“L’unica cosa da fare è armarsi di bastoncino e togliere il fango che mi impedisce di andare avanti. Così nella vita, ogni tanto dobbiamo rallentare, fermarci e togliere pazientemente quel fango, quelle situazioni che ci tengono invischiati in una situazione spiacevole e che ci fanno procedere a fatica”.

Valentina Brunet nasce il 5 luglio 1985 a Primiero, in provincia di Trento.
Ha una passione per le lingue, l’uncinetto e – lo scoprirà viaggiando – la bicicletta.
Dopo un periodo in Australia, nel gennaio del 2017 decide di volare in Giappone, a caccia di primavera, per ammirare la tanto sognata fioritura dei ciliegi. Da Tokyo si muoverà in autostop. Poi prenderà un volo per Taiwan e anche lì si muoverà in autostop. Un giorno le viene voglia di andare al mare, ma ogni autobus che prende per recarvisi si rivela quello sbagliato, così decide di noleggiare una bicicletta. ”È incredibile come una difficoltà possa trasformarsi in un’occasione eccezionale”, scriverà Valentina. Il caso vuole che tra un passaggio e l’altro, un ragazzo si offra di accompagnarla in motorino: è un cicloviaggiatore e, durante il tragitto che percorrono insieme, le racconta aneddoti sui suoi viaggi a pedali. Si accende così una lampadina nel cuore di Valentina: dieci giorni dopo volerà in Vietnam e nel giro di quattro giorni metterà insieme una bici color grigio topo, che battezzerà Rosa, e l’attrezzatura minima di base: si iscrive a un gruppo WhatsApp per cicloviaggiatori, attacca con una corda lo zaino al portapacchi, e parte.

”Il primo giorno è stato terribile, – racconta – il secondo respiravo già a pieni polmoni libertà e autonomia. (…) Credevo che avrei attraversato il Vietnam e avrei concluso il viaggio, ma più pedalavo, più mi convincevo che Rosa avrebbe potuto condurmi fino a casa”. E così è stato. Due anni in viaggio, dal settembre 2017 al settembre 2019, venticinquemila chilometri sul curriculum attraverso Cina, Mongolia, Russia, Kazakistan, Kirghisistan, Tadjikistan, Uzbekistan, Turkmenistan , Iran, Emirati Arabi, Oman, Armenia, Georgia. Da lì, in traghetto attraverso il Mar Nero, e poi di nuovo in sella in Bulgaria, Romania, Serbia, Croazia, Slovenia, fino a casa. Fango, neve, pioggia, salite, pietre, discese, tormente, sole torrido, fiumi da guadare.

Ciò che salta agli occhi leggendo Pedalando Sogni, è il carattere resiliente di Valentina, la sua capacità di reagire positivamente agli eventi negativi della vita. Pedala con amore e gentilezza, anche quando dall’altra parte riceve porte in faccia, derisione, fregature. La descrizione dei paesaggi, delle città, degli incontri e l’ilarità spontanea con cui racconta gli imprevisti, ci fanno proseguire la lettura tutto d’un fiato: ”Credo che l’unico modo per danzare tra spazio e tempo, sia fisicamente. (…) Mi piace pensare che il mio qui e ora sia completo, e non ci sia nient’altro di cui ho bisogno”.

Non particolarmente esperta in meccanica, scoprirà i nomi dei pezzi di cui è costituita una bicicletta nel momento in cui le si romperanno; la determinazione e la creatività con cui si ingegnerà per aggiustarli, prima di riuscire a recuperarne di nuovi, è avvincente.

”Quando sulla strada incontri dei cani, fermati e non agitarti. Scendi dalla bici, la metti tra te e il cane, gli parli in tono tranquillo e, guardando nella sua direzione, ma mai negli occhi perché viene percepito come segno di sfida, ti allontani di qualche passo. Intanto il cane si sarà calmato, e piano piano perderà interesse a seguirti”.
In tenda nel deserto del Gobi (Mongolia) Tramonto in bici (Italia)
La Mongolia è un territorio che mette Valentina a dura prova, non solo per il fango. Pur essendosi dimenticata di appendere il cibo fuori dalla tenda nella quale si era accampata per la notte, l’orso che le si avvicina non rappresenta realmente un pericolo, anzi si allontanerà poco dopo, senza provare interesse alcuno per quel mix di alghe e avena custodite ingenuamente all’interno della tenda. Il pericolo che l’attende, è un pericolo da cui nessuna donna è mai al sicuro, né in viaggio, né sul lavoro, a scuola o tra le mura domestiche.

Sognava il fuoco quella notte Valentina, non il fuoco che scalda, ma quello che distrugge. In sogno, la sua casa brucia ma, sotto i suoi passi, le fiamme si spengono. Valentina continua a camminare, a salire le scale. Proprio in quell’istante, la sua tenda viene squarciata da un sasso: siamo passati dall’incubo alla realtà. “Non è un dolore fisico, è un dolore dentro“.

Il passaggio in Russia, l’incontro con persone meravigliose e la clemenza della strada e del clima, culleranno Valentina e la aiuteranno a sanare la ferita. ”Tutto passa, tutto si trasforma – scrive – e pedalare sopra al dolore aiuta a superare il dolore”.

Mentre continuo a sognare un mondo dove le parole virilità e mascolinità non siano più sinonimo di violenza, leggendo Pedalando Sogni mi rendo conto che la bicicletta è un mezzo che può risolvere un infinito numero di problemi, compresi quelli che non possiamo immaginare.
Ultima tappa
Grazie Valentina, per essere prova di dolcezza, spontaneità, resilienza, gratitudine, trasformazione. Aspettiamo con ansia il secondo volume del tuo viaggio.
Possiamo intanto continuare a seguirla qui:
Profilo Facebook: Valentinaamaviaggiare
Profilo Instagram: @valentinaonwheels
Bellissima scoperta, moltissimi complimenti!!
Per favore, vorrei essere informato dell’uscita del volume nr.2
Grazie