Martedì scorso si è tenuto a Milano un convegno dal titolo “Come corre la Bike Economy” di cui ho avuto l’onore di essere curatore. L’evento si inserisce all’interno del piano quinquennale della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi dedicato allo sviluppo del settore.
Il mio compito è stato quello di comporre i panel dei relatori per creare un percorso logico su come si stanno evolvendo le economie della bicicletta in Italia e in Europa prendendo ad esempio le imprese che stanno dettando una linea e permettere, così, la comprensione del fenomeno anche ai non addetti ai lavori.
Chi segue Bikeitalia sa che il periodo per il settore non è dei più floridi: dopo l’eccesso di domanda del periodo covid è arrivato un momento di eccesso di offerta (per approfondire, leggi qui e soprattutto guarda il video) e adesso i magazzini delle aziende della filiera sono pieni di merce che fatica a essere smaltita, la produzione si sta contraendo e l’effetto immediato è che diversi nomi anche noti stanno andando incontro a difficoltà oggettive se non addirittura al fallimento.
La domanda che ho posto alla platea a Milano e che ripropongo a voi è stata: “Possiamo essere ottimisti per il settore e aspettarci una crescita futura? Oppure dobbiamo rassegnarci a una lunga e logorante stagnazione del mondo della bici che ormai è un prodotto antico e superato?“.
La risposta non è per nulla scontata perché ci sono mille fattori da considerare.
Il contesto interno al settore della bicicletta
Il primo aspetto da considerare è il contesto interno, ovvero: l’industria della bicicletta sarà in grado di sopravvivere a se stessa e a superare il periodo turbolento che sta vivendo? L’industria della bicicletta, contrariamente da altri settori, è composta da pochissimi giganti e da una miriade di pesci piccoli che si spartiscono il mercato. Sappiamo che per definizione le aziende di piccole dimensioni hanno una capacità di adattamento maggiore delle aziende di grandi dimensioni e che per un’azienda piccola che chiude, un’altra ne apre. Le aziende grandi, invece, sono più complicate perché quando una grande azienda chiude i battenti, la sua caduta genera disastri su larga scala e sono difficili da recuperare (ricordate Lehman Brothers?).
La grande azienda di riferimento del settore della bici è Shimano (ci sarebbe anche il gruppo PON, Giant e altri, ma non hanno posizioni dominanti nel mercato) che produce componenti montati su circa il 70% delle biciclette prodotte a livello mondiale. Quindi, se Shimano riuscirà ad affrontare il futuro, verosimilmente ci riuscirà il settore nel suo complesso. Per valutare la capacità di un’azienda di affrontare il futuro è buona norma considerare soprattutto la profittabilità (cioè la capacità di ripagare tutti i costi e di mettere da parte qualche soldino da ridistribuire o reinvestire) e il tasso di indebitamento (chi è molto indebitato lavora per il futuro delle banche). L’ultimo report finanziario di Shimano ci dice che nei primi 9 mesi del 2023 l’azienda, nonostante abbia registrato un calo di fatturato del 20% rispetto all’anno precedente, ha realizzato 718 milioni di euro di utili e che l’indebitamento dell’azienda è praticamente zero, quindi gode di ottima salute.
Il contesto delle politiche pubbliche
Il secondo fattore da considerare è il contesto esterno: dobbiamo interrogarci se nel corso dei prossimi decenni le politiche pubbliche favoriranno oppure no l’uso della bici. Da questo punto di vista occorre ricordare che l’Unione Europea ha recentemente approvato una Dichiarazione Europea sulla Ciclabilità: un documento politico e programmatico che invita le istituzioni europee e i suoi stati membri a favorire l’uso della bicicletta poiché necessaria per affrontare le sfide del millennio [➡️per approfondire, leggi qui].
Certo, allo stato attuale sappiamo bene che il presente governo si sta impegnando in ogni modo per contenere l’uso della bicicletta attraverso modifiche novecentesche al Codice della Strada e la cancellazione dei fondi del PNRR per le infrastrutture ciclabili e anche molte amministrazioni comunali sono ben lontane dall’intraprendere azioni dirompenti che cambino il volto delle città. Eppure l’esempio di Parigi, Valencia e Bruxelles sono lì a dimostrare che certe politiche (limitazione delle velocità e costruzione di infrastrutture ciclabili) funzionano e prima o poi il cambiamento arriva ovunque: così come le idee e i principi della rivoluzione francese hanno contaminato tutta l’Europa, anche le idee sulla gestione dello spazio pubblico arriveranno, dirompenti, anche da noi (anzi ci sono già).
