Esiste un modo semplice per descrivere questo percorso che recita più o meno così, “si parte da Bobbio Pellice si ritorna a Bobbio Pellice in un giro ad anello che porta a scoprire ben 3 rifugi affascinanti”, poi c’è un modo più articolato, quello che in genere spetta a chi questo anello l’ha pedalato e per di più con la preziosa presenza di una guida cicloturistica locale che ci ha accompagnato.
L’Anello dei Rifugi è uno dei più spettacolari tra tutti quelli proposti da UpSlowTour. Intendiamoci, ognuno ha le sue peculiarità e ti porta a scoprire aspetti unici del Pinerolese, ma questo è quello che si spinge più in alto, fino ai 2373 mt del colle Barant , dove si apre uno strepitoso panorama a 360° su tutte le valli intorno.
La Comba dei Carbonieri: la dura salita per il rifugio Barbara Lowrie
L’alta montagna è un luogo a sé, si respira aria sottile e pura, i colori sono limpidi e tersi, i cieli profondi ed i silenzi vengono interrotti solo dai versi dei rapaci o dai fischi delle marmotte. Chi sale lassù però lo sa, senza fatica non ci sono grandi ricompense e la prima parte di salita per arrivare in quota, che da Bobbio porta al rifugio Barbara Lowrie, indubitabilmente viene inserita tra le salite più dure d’Italia.
È la famosa Comba dei Carbonieri e si tratta di un percorso di circa 9 km con 1045 metri di dislivello, contraddistinto da una pendenza media superiore al 10% e con diversi punti oltre il 20%. Queste pendenze un tempo erano esclusiva di ciclisti molto allenati, ma ora, grazie alle bici elettriche, sono affrontabili da quasi tutti coloro che vogliono pedalare in montagna, ricordando sempre che, se non si ha molta esperienza, è comunque meglio affidarsi ad una guida locale che saprà sempre dare i consigli tecnici nonché le preziose informazioni sul territorio e la sua storia.
Il primo rifugio
Il primo Rifugio che raggiungiamo è il Barbara Lowrie, a 1753 metri di altitudine, precisamente in località Grange del Pis, nella Valle dei Carbonieri. L’edificio prende il nome dalla coppia statunitense Walter e Barbara Lowrie che dopo averlo utilizzato come casa di caccia la donarono al CAI che nel 1931 la inaugurò come rifugio alpino.
La sosta al Barbara ci permette di recuperare le energie, sia le nostre che quelle delle biciclette. A noi un caffè ed un’ottima fetta di torta fatta in casa, mentre alle bici bastano una decina di minuti collegate alle prese dedicate, installate proprio dietro il rifugio.
In questa breve attesa ci intratteniamo ammirando la vallata che ci circonda, un quadro naturale con le ‘grange’ di pietra disseminate tra i prati che hanno il colore verde della tarda estate e il ruscello con il piccolo ponte di legno a creare un insieme che ricorda l’illustrazione di un libro di fiabe. Con il termine grange si identificano delle piccole strutture rurali ora utilizzate come magazzino o deposito ma originariamente per la conservazione del grano e delle sementi.
L’ultima parte della salita e il rifugio Barant
Rigenerati e curiosi di pedalare il resto del percorso riprendiamo le bici per l’ultima parte di salita e raggiungere il punto più alto di tutto il giro, il Colle Barant dove si trova l’omonimo rifugio. Il sentiero militare che arriva in cima venne costruito durante la seconda guerra mondiale ed è interessante oggi osservare la maestria con cui mani esperte sapevano, pietra su pietra, integrare le opere umane con la natura senza antropizzarla eccessivamente. Dopo qualche tornante e parecchi scorci interessanti si giunge al rifugio Barant, situato su un balcone naturale con vista sulla Comba dei Carbonieri. Sul versante opposto invece si può ammirare la conca del Prà.
Al momento il rifugio è chiuso. Attraverso una serie di interventi di ristrutturazione, c’è infatti l’intenzione di implementare i servizi e farlo diventare un bike-chalet, ossia un luogo dove i ciclisti potranno trovare tutti i servizi utili (punto ricarica e-bike, attrezzi per la manutenzione e il lavaggio delle bici, locale per il rimessaggio in sicurezza, ecc…). Insomma, la cosiddetta ciliegina su una torta già ricca di suo. La pausa qui è l’occasione per ammirare un panorama a tuttotondo sulle vette e per lasciarsi inebriare dalla bellezza che ci circonda.
La discesa fino a Conca del Prà
Dopo le foto di rito attraversiamo il suggestivo passaggio nel punto più alto del colle e cominciamo la
discesa che costeggia il Giardino Botanico Peyronel, intitolato al noto naturalista e botanico originario delle Valli Valdesi, sulla sua superficie sono presenti oltre 300 specie di piante alpine autoctone ed è allestita con cartelli informativi sulle singole specie botaniche nonché sui principali ambienti floristici, l’area è stata inserita tra i Siti di Interesse Comunitario (SIC).
La discesa che segue è piacevole e ci porta fino alla vasta Conca del Prà, dove pranzeremo al rifugio Willy Jervis, rinomato per l’ottima cucina con prodotti tipici e la piacevole atmosfera famigliare. Dal terrazzo dove mangiamo godiamo di un panorama d’eccezione che abbraccia tutta la conca. Ci rinfranchiamo con pane fatto in casa e fettine di lardo, gnocchi al formaggio, tagliatelle al ragù di cinghiale e, sapendo che non abbiamo più lunghe salite da affrontare, ci concediamo anche una birra.
