggiunge una velocità media tra i 25 e 35 km/h non può andare su una pista ciclabile che in molto casi è tenuta male e occupata da pedoni . E con qui si arriva ad un’altro punto di domanda: ‘chi è stato il genio ad inventare la sciocchezza della pista ‘CICLO-PEDONABILE’ ??? E’ come consentire ai trattori di andare in autostrada! Per ritornare al casco… il casco ormai è obbligatorio nelle gare ciclistiche. Tuttavia da quando sono obbligatori ci sono stati più morti in gara rispetto a prima! Ciò non vuole dire che il casco sia completamente inutile ma vuole dire tutto su come le situazioni sono cambiate; in gara o nel traffico odierno, ugualmente, c’è più caos, più aggressività, più egoismo, più maleducazione….La sicurezza deve in primis partire da noi, Ciclisti, automobilisti e pedoni, da tutti!
Le chiacchiere stanno a zero, non siamo un paese civile dove se un ciclista non ha il casco l’automobilista fa più attenzione. Eppoi quando cadi in terra allo spigolo del marciapiede non interessano le statistiche.
Le chiacchiere stanno a zero: nell’articolo viene compiutamente spiegato perché.
La sicurezza in bici passa anche per l’uso del casco, come espresso in commenti motivati precedenti al mio, ma la sicurezza dei ciclisti passa anche nelle infrastrutture e nel rispetto delle norme. Vorrei in parlamento-regione-comune un progetto di legge sullo sviluppo della mobilità ciclabile che stimoli e faciliti la creazione di bike lane dedicate, bike sharing, parcheggi bici sicuri, bike-to-work e bike-to-school, zone 30, doppio senso di circolazione su strade a senso unico per le auto e l’obbligo del casco in bici. Questa è sicurezza, non provvedimenti fatti per “dispetto”. Grazie all’autore dell’articolo per le argomentazioni interessanti e ad alcuni commentatori che hanno portato motivazioni molto chiare sull’utilità del casco. Poi invito tutti noi a riflettere che siamo dalla stessa parte e non dobbiamo dimenticarcelo “litigando” un pochino tra noi. Il nostro obiettivo deve essere fare pressione per migliorare la quotidianità e la sicurezza dei ciclisti e sostenete tutte le iniziative in questo senso, con attenzione alle proposte meramente strumentali come quella di cui si parla nell’articolo che partendo da presupposti corretti (l’uso del casco aumenta la protezione in caso di impatto) non hanno nulla a che vedere con la salvaguardia e lo sciluppo della mobilità ciclabile
Il casco per la bici, così come per la cintura di sicurezza della macchina o il casco in moto sono misure di sicurezza, l’incidente stradale può avvenire in mille modi diversi, puoi cadere a 50 km/h senza farti nulla e ti puoi ammazzare da fermo. Ovvio che non sono misure assolute, se hai la cintura e guidi guardando lo smartphone rischi comunque di farti male. L’educazione alla guida sicura per te e per gli altri deve esserci a prescindere. Quando il casco per la moto e motorini e la cintura in macchina divennero obbligatori (o ci furono sanzioni più severe) tutti ebbero a dire “no non è giusto”, ma dal giorno dopo tutti in regola e morti sulle strade diminuiti. Tutti liberi di suicidarsi, ma con sanzioni e obblighi vedi come si cambia opinione. Casco obbligatorio.
Dimesso ieri dall’ospedale con una concussione e un po’ ammaccato. Casco crepato attraverso tutto il suo spessore in molti punti. Quelle crepe avrei potuto averle io nel cranio se non lo avessi indossato come sempre faccio senza aspettare che ci sia una legge ad impormelo.