Alto Adige e Austria in bicicletta

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Mattinieri più che mai, con il sole appena levato, quando la luce tende al rossastro, l’aria fresca profuma di muschio, l’occhio perlustra la valle, il paese ancora dorme, nel parcheggio deserto assembliamo le care biciclette, smembrate per il trasporto. Ruote, borse, coperte, zaini, fagotti c’è un po’ di tutto sparpagliato qua e là, sembra impossibile raccogliere tutta quella roba e concentrarla in un unico bagaglio ordinato. Le ruote tra i forcellini, le borse agganciate, le coperte in auto, un click del telecomando, la foto di rito e si va. Dove? Un giretto d’onore vizioso per imboccare la lunga via delle Dolomiti da Calalzo a Dobbiaco.

Manca qualcosa… la colazione! Presto fatto, si fa per dire, tra una cosa e l’altra, non siamo più tanto mattinieri, anzi già avremo voglia di fermarci e godere dell’incanto circostante. Non tanto per il luogo o il contesto, ma bensì per lo stato di grazia percepito. Sensazione di libertà, mente sgombra da ogni condizione, polmoni che respirano aria diversa, desiderio di scaricare tensione, sfogare l’accumulo di energia negativa.

bici

Un saluto a due ragazze, impegnate a marciare di buona lena, a smaltire i postumi della baldoria notturna, mi rallegra. Non basta il saluto, la curiosità stimola il dialogo: scambio di informazioni per una breve conoscenza, di battute e di sorrisi per un buongiorno reciproco. Si, ora son contento, Rocco e Fernando sono andati avanti a commentare e ridacchiare: “ E’ sempre uguale… è più forte di lui, se non scambia due parole non è contento”. Tutto inizia chiedendo una foto assieme… che mi vien negata.

Buon ingresso in Cortina allietati dalla generosa fontana, meno lieto l’incontro con l’aristocratica e antipatica signora che mi redarguisce per aver invaso, involontariamente, la corsia riservata ai pedoni.

“Non ha visto il cartello? Quella è la corsia per le biciclette!” additando la linea gialla scolorita, visibile a stento.
“Mi scusi tanto… solitamente la corsia per le bici è doppia rispetto a quella dei pedoni, … mi scuso ancora”.

Qui hanno ritenuto di dare più spazio a chi cammina, obbligando i ciclisti che si incrociano ad acrobazie per transitare senza invadere lo spazio pedonale.

Lascio l’aristocrazia per entrare nella nobiltà del regno naturale. Il bosco fa da ala al bellissimo percorso sterrato che sale dolcemente a Cimabanche incontrando la caratteristica galleria scavata nella roccia, con volta sagomata per permettere il passaggio del fumaiolo della locomotiva a vapore. Il ponte sul suggestivo orrido del torrente Felizon e il piccolo lago Negro colgono la nostra ammirazione, incrementano il lieto andare. In queste ultime pedalate per raggiungere il passo un pensiero predomina e spinge: il bel panino e la fresca birra.

parco

Scendiamo a Dobbiaco sull’asfalto della statale per non mettere in difficoltà Fernando. Le sottili ruote della sua bici lo penalizzerebbero mettendolo in pericolo sul fondo mosso della ciclabile. Niente da rimpiangere, l’alternativa ci diverte e permette di raggiungere buona velocità. Sosta d’obbligo al lago di Landro dove il Cristallo si specchia e non si può fare a meno di fermare l’immagine, seppur banale e uguale, ogni volta regala sensazioni nuove e diverse alla vista e al cuore… oggi più vissuto di ieri, appunto perché il tempo passa è meglio andare. A pochi chilometri da Dobbiaco rientriamo sulla ciclovia per non perdere lo spettacolo del lago omonimo che da vita al fiume Rienza e alla sua corsa fragorosa e vorticosa fra i massi. Dal bosco alla prateria ai margini del centro, affascinante paesaggio che sorprende per l’esultanza di colori e l’estensione della valle.

Visita alla sorgente della Drava per farne la conoscenza, visto che d’ora in avanti accompagna e guida il cammino. Il gelato di San Candido, consumato nella piazzetta delimitata dalle mura del cimitero che fungono da appoggio ad innumerevoli bici. Ci regala momenti di pace, di apprezzamento per l’evasione dalla quotidianità e l’occasioni di sorprenderci alla vista di un intera famiglia di biciclette in movimento da tempo… una famiglia in mobilità. Papà, mamma, bambino piccolo, bambino più grande, tutti con il proprio bagaglio direi esagerato per le piccole bici. C’è di tutto caricato, ruota di scorta completa, tenda, fornello, pentole, griglia per il barbecue, contenitori in plastica per alimenti e quant’altro… incredibile!

strada

Navighiamo nel cheto mare rigoglioso dei pascoli rasati con precisione millimetrica, non un filo d’erba più lungo di un altro. Dove non è reciso ci pensa la natura a mantenere, incredibilmente, la lunghezza. Che vista, fiori blu, gialli, bianchi, che bellezza, che meraviglia. Intermezzo di civiltà a Lienz, qui si conclude la pedalata del novanta per cento dei ciclisti turisti, delle famiglie cicliste, si liberano del mezzo di locomozione affittato e passeggiano in attesa del treno per rientrare. Mentre l’enorme folla di biciclette è accatastata nel vasto parcheggio riservato.

