L’Europa sembra aver capito che il cicloturismo e il pendolarismo in bicicletta sono aspetti importanti su cui investire e che per farlo il binomio bici+treno all’insegna dell’intermodalità è inscindibile: il 9 ottobre scorso i componenti del Comitato dei trasporti e del turismo (TRAN) del Parlamento europeo hanno votato a favore della proposta di introdurre un minimo di 8 posti bici su tutti i treni europei, nuovi e ristrutturati, inclusi quelli ad Alta Velocità. Si tratta di un’iniziativa legislativa ancora in fase embrionale che necessita di ulteriori passaggi prima di diventare vincolante per imprimere realmente una svolta nel trasporto bici sui treni circolanti nell’Unione europea.
Dopo che la proposta avrà ricevuto il sostegno nella sessione plenaria del Parlamento europeo potrà diventare la posizione ufficiale dell’Ue nel confronto con i diversi Stati membri: la novità, qualora venisse recepita in tempi ragionevolmente brevi, non avrà effetto immediato perché le migliorie da apportare al materiale rotabile e l’implementazione di ulteriori posti bici prevedono una serie di operazioni tecniche e ci sarà un tempo massimo di due anni dopo l’entrata in vigore del nuovo regolamento per soddisfare le richieste all’insegna dell’intermodalità soprattutto in chiave cicloturistica, ma anche per il commuting quotidiano dei cicloferropendolari.
I contenuti della proposta votata dalla TRAN segnano un punto di svolta rispetto alla situazione attuale: si specifica che i passeggeri hanno diritto a trasportare le biciclette a bordo del treno “compresi i servizi ad alta velocità”, a lunga distanza, transfrontalieri e locali. Su qualsiasi tipo di treno trasportare la bici sarà un diritto: anche sull’Alta Velocità dove, come ben sappiamo in Italia, portare la propria bici al seguito può rivelarsi un’impresa a meno che non si tratti di una pieghevole, perché va smontata e imbustata per dare meno “fastidio” possibile agli altri viaggiatori.
Un secondo aspetto riguarda la transizione verso la novità che richiederà fino a 24 mesi per entrare a regime: viene specificato infatti che “tutti i materiali rotabili passeggeri nuovi o ricondizionati devono, al più tardi due anni dopo l’entrata in vigore del regolamento, includere uno spazio appositamente indicato per il trasporto di biciclette assemblate, con un minimo di 8 spazi”. Otto posti bici vengono indicati come il “minimo sindacale” per ogni treno, inclusi quelli ad Alta Velocità che non avranno più scuse per non trasportare biciclette assemblate per mancanza di appositi spazi: un piccolo passo per l’intermodalità, un balzo in avanti fondamentale per il ciclopendolarismo visto che viaggiare con la propria due ruote al seguito consentirà di spostarsi velocemente con meno stress e senza smontare neanche la ruota anteriore.
Un ulteriore passo verso l’integrazione sempre più stretta bici/treno è contenuto anche in un altro passaggio della proposta, precisamente nel punto in cui si specifica che “le imprese ferroviarie, i venditori di biglietti, gli operatori turistici e, se del caso, i gestori delle stazioni, informano i passeggeri, al più tardi al momento dell’acquisto del biglietto, delle condizioni per il trasporto di biciclette su tutti i servizi conformemente al regolamento (UE) n. 454/2011”. Si tratta di un netto miglioramento rispetto all’attuale formulazione del regolamento Ue sul tema, risalente al 2007, in cui si stabiliscono soltanto le condizioni di trasporti bici sui treni ma le imprese non sono incoraggiate né tenute ad attuare misure per combinare queste modalità, con il risultato che per molti collegamenti ferroviari europei non esiste alcuna disposizione per il trasporto di bici assemblate.
La proposta di almeno otto posti bici su tutti i treni europei è stata accolta molto positivamente da Alessandro Tursi, vicepresidente ECF e vicepresidente FIAB: “L’alleanza bici+trasporto pubblico in generale, e in particolare quella bici+treno, sono la chiave per l’indispensabile riconversione del trasporto persone. L’imbattibile velocità del treno per andare dal centro di una città al centro di un’altra, unita alla competitività della bicicletta in ambito urbano, potranno in prospettiva ridimensionare il ruolo dell’auto a complementare e non più di dominio assoluto come accade oggi in diverse zone d’Europa, in particolare in Italia dove il numero di auto per abitante è abnorme”.
In Italia il recepimento di questo regolamento porterebbe a un netto cambio di paradigma rispetto alla situazione attuale che presenta numerose criticità e penalizzazioni per chi vuole viaggiare con la propria bici montata al seguito: avete mai provato a viaggiare da Roma a Milano portando una bici non pieghevole con voi? È possibile farlo solo utilizzando treni Regionali e bisogna cambiare comunque almeno una volta a Pisa perché non esiste un collegamento diretto, con il risultato che il viaggio dura circa 9 ore e costa circa 45 euro (salvo ritardi). Mentre invece con l’Alta Velocità ci si impiegano meno di 3 ore e – prenotando con un po’ di anticipo – si riescono a trovare biglietti a partire da 9,90 euro o comunque a prezzi inferiori rispetto al Regionale. Però sull’AV la bici intera non te la fanno salire.
In Italia in alcune Regioni – come ad esempio Puglia e Abruzzo – non si paga il supplemento bici, in altre sì: anche per quanto riguarda l’abbonamento mensile esistono differenze di prezzo, nonostante la battaglia di qualche anno fa di Sara Poluzzi che caparbiamente riuscì a far ripristinare il titolo in Emilia-Romagna a prezzo dimezzato e chiese che venisse istituito un abbonamento uguale su tutto il territorio nazionale. Ma noi siamo il Paese in cui chi viaggia con la propria bici al seguito, magari con le borse sul portapacchi, non sa ancora dove sarà posizionata la carrozza-bici (in testa o in coda?) perché nessuno glielo dice e deve scoprirlo direttamente al binario, correndo da una parte all’altra con il rischio di non riuscire a salire (a quanti di voi è capitato?).
Non possiamo perdere il treno dell’intermodalità servito da questo bell’assist degli 8 spazi bici su tutti i treni, anche se la strada sarà ancora lunga e in salita. Perché oggi, in Italia, anche sui Treni Regionali adibiti al trasporto bici, quando finisce lo spazio sui pochi ganci bisogna arrangiarsi alla bell’e meglio e sperare nel buon cuore del capotreno che può anche legittimamente lasciarti a terra, perché capita anche questo.
Il treno dell’intermodalità, con il suo carico di novità per favorire gli spostamenti multimodali della bici in relazione con altri mezzi, sta passando proprio ora che i cambiamenti climatici ci impongono di ripensare radicalmente il nostro modo di spostarci, inquinando sempre meno: per questo non possiamo permetterci il lusso di perderlo.
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