Siamo al 14° mese di pandemia e il grande nodo da sciogliere è ancora quello della riapertura delle scuole che rappresenta un danno gigantesco per il paese e per i milioni di individui coinvolti.
Si ripete che i problemi per la riapertura sono due: i trasporti e il distanziamento fisico nelle aule.
Trasporti
Il problema dei trasporti è che i ragazzi che vanno a scuola si muovono principalmente con i mezzi pubblici dove non si riesce a garantire il distanziamento opportuno, soprattutto durante le ore di punta. La soluzione che viene proposta è di acquistare più autobus, tram e metropolitane per aumentare le corse che, per quanto corretta, risolverebbe il problema tra 18 mesi quando i mezzi ordinati oggi saranno consegnati. Significa che saremo finalmente pronti nell’autunno del 2022. La questione è che non bisogna trovare il modo per mandare a scuola i ragazzi dall’autunno 2022, ma da domani.
Il problema sembra non avere soluzione, a meno che non si cambino i presupposti del ragionamento, ovvero: ma chi l’ha detto che se i ragazzi non vanno a scuola con l’autobus, con il tram o con la metropolitana non possano andare a scuola?
La maggior parte degli studenti vive a una distanza relativamente contenuta dalla scuola, tratti che possono essere percorsi a piedi, in bicicletta o con il monopattino. Se questi cambiassero abitudini di mobilità i mezzi pubblici si decongestionerebbe lasciando spazio a quelli che vengono da lontano e non hanno alternative al trasporto pubblico.
La soluzione è la creazione di una Rete di Mobilità di Emergenza per garantire la sicurezza di bambini e ragazzi: togliere spazio alle auto in strada per darne a chi deve andare a scuola a piedi e in bicicletta (se vi interessa sapere come si fa in termini tecnici, si veda il Piano Emergenziale per la Mobilità Urbana post-covid pubblicato nell’aprile 2020).Aggiungiamo una certa flessibilità di orario in ingresso e in uscita per gestire i flussi.
Esiste un solo motivo per cui questa cosa non possa funzionare?
Distanziamento fisico nelle aule
Qui il problema è che le aule sono spesso troppo piccole per alloggiare tutti. Bisogna cercare altri spazi, possibilmente ampi e ben ventilati. Il D.L. 16 luglio 2020 n. 76 ha introdotto la “Zona scolastica” che prevede che la strada antistante la scuola possa essere chiusa per funzioni scolastiche o esigenze di sicurezza.
Laddove l’edificio scolastico non dovesse essere sufficientemente ampio, gli spazi antistanti la scuola potrebbero essere convertiti in aule. Come?
Con delle tensostrutture, con le primule di Boeri o con qualunque altra soluzione rapida e che risponda ai requisiti minimi per ricominciare con la didattica in presenza: sedie, banchi (con o senza rotelle), cattedra, lavagna (altro?).
Purtroppo stiamo vivendo un periodo molto complesso in cui ci viene chiesto di adattarci a delle circostanze che non abbiamo potuto scegliere e il nostro dovere non è piagnucolare e borbottare contro il destino cinico e baro, ma trovare soluzioni per far funzionare quello che si è bloccato e che ha più valore di tutto: l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni.
Lo abbiamo fatto per bar e ristoranti: nelle città sono saltati molti parcheggi per dare spazio ai tavolini. Perché non si può fare anche con le scuole?
Bambini e ragazzi hanno bisogno solo di una cosa per tornare a scuola: spazio.
Spazio per andare a scuola e spazio a scuola.
Lo spazio c’è. Bisogna riallocarlo.
E se non vogliamo farlo, teniamo chiuse le scuole e spieghiamolo chiaramente ai nostri ragazzi: non potete andare a scuola perché non c’è spazio per voi.
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