La Conca del Prà è davvero un luogo particolare. Un anfiteatro naturale circondato da montagne, una piana molto ampia che apre lo sguardo a orizzonti lontani e rilassa lo spirito, perfetta cornice per una bella giornata di sole.
La leggenda della Conca del Prà
Una leggenda narra che la Conca del Prà in passato fosse un grande lago custodito da fate, molto gelose del loro territorio. Le fate erano creature il cui modo di vivere non differiva da quello dei pastori della zona con i quali intrattenevano buoni rapporti, si allontanavano ridendo solo di fronte a proposte di matrimonio…
”Un giorno, un pastore alla ricerca di nuovi pascoli per i suoi animali, scoprì questa incredibile distesa d’acqua che rendeva particolarmente verdi le praterie circostanti. Della scoperta ne parlò ai valligiani che numerosi portarono i loro animali a pascolare in su quei prati, la cosa non venne però gradita dalle fate che decisero di abbandonare per sempre il luogo, non prima tuttavia di aver inflitto una punizione agli abitanti della valle.
Una fata che viveva in una grotta nei pressi del lago, quando seppe che la sua comunità intendeva abbandonare il posto dopo aver svuotato il bacino nella valle sottostante, ne parlò subito con il giovane pastore con cui era entrata in amicizia, affinché egli, nei tre giorni che precedevano l’evento, avesse il tempo di avvisare tutti i valligiani, e così fece. Le fate frantumarono il poderoso argine che a valle conteneva il lago, causando un’immane inondazione, mentre le rocce, trascinate fino nella pianura dall’irruenza dell’acqua, andarono a formare la Rocca di Cavour.“
(bibliografia “Leggende e tradizioni del Pinerolese” di D. Priolo e G.V. Avondo)
L’ultima tappa dell’Anello dei Rifugi
Dal Jervis è possibile raggiungere in bici il Rifugio Monte Granero, quarto e ultimo rifugio alpino del comune di Bobbio Pellice. Lasciata la Conca scendiamo percorrendo la mulattiera che costeggia il torrente Pellice. La strada è battuta, lunga una decina di chilometri e ci porta prima alla cascata del Pis e successivamente a quella di Villanova -grande è la ricchezza idrica della zona – e infine nella piazza dove abbiamo parcheggiato l’auto.
Bobbio Pellice è situato allo sbocco di tre valli (Valle dei Carbonieri, di Giulian e del Subiasco) ed è il comune più esteso e più elevato della val Pellice con i suoi 732 mt. s.l.m. Il suo passato è fortemente legato alla storia dei Valdesi, infatti in paese convivono due chiese di ordini differenti, una cristiana e una valdese.
L’esperienza dell’Anello dei Rifugi
Con l’Anello dei rifugi ho scoperto una zona ricca di punti suggestivi e spunti interessanti. La montagna si respira a pieni polmoni e i panorami che man mano scorrono davanti agli occhi sono impagabili, di quelli che non ti fanno sentire la fatica, ma soprattutto ti lasciano la voglia di tornarci.
Maurizio, la guida che ci ha accompagnati, ha saputo cucire il territorio alla cultura locale in modo impeccabile. Quando storia e geografia si incontrano emerge sempre qualcosa di interessante.
I sentieri, anche se sterrati, non diventano mai eccessivamente tecnici. In questo modo il percorso è a disposizione di tutti coloro che vogliono trasformare la bicicletta in qualcosa di più che un semplice passatempo domenicale, bensì in una vera e propria ricerca di benessere, scoperta del territorio e forma psicofisica perché pedalare in montagna purifica e le foschie delle pianure le guardi solo dall’alto.
Mi sento di consigliarlo senza dubbi. Prima di tutto per la spettacolarità dei paesaggi che si incontrano e per la mancanza di passaggi tecnici o complicati. Inoltre lo consiglio per i servizi offerti dalle strutture e infine e, non ultimo, perché arrivare in bici ad un rifugio è sempre un momento felice in quanto ripaga dalle fatiche e concede alla giornata delle piacevolissime pause per assaggiare prodotti tipici o godersi semplicemente alcune delle montagne più belle della Val Pellice.
COME ARRIVARE: Dalla circonvallazione di Pinerolo si prende la strada per la Val Pellice, che si risale toccando Torre, Villar e Bobbio Pellice.
[Contenuto realizzato in collaborazione con UpSlowTour]
Solo una nota: noi valdesi siamo cristiani, quindi a Bobbio (e in altri comuni) c’è il Tempio Valdese e la Chiesa Cattolica. Spiega breve: per i valdesi (e riformati) la Chiesa è la comunità dei credenti, non un edificio, che invece è il tempio.
È stato un piacere per me accompagnarvi in questo fantastico giro. Descritto in maniera perfetta con delle foto che invitano a vivere il territorio a 360 gradi.
Complimenti a chi ha realizzato questo articolo, ben composto da informazioni precise con un contorno di foto che risaltano il nostro territorio e creano emozione, oltre ad aneddoti curiosi che stuzzicano la fantasia e il palato.
Bravi !!!
ESISTONO PACCHETTI INCLUSIVI DI GUIDE CICLOTURISTICHE?
[ Salve Alberto, a questo link trova tutte le informazioni: https://www.upslowtour.it/esplora/bike-experience/89/ACCOMPAGNATORI-CICLOTURISTICI ]