Ci sono delle cose che non si dovrebbero fare: tipo organizzare il blocco di una città per due ore. È quello che abbiamo fatto ieri sera. Eravamo qualche migliaio di persone, principalmente a piedi, nonostante quello che potrete leggere sulla stampa mainstream e abbiamo iniziato ad attraversare, avanti e indietro, in quattro punti lungo la cerchia dei bastioni.
Ci sono cose che non si dovrebbero fare, dicevo. Ma ci sono anche delle cose che non dovrebbero succedere: tipo che uno esce di casa e viene investito e ucciso, mentre pedala, mentre cammina, mentre semplicemente se ne sta lì per i fatti propri a pensare ai fatti propri. Non deve succedere, eppure succede e a Milano nell’ultimo anno è successo una ventina di volte e continuerà a succedere perché chi siede nei palazzi del potere non fa nulla per evitarlo.
Ha creato un po’ di sconcerto infatti, il primo cittadino Beppe Sala che al quotidiano il Giorno ha dichiarato:
“Qualcuno come Parigi ha fatto un referendum sui monopattini, altri stanno cercando di capire cosa si può fare. Siamo stati noi stessi a Milano a invitare a usare meno la macchina e io non me ne pento, abbiamo anche avuto qui una incidentalità abbastanza drammatica per cui è chiaro che non solo siamo preoccupati ma stiamo cercando di capire cosa fare. Speriamo che le cose migliorino, ma noi dobbiamo fare la nostra parte. Ascoltiamo tutti nel frattempo, è evidente che siamo un po’ nel mezzo tra chi spinge come i ciclisti affinché si faccia ancora di più e chi al contrario vede come fumo negli occhi la limitazione dell’andare in macchina. In ogni caso noi andiamo avanti con l’obiettivo riconfermato di ridurre il numero di macchine che circolano in città, con buonsenso, non facendo le cose dall’oggi al domani, ma è abbastanza evidente che è necessario come lo stanno facendo tutte le grandi città”.
Sconcerto, sì, perché se dopo 7 anni alla guida della città e dopo 20 morti in un anno, il sindaco sta ancora cercando di capire cosa fare, la situazione oscilla tra il tragico e il ridicolo.
Cosa è successo ieri sera
Dopo i numeri e i disagi creati ieri sera (e chiedo scusa a tutti i concittadini che ne hanno pagato le conseguenze), oggi a Palazzo Marino qualcuno starà cercando delle parole di circostanza da esibire, magari per placare gli animi, ma credo che quel qualcuno non abbia compreso cosa è successo.
Quella di ieri sera non è stata una manifestazione: è stata una prova.
Lunedì 4 settembre si è tenuta una riunione tra associazioni, movimenti e attivisti di vario tipo del mondo della mobilità leggera milanese in cui è stato presentato un piano: bloccare la Circonvallazione (non la Cerchia dei Bastioni, la Circonvallazione) in 8 punti e mandare in tilt completamente a città. La stima era che servissero 800 persone per farlo.
La proposta è stata largamente accettata da quasi tutti ma con un dubbio: “Riusciremo a portare in strada 800 persone e presidiare gli 8 punti?”.
La riunione si è così aggiornata e, domenica scorsa, domenica 17 settembre, in un nuovo incontro, si è optato per una cosa più facile e più gestibile, una sorta di test per valutare la sensibilità della cittadinanza al tema della sicurezza stradale: “Chiudiamo la Cerchia dei Bastioni in 4 punti e contiamoci”.
Ci siamo contati, eravamo 3 volte il numero necessario per bloccare la Circonvallazione.
Cosa succederà adesso
Qui a Milano siamo ormai abituati alle chiacchiere da Palazzo Marino e alle promesse che poi non prendono mai forma. Ci ricordiamo della campagna elettorale fatta da Pisapia in sella alla sua bicicletta (poi finita in garage a prendere polvere) e di tutte le volte in cui Sala ha annunciato che stava per succedere qualcosa e poi non è successo nulla.
Quindi nessuno si aspetta che oggi il primo cittadino faccia nulla.
Ma oggi le aspettative da rispettare non sono quelle di noi utenti della mobilità leggera milanese, ma sono quelle di Sala, della giunta e del resto della cittadinanza. Perché la scena di ieri sera è quello che avverrà ogni volta in cui qualcuno sarà investito e ucciso in città: fermeremo tutto affinché il dramma individuale che vede sempre due vite e due famiglie distrutte (quella dell’investito e quella dell’investitore) diventi un problema di tutta la città, di tutta la giunta, di tutto il consiglio comunale.
A qualcuno potrà sembrare estremo, ma la posta in gioco qui non è solamente l’incolumità mia e di quella minoranza di Milanesi che ogni giorno si muovono a piedi o in bicicletta. La posta in gioco è la qualità dell’aria e la capacità di muoversi di bambini e bambini che non sanno neppure più usare il proprio corpo e hanno perso la propria indipendenza perché sono costantemente scortati a destra e manca dai genitori perché l’ambiente esterno è troppo pericoloso per lasciarli liberi.
C’è in gioco la Milano di domani.
Nota polemica
Sui social ovviamente non sono mancate in questi giorni le lamentele di quelli che, contrari al blocco della città, hanno ipocritamente chiamato in causa gli interventi di ambulanza e mezzi di soccorso, dicendo che noi manifestanti avremmo avuto sulla coscienza la vita di quelli che dovevano essere portati d’urgenza in ospedale.
Il caso ha voluto che ieri sera a un certo punto un’ambulanza si sia presentata a sirene spiegate. Il corteo si è aperto in due per farla passare per poi richiudersi immediatamente alle sue spalle. Vi lascio il video qui sotto:
Il modello di mobilità che proponiamo è proprio quello in cui un’ambulanza può in qualunque momento attraversare le strade senza essere ostacolata nel proprio passaggio da quella maggioranza che non ha voglia di fare due passi a piedi.
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