Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese: un’opera strategica, ma la Regione Puglia la vuole?

Da tempo seguiamo le vicende legate alla Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, uno dei più bei percorsi entrati a far parte della rete nazionale delle ciclovie turistiche grazie alla Legge 2/2018. Dopo qualche ritardo iniziale e vari rimbalzi di responsabilità tra le Regioni interessate dall’iniziativa sembra che la strada per vedere la ciclovia aperta e utilizzabile sia ancora molto in salita.

Il Coordinamento dal Basso per la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, Comitato di liberi cittadini che ormai da anni sta seguendo e promuovendo il tracciato, si ritiene deluso e amareggiato per come stanno procedendo le fasi progettuali, definendo le Regioni inadeguate a gestire un progetto di tale portata, invocando un intervento dei Ministeri interessati con un coinvolgimento diretto degli amministratori locali.

Il progetto di fattibilità tecnico-economica, necessario per ottenere i successivi finanziamenti ministeriali per la realizzazione dell’opera e già approvato dalla Conferenza dei Servizi, appare come una clamorosa occasione mancata per il rilancio e la valorizzazione del territorio. 

Secondo il Coordinamento dal Basso “Il progetto della prima ciclovia turistica nazionale del Mezzogiorno, di cui la Regione Puglia è capofila, tradisce l’assenza di una visione strategica e paga la scelta dello “spezzatino”, con il tronco progettato da Acquedotto Pugliese SpA lungo il Canale Principale, la via verde già esistente e cuore dell’intero itinerario, che risulta davvero di basso profilo.”

Sempre secondo i volontari “si è agito come se si trattasse di costruire una stradina come un’altra, ignorando la valenza storica dell’opera su cui insiste la ciclovia e le potenzialità della nuova infrastruttura quale volano per lo sviluppo delle aree interne della Regione che proprio sul rilancio di un modello di turismo sostenibile possono fondare le proprie speranze di riscatto. Un segnale ulteriore del disimpegno e della mancanza di volontà da parte di Acquedotto Pugliese SpA, che continua a non investire e a non credere nel progetto.”

Il problema principale avanzato dal Comitato dal Basso è rappresentato dalla scelta delle Regioni di procedere per uno spacchettamento in 4 distinti progetti gestiti da 4 diversi soggetti attuatori, complicando gli iter procedurali e allungando i tempi di esecuzione, facendo venir meno l’organicità e l’uniformità necessarie per la progettazione di un’infrastruttura che potrebbe divenire strategica.
La suddivisione oltretutto, mette a rischio l’intero progetto, con Campania e Basilicata che non hanno ancora completato la progettazione e men che meno avviato alcuna forma di condivisione delle scelte progettuali.

Ulteriori preoccupazioni riguardano la totale assenza di una visione d’insieme che valorizzi l’archeologia industriale presente nell’area, pare infatti che i progettisti abbiano considerato il tracciato come il mero progetto di una stradina qualsiasi e non di una ciclovia turistica nazionale. A questo si aggiunge la volontà dei tecnici di non voler utilizzare la pavimentazione esistente ma di puntare a un completo rifacimento con materiali ritenuti non idonei e che non valorizzerebbe lo storico fondo stradale.

Tuttavia, grazie alla collaborazione con il Coordinamento dal Basso e al processo di progettazione partecipata, il progetto del tronco Sud curato dalla Regione Puglia, da Villa Castelli a Leuca, appare di buona qualità, segno che ottenere un prodotto di qualità è possibile, e lo si fa coinvolgendo i cittadini e i territori. 

Per tentare di cambiare rotta appare indispensabile una presa di posizione da parte dei Ministeri competenti (Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero per i Beni Culturali), per incalzare la Regione Puglia e i dirigenti incaricati di portare avanti il progetto.

L’apparente disaffezione al progetto da parte di Regione Puglia (quella che dovrebbe essere ente capofila tra le tre Regioni interessate) è inspiegabile e soprattutto non consente di procedere a ritmi spediti, considerando che buona parte dell’infrastruttura e del percorso sarebbero già oggi percorribili.

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