EuroVelo 13, conosciuto anche con il nome di Iron Curtain Trail, è un percorso dalla lunghezza di poco inferiore ai 7000 km che unisce da nord a sud ben venti nazioni diverse. Dalla sua partenza sul mare di Barents (a Kirkenes, in Norvegia) al suo arrivo sul mar Nero in Bulgaria, questo itinerario attraversa o tocca gli stati di: Norvegia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Russia, Polonia, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria, Ungheria, Croazia, Serbia, Macedonia, Romania e Bulgaria.
Il percorso è movimentato ma, ad eccezione di un paio di strappi impegnativi al confine fra Serbia e Romania e in territorio bulgaro, non presenta particolari asperità (fino alla Repubblica Ceca la pendenza media è addirittura inferiore all’1%); le strade quando non passano lungo piste ciclabili o greenways, non sono trafficate: bisogna solo fare attenzione nei pressi dei grandi centri urbani delle città dell’est Europa e alla presenza di animali randagi lungo il tratto fra Serbia e Romania. A causa delle avverse condizioni climatiche che si vengono a creare durante i mesi freddi si consiglia di intraprendere il cammino in estate e primavera.
Mappa
Altimetria
ATTENZIONE: i percorsi Eurovelo sono ancora in gran parte solo sulla carta. Spesso non ci sono piste ciclabili separate, e neanche cartelli indicatori. Inoltre, la situazione sul terreno cambia continuamente: le amministrazioni locali possono decidere di far passare il percorso per una strada parallela a quella da noi segnata, magari perché lì decidono di realizzare una nuova pista ciclabile. La traccia gps è da considerarsi solo come un punto di riferimento generico per avere un’idea del percorso e delle distanze. Per pedalare lungo i percorsi Eurovelo è necessario un certo spirito di avventura, adattabilità ed esperienza.
Ma perché questo itinerario è conosciuto con il nome di Iron Curtain Trail (Percorso della Cortina di Ferro)?
Per trovare la risposta bisogna fare un salto indietro al 1946, quando Winston Churchill, in un discorso tenuto a Fulton negli Stati Uniti, riferendosi alla situazione politica venutasi a creare in Europa al termine della Seconda Guerra Mondiale disse:
«È tuttavia mio dovere prospettarvi determinate realtà dell’attuale situazione in Europa. Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente. Dietro quella linea giacciono tutte le capitali dei vecchi stati dell’Europa Centrale e Orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest, Belgrado, Bucarest e Sofia; tutte queste famose città e le popolazioni attorno a esse, giacciono in quella che devo chiamare sfera Sovietica, e sono tutte soggette, in un modo o nell’altro, non solo all’influenza Sovietica ma anche a una altissima e in alcuni casi crescente forma di controllo da Mosca».
E non è un caso se in alcuni paesi battuti da questa ciclopista, specie al nord o in Germania, si avrà modo di trovare dei memoriali o dei musei dedicati alla Seconda Guerra Mondiale o alla Guerra Fredda.
Come già scritto in precedenza, l’itinerario parte in Norvegia, sulle rive del mare di Barents, a Kirkenes, a pochi chilometri dal confine con la Russia. Kirkenes è raggiungibile con auto o moto percorrendo la strada Europea E06.
La città è servita da un piccolo aeroporto distante circa 13 km dal centro, ed i collegamenti verso il sud del paese sono garantiti mediante un servizio di bus e di pullman in quanto la linea ferroviaria norvegese termina più a sud a Bodø. Il porto di Kirkenes è il capolinea degli scali dei battelli Hurtigruten.
Lasciata Kirkenes, si prosegue sempre lungo il confine che separa prima la Norvegia e poi la Finlandia dall’ex Unione Sovietica. In questo primo tratto siamo in pieno territorio Sami.
Conosciuti in Italia come lapponi (termin che il sami ritiene dispregiativo: la parola lapp in lingua scandinava indica un vestito pieno di toppe e pezze, simile a quello indossato dai mendicanti), questa popolazione ha origini antichissime e costumi di vita tipici dei popoli nomadi. Fino ai primi anni cinquanta infatti il loro sostentamento proveniva dall’allevamento delle renne o dalla caccia e pesca, e le loro abitazioni erano capanne o tende.
Nonostante abbiano una propria millenaria identità linguistica e culturale non ci sono movimenti che ne richiedono l’indipendenza; però possiamo trovare nei territori svedesi, norvegesi e finlandesi dei “parlamenti sami” istituiti per preservare le loro attività e le loro tradizioni.
