L’introvabile
Sabato 18 aprile 2020, giorno sedici di lavoro da ciclofattorina. Se il primo cliente dimentica il numero civico – problemuccio che risolvo velocemente contattandolo -, quello dopo è puntuale: mi segnala via e civico. Peccato che davanti al portone nessun nome scritto sui citofoni corrisponda a quello dello schermo del mio telefono. Sono cauta con le imprecazioni contro il cliente (sempre tra me e me, sia chiaro), penso sia colpa della mia fretta.
Riparto con la lettura di nomi e cognomi, è un esercizio che mi manda in pappa il cervello, soprattutto quando gli interni superano la decina. Cerco di memorizzare il nome dell’imputato, ma al terzo citofono l’ho già dimenticato. Gli occhi guizzano avanti indietro dal telefono ai campanelli.
Chiamo in soccorso l’indice destro, scorre sui citofoni e mi aiuta a fare ordine; e la voce, ripete il nome del cliente manco fosse un mantra. Spesso la pratica funziona, ma questa volta no: non c’è né nome, né cognome. Devo chiamare di nuovo. Quando il cliente finalmente si affaccia al portoncino, non rinuncio a riferirgli l’intoppo. Fuori sono comprensiva e gentile, dentro devo tenere a bada la stizza.
Il generoso
Torno da un cliente già visto, è la prima volta che mi capita. Mercoledì 15 aprile. Si avvicina al cancellino con una banconota da venti euro. Me la porge, sgrano gli occhi. Sono incredula, gli chiedo se vuole del resto, anche se con me non ho nemmeno una moneta: tutti i pagamenti avvengono in forma elettronica tramite applicazione. Posso tenere tutto. Lo scambio e la consegna sono veloci, non ho il tempo materiale per realizzare davvero cosa è appena successo.
Giro la bici e parto, ma cotanta generosità non finisce di convincermi, ho il sospetto che il cliente abbia sbagliato. Pochi metri e torno indietro, suono di nuovo il campanello. Presentimento confermato: il cliente era convinto di dovermi pagare l’ordine in contanti, pratica consentita nell’era pre-Covid. Scende e cambia la banconota da venti con una da cinque. Mi ringrazia di continuo, ma sono io a essergli grata: la più piccola delle banconote rimane comunque una lauta mancia.
Il pantofolaio
Pizzeria e cliente vicinissimi, la consegna più veloce di sempre, mi gaso. Il cliente oltre all’indirizzo inserisce anche il piano, storco il naso: brutto presentimento. Suono. Chi è? Deliveroo. Terzo piano. Sospetto confermato. Si apre lo scenario a me più sgradevole e sì, lo ammetto, questa è la categoria di clientela che sopporto peggio. No una rampa di scale, nemmeno l’ascensore, niente: ti chiedono di salire al piano.
Dopo un paio di spiacevoli episodi mi confronto con i colleghi: alcuni salgono, altri no, altri dipende. Io contatto il team dell’azienda, voglio essere sicura di quello che dico. Testuali parole: “Ciao Raffaella, non sei mai tenuta a salire al piano se non lo desideri, in particolare poi in questo periodo”.
Provo a spiegarlo a tutti i rider. Il motivo mi sembra sufficiente: non è obbligatorio. Do forza alla mia battaglia, la butto sulla salute, non è sicuro affacciarsi agli appartamenti. Ma la verità è che anche in tempi non sospetti io non salirei, per principio. Devo parcheggiare la bici, trovare un palo, tirare fuori la chiave, aprire il lucchetto, chiudere il lucchetto, salire le scale e consegnare l’ordine. Direi che no.
Alla fine il cliente scende, è molto infastidito, dice che non gli è mai successo. Non siamo tenuti a salire, faccio io. Mi dispiace. Il giusto, non troppo.
Vale uguale anche per il cliente che pretende, ascensore eccetera come c’è per il rider c’è pure per il cliente, se chiesto gentilmente con mancia, può essere pure che viene consegnato. Con bartolini c’è consegna al piano, ma si paga!
Alla ” signora ” Alessandra: i 10 secondi bastano anche a te per scendere. Il rider non è un facchino, poi scendete se ordinate con Bartolini o GLS eccetera: è la stessa identica cosa… i rider non sono i tuoi schiavi!
Ho fatto il rider vorrei vedere questa signora parcheggiare l’auto ed entrare da TUTTI I CLIENTI E PRENDERE L ASCENSORE o peggio parcheggiare moto o bici e legarle ogni volta. VERGOGNATI
Mi sono appena fatta rimborsare perché il rider, parecchio maleducato e scontroso, continuava ad ordinarmi “scendi! scendi”! E no, mio caro, ho scritto esplicitamente che nel mio condominio c’è l’ascensore, basta cliccare il pulsante e in 10 secondi sei sul pianerottolo. Alle 22 di sicuro non mi vesto (sono in pigiama) per prendere l’ascensore… fortunatamente la piattaforma mi ha inviato il rimborso, ma questa cafonaggine è sempre più frequente! Next time meglio rivolgersi direttamente ai ristoranti e chiedere se effettuano direttamente loro il servizio… questi riders hanno rotto