Altro momento di relax dedicato alla bibita, servita dalla simpatica Nisle che non disdegna intrattenersi in chiacchiere e gioiosa posa con Fernando per la foto rituale.
Seguendo l’indicazione di una matura coppia, comodamente seduta in panchina, cambiamo sponda del fiume. Scelta interessante che ci delizia per il bel passaggio nel fitto bosco di pini al margine del prato.

Oberdrauburg teorico punto di tappa e inversione di marcia, non prima di raggiungere la valle del Gail collegata dal Plokenpass. Un ostacolo che preferirei superare oggi. Sei chilometri da aggiungere ai centoquaranta percorsi da una gamba che da settanta si è abituata all’assistenza della lieve discesa. Trovo consenso ed iniziamo ad arrampicare, in un ora conquistiamo il valico. Al Gailbergsattel, albergo e campeggio, ci riprendiamo dallo sforzo, seduti al grande tavolo di legno sorseggiamo la coca cola sperando nelle doti terapeutiche. Osservo il continuo arrivo di motociclisti che, parcheggiata la moto nel garage, si ritirano nelle proprie stanze, il ché mi preoccupa… temo di non trovar alloggio.

Discesa a Kotschach, piccolo centro che soddisfa la nostra esigenza notturna con due possibilità, scegliamo il Cafè Planner.

“Pedale Veneziano!” una voce maschile alle mie spalle mentre esco dall’albergo per chiamare i compagni impegnati nella ricerca. Mi giro per vedere chi mi chiama e, incredibilmente incontro l’abbraccio di Franca, una delle donzelle “cicloviaggiatrici in laguna”.

sosta

Senza il minimo accordo i viaggi si incrociano, che deliziosa sorpresa. Renato e Franca, di Lugano, partono da Trieste con destinazione Nizza seguendo le Alpi, 1770 km con 30000 metri di dislivello, questa è l’unica notizia che ho.

“Non ci credo, non è possibile!” felicemente ci salutiamo mi presento a Renato, chiedo scusa e vado a recuperare Rocco e Fernando, pressati dalla mia preoccupazione hanno le chiavi delle camere in mano:
“Ho trovato”
“Anche noi… cosa facciamo?”
“Venite con me”.

Imbarazzati riconsegnano le chiavi, mi seguono, presento gli amici e ci accordiamo per incontrarci a cena.
Ci dilunghiamo in chiacchiere dopo il pasto, Fernando interessato allo stile di vita Svizzero, Renato incredulo all’incontro, Franca mi racconta della via della seta, Rocco ascolta finché la stanchezza ha il sopravvento e consiglia il ritiro.
Pace e serenità mi accompagnano, con il sorriso nel cuore m’addormento in quest’angolo di mondo che trasmette tranquillità, che ha dissolto ogni sorta di angoscia.

Nuovamente assieme per la colazione, per continuare a parlare, quante cose da dire, da raccontare. Non possono mancare le foto e nemmeno Thomas per farle.
Chi è Thomas? Un ragazzo di Roma in visita allo zio di Udine al quale ha preso la bici, caricato uno zainetto con poche cose, indossato una canottiera, pantaloncini da spiaggia, ed è partito ala volta di Lienz, e che Franca non ha esitato a fermare. Gli abbracci accompagnano i baci e i saluti, le direzioni si oppongono, giro la testa all’indietro per l’ultima sbracciata… Ciao!!!

Montagne a sud, montagne a nord, a est e a ovest non c’è scampo… bella la valle del Gail che sale, sale e ancora sale. Questa volta è la banda di Liesing ad allietare il nostro passaggio. Ci intrufoliamo nella festa del piccolo paese consumiamo una fetta di dolce beviamo la Coca Cola, gustando il piacere della gioventù in costume tipico.

bambine

Ragazzi e ragazze dagli otto ai venti anni e più, dedicati allegramente al servizio ai tavoli, giovani che dialogano, ridono, scherzano, comunicano, guardandosi in faccia, non ho visto nessuno isolato a testa bassa con l’indice sulla tastiera del telefonino e il cruccio in volto, pronto ad aggredire chiunque lo distolga… che aria sana si respira fra questa gente semplice e gaia. Di tanto in tanto un avvallamento, a volte vertiginoso da recuperare successivamente, un su e giù spacca gambe, un continuo uso del cambio che si surriscalda, si dilata, va in confusione non so bene cosa accade, ma finisce dentro ai raggi, li segue per mezzo giro! Ahi, ahi, ahi! Pausa di riflessione, calma, affronto la tragedia. Le mie manine si adoperano e con l’assistenza di Rocco, terrorizzato di quanto successo, si ristabilisce il funzionamento dell’organo di vitale importanza per procedere.