Il tratto finlandese è a dir poco mozzafiato: per tutta la lunghezza si è immersi in un paesaggio da favola, fra boschi, brughiere e alcuni fra i più di 150.000 laghi presenti nella nazione. Fra i tanti posti spiccano il parco nazionale di Oulanka con i suoi 270 km quadrati ricchi di fiumi, canyon e laghi, un vero e proprio paradiso per gli escursionisti e i ciclisti con i suoi percorsi situati fra fungaie e cespugli di mirtilli e popolati da animali come alci, orsi e ghiottoni, e la cittadina di Suomussalmi, con il suo museo e i suoi memoriali dedicati alla guerra d’inverno combattuta fra Finlandia e Unione Sovietica fra il 1939 e il 1940.
Prima di “superare il confine” fra Finlandia e Russia è doveroso fare una precisazione: sebbene sulla mappa presente nel sito e sulla guida ufficiale della ciclopista sia presente un tratto in territorio russo, gli stessi autori della mappa ne sconsigliano il transito a causa degli innumerevoli requisiti e visti richiesti per attraversare il territorio. Se si vuole andare lo stesso consigliamo di consultare il sito “viaggiare sicuri” o di contattare il consolato italiano a San Pietroburgo dando i dettagli del viaggio.
Se si vuole saltare la Russia, per raggiungere direttamente l’Estonia ci sono traghetti e aerei (questi ultimi con frequenza oraria) che collegano Helsinki con Tallinn e viceversa.
Superato il confine finlandese, si entra nell’oblast’ (provincia o regione) di San Pietroburgo. A Vyborg la strada si incrocia con Eurovelo 10 per proseguire insieme ad esso fino in Germania, a Lubecca, sulle rive del mar Baltico. Il punto di maggiore interesse del tratto russo non può essere altro che San Pietroburgo (conosciuta anche con il nome di Leningrado fra il 1924 e il 1991), capitale della Russia fino al 1918, quando per motivi di sicurezza gli uffici governativi furono spostati a Mosca.
Se i brutti palazzoni tipici dello stile sovietico sopravvivono in molte zone della città, il centro storico è patrimonio dell’umanità secondo l’UNESCO, con un’alta densità di chiese ed edifici storici, come ad esempio il complesso architettonico dell’Ermitage che ospita il Palazzo D’Inverno, sede degli zar dal 1732 al 1917 e il museo dell’Ermitage che ogni amante dell’arte non dovrebbe farsi sfuggire.
Il percorso prosegue la sua corsa lungo le rive del Baltico, si lascia alle spalle la Russia per raggiungere le tre repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania. La storia di questi stati è molto simile fra loro. Tutte e tre facevano parte dell’impero zarista ma con la sua caduta a seguito della rivoluzione bolscevica ritornarono ad essere indipendenti. Ma nel 1940 in seguito a una clausola segreta all’interno del patto di non belligeranza fra Germania e URSS i loro territori vennero nuovamente occupati dall’Armata Rossa.
Rimasero all’interno dell’Unione fino al 1991 quando furono i primi tre stati a dichiararsi indipendenti.
L’itinerario qui si sviluppa lungo percorsi ciclistici nazionali: in Estonia si pedala seguendo il percorso nazionale numero 1 mentre in Lettonia si prosegue lungo i percorsi LV2 fino alla capitale Riga e LV1 da Riga alla Lituania.
Dopo aver corso per più di 1500 km lungo i tre stati baltici, si arriva finalmente in Russia. No, non si tratta di uno scherzo né di un errore dovuto a un bicchere di troppo di Starka, la tradizionale vodka lituana prodotta sin dal 1450: siamo semplicemente nell’oblast’ di Kaliningrad, città nota fino al 1945 come Königsberg.
Capoluogo di quella che una volta era la Prussia Orientale, tra i suoi illustri abitanti annovera il famoso filosofo tedesco Immanuel Kant. Leggenda vuole che fosse così preciso e abitudinario che la gente del posto aveva cominciato a regolare gli orologi in base alle sue regolari attività quotidiane.
La regione tedesca della Prussia Orientale fu divisa fra Polonia e Russia alla fine della seconda guerra mondiale, gli abitanti tedeschi furono espulsi e sostituiti dai russi e molti edifici risalenti al periodo tedesco distrutti: la cattedrale che conserva le spoglie del filosofo, andata in rovina durante il periodo sovietico è stata recentemente portata all’antico splendore e rappresenta una delle poche testimonianze della vecchia Königsberg.
Superata l’exclave russa si entra in territorio polacco. Dopo aver costeggiato la laguna di Wislany e oltrepassato la foce della Vistola, si giunge a Danzica.
La città portuale ha giocato un ruolo importante in varie fasi della storia europea, ad esempio quando era uno dei più importanti membri della lega anseatica, quando Napoleone la sottrasse al regno di Prussia, che la riottenne dopo il congresso di Vienna (1815); la stessa città passò dalle mani dei tedeschi a quelle dei polacchi alla fine della Prima Guerra Mondiale per poi essere ri-occupata dai tedeschi nel settembre del 1939, dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale; o più recentemente come luogo di nascita di Solidarnosc, il sindacato di lavoratori portuali che ha contribuito a porre fine alla dittatura comunista. La storia della città si riflette nei suoi palazzi e monumenti, che è consigliabile soffermarsi a visitare prima di continuare verso ovest. Da qui parte Eurovelo 9 che collega il Baltico con l’Adriatico.
