Mancano pochi giorni alla Settimana Europea della Mobilità (SEM), che si tiene ogni anno dal 16 al 22 settembre, momento che rappresenta certamente un’opportunità anche per le Istituzioni di mostrare le loro iniziative per promuovere la mobilità sostenibile. Ma mentre le associazioni attive con azioni e appuntamenti nella SEM lo fanno giorno per giorno anche nel resto dell’anno, troppo spesso, le iniziative “istituzionali” sembrano destinate a rimanere poco più di vetrine temporanee, mentre nel resto dell’anno la politica relega il tema della mobilità sostenibile in un angolo e lo fa cadere nel dimenticatoio.

Tema che poi, però, si riaffaccia prepotentemente nelle cronache quando la violenza perpetrata su strade fatte a uso e consumo di chi le percorre in automobile miete vittime tra gli utenti fragili demotorizzati, in primis pedoni e ciclisti. Come è successo recentemente a Milano: come accade con frequenza inesorabile a macchia di leopardo nel resto d’Italia.
Mobilità sostenibile e promesse della politica
E così l’adesione alla Settimana Europea della Mobilità per molte Istituzioni diventa un mero esercizio di stile, un’organizzazione di convegni in cui ascoltare per l’ennesima volta le “ricette” per trasformare anche la città X di turno “che non è mica Amsterdam” in un posto dove si potrà andare in bicicletta; dove “la cura del ferro” consentirà di aumentare la capienza e velocizzare gli spostamenti dei mezzi pubblici; dove il numero di chilometri di ciclabili realizzati diventa un parametro da sbandierare come conquista di civiltà, anche se spesso dette ciclabili iniziano e finiscono nel nulla e sono impraticabili (e per questo non vengono utilizzate, ndr).
Convegni in cui l’assessore alla Mobilità di turno può prendere la parola e dire “ci sono troppe auto, basta parcheggi”, ma poi abbandonare la sala senza ascoltare gli altri relatori e infilarsi nell’auto di servizio per presenziare ad un altro imperdibile evento segnato nella sua agenda (evento realmente accaduto, ndr).
Insomma: una settimana in cui le Istituzioni s’impegnano a mostrare il loro lato più green e sostenibile, salvo poi dimenticarsene quando le luci dei riflettori si allontanano dalla scena e si ritorna alla quotidianità di città dove l’enormità del traffico motorizzato rappresenta l’ordine di grandezza su cui misurare la propria inadeguatezza di amministratori, con buona pace della mobilità sostenibile.
Non ha senso stilare classifiche o dare la stura a facili campanilismi: non è una gara a chi fa peggio ma, insomma, a “predicare bene e razzolare male” su questa materia sono davvero in tanti e questo dipende da una serie di fattori-chiave che vale la pena analizzare. Senza la pretesa di essere esaustivi ma cercando di chiarire alcuni punti.
Investimenti a lungo termine
Molte amministrazioni si vantano di progetti ambiziosi per la mobilità sostenibile, ma spesso questi stessi progetti mancano di investimenti a lungo termine. Si vedono ciclabili incomplete, servizi di trasporto pubblico inefficienti e mancanza di infrastrutture adeguate a sviluppare realmente una mobilità demotorizzata. Questo crea un vuoto tra le parole e le azioni: tra il dire e il fare c’è (quasi sempre) di mezzo l’automobile.
Pianificazione integrata
La mobilità sostenibile richiede una pianificazione integrata che coinvolga tutti gli aspetti del trasporto urbano. Tuttavia, molti Comuni in Italia continuano ad adottare un approccio frammentato, concentrando gli sforzi su una singola iniziativa senza collegarla a un piano generale di mobilità sostenibile. Questo approccio manca di coerenza e efficacia nel lungo termine: un tema che sta emergendo anche in relazione all’accesso ai fondi del PNRR e alla loro gestione a livello locale.
Mobilità senz’auto
Nonostante la promozione di strade pedonali e Zone a Traffico Limitato sia una caratteristica chiave della mobilità sostenibile, molte città italiane non dedicano abbastanza spazio alle aree pedonali. Spesso, queste zone sono limitate a piccoli quartieri turistici – e soltanto per brevi periodi nel corso dell’anno – mentre il resto della città è congestionato dal traffico veicolare. E la mobilità senz’auto continua ad essere messa ai margini della carreggiata, così come delle decisioni politiche.
Incentivi fiscali per la sostenibilità
In Italia Regioni e Comuni stanno cercando di promuovere politiche fiscali adeguate a convincere le persone a rottamare l’auto per acquistare veicoli meno inquinanti – come le ebike e le cargo bike a pedalata assistita – ma sono azioni che riescono a intercettare soltanto una platea limitata di persone: con fondi adeguati e una regia nazionale i risultati potrebbero essere molto più significativi, con impatti positivi sulla vivibilità delle strade e sulla diminuzione dell’inquinamento atmosferico.
Sensibilizzazione e consapevolezza del pubblico
Promuovere la mobilità sostenibile richiede un impegno costante nell’educazione e nella sensibilizzazione del pubblico. Spesso, le amministrazioni comunali trascurano di educare i cittadini sugli aspetti della mobilità sostenibile, lasciando molte persone inconsapevoli delle opzioni disponibili e in balìa di un dibattito pubblico orientato dagli interessi della lobby prevalente: è così che gli autovelox da strumenti per la moderazione del traffico diventano nella vulgata dei mass media “mezzi per fare cassa”; la realizzazione di una nuova ciclabile “farà perdere decine di posti auto” e via disinformando.
Buone intenzioni e cattive condotte
La Settimana Europea della Mobilità offre dunque una piattaforma ideale per esporre urbi et orbi le proprie buone intenzioni a favore di città più sicure, inclusive e verdi. Detto questo, se la politica promette ma non mantiene e queste buone intenzioni non si traducono in azioni concrete, restano solo le cattive condotte: cioè quel “navigare a vista” scontentando il meno possibile la propria base elettorale per sperare nella rielezione; così come mettere in calendario tra le “cose da fare” promesse di mobilità sostenibile che andranno a finire puntualmente alle calende greche.
Per promuovere una vera mobilità sostenibile sono necessari un impegno continuo, una pianificazione integrata e investimenti adeguati. Solo allora si potrà sperare, anche in Italia, di vedere un cambiamento reale nelle abitudini di trasporto e nell’ambiente urbano delle nostre città. “Eh, ma non siamo mica Amsterdam”.
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