Il capriolo attraversa la strada scomparendo inghiottito dalla fitta vegetazione, mentre i due piccoli rimangono dall’altra parte, nel prato, frastornati, smarriti, impauriti non si muovono e timidamente accennano al gioco, sotto gli occhi sorpresi di chi in quel momento transita e sosta… non capita spesso simile spettacolo. Il rettilineo invita alla velocità, auto e moto sfrecciano in sequenza, fortunatamente mamma capriolo azzarda l’attraversamento nella breve pausa di traffico, per tornare dai cuccioli. Meglio andare e permettergli di avvicinarsi. L’ascesa continua, la bellezza del panorama allevia lo sforzo. La valle si apre, il bosco di pini lascia spazio a rigogliosi pascoli. Un tappeto verde, tante piccole casette di legno disseminate ordinatamente, due chiesette fanno da sfondo al quadro che incornicia il centro di Obertilliach, all’orizzonte.

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“Fernando!” la voce di Rocco risuona nella valle, richiama l’uomo in fuga, per invitarlo al desinare, in un luogo che solo la sua arguzia può scegliere. Nella terrazza del gasthof Andreis soddisfiamo la fame e ricarichiamo le pile per affrontare l’ultima centinaia di metri verso il cielo: 1530 mt. s.l.m. punto di massima altitudine, per il momento, da conquistare con delle gobbe che superiamo con indifferenza… i quaranta chilometri precedenti ci hanno allenato e abituato alle micidiali ondulazioni, inoltre il pensiero della discesa è un potente stimolo. “E spingi su quei pedali che non manca poco” esorto me stesso a voce alta e chi ha orecchie per intendere intenda, per tutta risposta sommessamente, qualcuno fra sé e sé lancerà un sentito: ”Vaffa….” che allegria!

La prevista nuvolosità arriva, si apre il rubinetto, gocciola sui primi metri della rettilinea discesa che già ci inebria. Me ne frego, non penso minimamente a coprirmi, a ragione perché cessa lo scroscio. Un divertentissimo tratto a tornati con notevole pendenza scende ad incrociare la ciclabile della Drava nei pressi di Tessenberg. Acqua, tanta acqua, ci costringe a raggiungere a velocità supersonica la Loaker che fortunatamente è nelle immediate vicinanze offrendoci rifugio. Sdrammatizziamo con un gelatino nell’attesa che passi il tornado.

“Andiamo! Ha smesso”. Nemmeno il tempo di uscire dal labirinto del cantiere per l’ampliamento dell’azienda, che ricomincia la pioggia. Resistiamo fino al ponte coperto, dove ripariamo in compagnia di altri sventurati, decidiamo di coprirci con la mantellina e via sotto l’acqua. Il brutto tempo dura poco: un piccolo squarcio tra le nubi, un timido raggio di sole che si fa spazio, l’acqua precipitata che si vaporizza e ritorna al cielo che velocemente si rischiara, cancellano ogni preoccupazione… possiamo continuare sulla via del ritorno. San Candido, Dobbiaco, la fontana, che per qualcuno è troppo affollata:

“C’è troppa gente qua, andiamo a quella dopo” dice il capo gruppo ai seguaci. Noi siamo seduti sulla panchina, la mamma sta prendendo acqua mentre il papà tiene a bada il bimbo, ci scambiamo uno sguardo, sorridiamo chiedendoci “Dove ha visto tutta la gente?”

Segue il Rienza, il lago, il bosco, ci inoltriamo sulla affascinante via che cattura il pensiero. Le ampie curve in leggera salita accendono la fantasia, immagino la locomotiva a vapore sbuffante, il viso del macchinista annerito dal fumo, il convoglio che penetra il magico paesaggio, rasentando i pini da un lato, il dirupo dall’altro, suggestionando quanti viaggiano sul treno della montagna. La pendenza è delicata, dolcemente, senza eccessivo sforzo, ci porta in quota permettendoci di ammirare la magnificenza che ancora una volta mi sorprende per le sensazioni scaturite… fantastico!

E’ evidente che il tratto fatto ieri in discesa oggi sale, quindi percorriamo la ciclabile sterrata fino a Cimabanche, da qui scendiamo a Cortina sulla statale con rinnovato divertimento. Per velocizzare il rientro continuiamo sulla strada principale. In successione transitiamo per S. Vito, Borca, Vodo, Valle; alla volta di Tai di Cadore:

“Quanto meglio era parcheggiare qui anziché Calalzo” dico
“Ti sentirai responsabile della tua idea… ci potevamo risparmiare questa manciata di chilometri” controbatte Rocco.

Stanchi come siamo anche cento metri pesano, ma arrivati al parcheggio il piacere della suggestione di questo tratto ci trova concordi nell’affermare che meritava… è stato bello.
Si! mi prendo la responsabilità di avervi fatto concludere qui dove si gode il panorama sulla valle, sull’azzurro lago, dove si coglie la soddisfazione, e la gioia di abbandonare l’occhio alla vista che spazia all’orizzonte, di quest’attimo di libertà, quasi in uno stato ipnotico, già dimentichi della fatica.

gruppo

by Romeo Boscolo

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