Le potenzialità di crescita delle economie della bicicletta
Il terzo fattore da considerare è quello delle potenzialità di crescita: se un mercato è saturo, difficilmente potrà crescere. Si pensi in questo caso al mercato delle lavatrici: conoscete qualcuno che non abbia in casa una lavatrice? Per quanto mi riguarda, la risposta è no. L’implicazione è che oggi le lavatrici nuove vengono vendute quasi esclusivamente per sostituire lavatrici vecchie, quindi relativamente poche. La stessa domanda andrebbe applicata alla bicicletta: conoscete qualcuno che non va in bicicletta? Io conosco una marea di persone che non la usano: loro rappresentano il potenziale di crescita del settore. E poi sappiamo bene che una bicicletta sola non basta mai! Però, per crescere, il settore ha bisogno di aumentare il proprio tiro, cioè smettere di presentare il proprio prodotto come un articolo sportivo (tipo una racchetta, che serve a poche persone) e diventare invece un oggetto di uso comune (come la lavatrice). E questo ci porta direttamente al prossimo punto.
L’innovazione
Il quarto fattore da considerare è quello dell’innovazione tecnologica perché grazie a questa si possono ridurre i costi di produzione ed è possibile soddisfare le esigenze di nuove fette di popolazione ancora escluse dal mercato. L’innovazione tecnologia negli ultimi anni ha fatto passi da gigante soprattutto per quanto riguarda la produzione di motori elettrici e infatti oggi, in un contesto in cui il mercato delle bici in generale è in contrazione, quello delle ebike è l’unico segmento che continua a crescere solidamente.
Oltre a questi fattori sarebbe opportuno considerare la situazione geopolitica internazionale, l’accesso alle materie prime, la lunghezza della filiera, la questione culturale e i temi sulle competenze manageriali che, però, in questa sede vi risparmio. Anche perché gli indicatori già considerati presentano un quadro talmente positivo che tutti gli altri risultano di secondaria importanza.
Quindi è il momento giusto per investire?
Se c’è una cosa su cui i maestri della finanza (Benjamin Graham, Warren Buffet, Peter Lynch, Ray Dalio, eccetera) convergono è che bisogna comprare quando il prezzo è basso e vendere quando il prezzo è alto. Cioè investire nei momenti di crisi e disinvestire durante i boom (che precedono generalmente l’esplosione della bolla). In questo momento le biciclette vengono vendute da molti negozi a prezzo di costo e difficilmente i prezzi potranno scendere ulteriormente.
Questo significa che adesso bisogna comprare biciclette? Se ve ne serve una nuova, la risposta è sicuramente affermativa, ma il punto non è questo.
Il punto è, piuttosto, che questo momento di stress del settore lascia presagire l’arrivo di un momento di crescita imponente perché, come dicevano gli antichi, artificia docuit fames: la fame insegna ad ingegnarsi.
Come investire nelle economie della bicicletta
Questo è forse il tema più complicato da affrontare perché l’investimento giusto dipende soprattutto dalle caratteristiche dell’investitore: una cosa è comprare delle azioni, un’altra è aprire un’officina per la riparazione delle biciclette (a proposito, il Masterclass di Meccanica di Bikeitalia ha già portato all’apertura di oltre 70 nuove officine in tutta Italia), altro ancora è rilevare un negozio di bici, per non parlare di aprire una catena di rivendite o acquistare una fabbrica di produzione o fondare un nuovo marchio.
Dall’economia della bicicletta alle economie della ciclabilità
L’invito qui, però, è di provare a fare un esercizio di pensiero laterale e, invece di replicare ciò che esiste, cercare di immaginare quello che ancora non esiste, cioè creare innovazione: vendendo le biciclette dove finora non sono mai state vendute o vendendole come non sono mai state vendute, colmando i bisogni di chi usa le bici e di chi vende le bici, colmando i bisogni di chi colma i bisogni di chi vende le bici e via dicendo. Cioè operare un cambio di pensiero passando dalle economie della bicicletta alle economie della ciclabilità che è il vero volàno per la crescita del settore.
Questo è l’approccio che abbiamo in Bikenomist (l’editore di Bikeitalia) che chiuderà questo 2023 (anno terribile della bicicletta) con una crescita del 70% rispetto al 2022.
Ed è ciò che sta cercando di fare la Camera di Commercio di Milano Monza Brianza e Lodi che, per esempio, ha lanciato un bando sull’innovazione sul tema della sicurezza per chi va in bici. La cosa più interessante è che, per una volta, è ancora tutto da costruire e che generalmente Milano è la città che dà il “la” al resto del paese ed è lecito che le altre camere di commercio non vogliano restare indietro nella corsa per diventare il distretto nazionale della ciclabilità.
I commenti che non rispettano queste linee guida potranno non essere pubblicati