Lasciata alle spalle Danzica si continua a seguire la costa, superando i diversi laghi che caratterizzano la zona; fra i più grandi troviamo il lago Łebsko, situato nel cuore del parco nazionale Słowiński, che preserva un ambiente popolato da ben 257 diverse specie di volatili. L’unica città di medie dimensioni che si incontra è Kołobrzeg, anch’essa facente un tempo parte della lega anseatica. Si giunge così alla baia di Stettino, da cui passa il confine fra Polonia e Germania.
Il primo tratto tedesco corre ancora lungo le rive del Baltico fino ad arrivare a Lubecca, famosa in passato per essere la città principale della lega anseatica e quindi uno dei più grandissimi centri commerciali del nord Europa fra il 1200 e la fine del 1400. Fra gli edifici da visitare possiamo citare la chiesa di san Giacomo con il suo monumentale organo all’interno e la Buddenbrookhaus (la casa dei Buddenbrook), un edificio che ospita una mostra permanente dedicata ad Heinrich e Thomas Mann, l’autore de “I Buddenbrook”, romanzo ambientato proprio nella cittadina di Lubecca.
Lasciataci alle spalle Lubecca e il tratto in comune con EV10, il percorso prende la via dell’entroterra tedesco. E’ uno dei pochissimi tratti a non correre lungo la costa o a ridosso di un confine. Ma è così solo da dopo la Caduta del Muro. Infatti lungo questa strada passava il confine che delimitava la Germania Ovest (BRD – Bundesrepublik Deutschland) dalla Germania dell’Est (DDR – Deutsche Demokratische Republik), caratterizzato da torrette di guardia, muri, reti metalliche o ponti con sbarre.
L’itinerario tedesco prosegue per questi paesi una volta lambiti dalla cortina di ferro e ora sede di memoriali o musei dedicati alla Guerra Fredda e alla divisione della Germania: fra i tanti vale la pena citare Point Alpha (fra i paesi di Geisa, allora nella DDR e Rasdorf, nella BDR, il punto più orientale dell’allora Nato e il più occidentale del Patto di Varsavia), sede di uno dei momenti di maggiore tensione tra i due blocchi, e Mödlareuth.
Questo piccolissimo villaggio con meno di 100 abitanti, situato a cavallo tra la Turingia e la Baviera, all’indomani della divisione della Germania si trovò nella stessa situazione di Berlino: la parte situata in Baviera era sotto il controllo Nato, mentre quella in Turingia sotto il settore sovietico. Furono creati così dalla Germania Est prima una rete e poi un muro come a Berlino.
Dopo la svolta politica della Germania Est e la conseguente apertura del confine del 9 novembre 1989 anche a Mödlareuth ci fu una particolare apertura del confine: venne aperto un attraversamento pedonale. Come successe a Berlino anche il muro che divideva il villaggio fu buttato giù e una piccola parte fu lasciata in piedi come “monumento commemorativo”.
Ma ancora oggi la città è in qualche modo divisa: poiché si trova fra due regioni diverse, il villaggio ha due prefissi diversi, due modi di parlare diversi così via…
Tramite una vecchia strada adibita una volta al transito dei veicoli militari e riservata ora solo alle biciclette, si raggiunge quello che una volta era il triplice confine fra le due Germanie e l’ex-Cecoslovacchia. Come si è visto in precedenza è la prima volta che ci si trova a percorrere strade di questo tipo, immerse nel verde e in residuati del periodo della Guerra Fredda. Infatti Eurovelo 13 spesso incrocia il suo percorso con la European Green Belt (EGB). Questo progetto, ideato in Germania, nasce da un’osservazione fatta nei primi anni 80 da alcuni biologi tedeschi che scoprirono che nella “no man’s land”, la zona di confine fra la Germania Federale e quella Democratica, si erano venute a rifugiare molte specie di uccelli rari. Con il corso degli anni quella zona lasciata incontaminata dall’uomo – così come le altre zone di confine che separavano il mondo occidentale dal blocco sovietico – vide il progressivo aumento di piante e animali che si pensava fossero estinti in quei posti.
Nacque così il progetto della European Green Belt, che si propone di salvaguardare il paesaggio e di proteggere le specie animali attraverso la creazione di parchi naturali e di conservare la memoria del periodo della Guerra Fredda. E il tratto ceco ne è uno splendido esempio con la presenza di aree dedicate al ripopolamento di animali come il cervo rosso, delimitate con i materiali utilizzati per confinare il territorio. Ma il tratto ceco e slovacco non consiste solo di parchi nazionali, bunker e torri di guardia lungo il percorso confinante con la Germania. Si ha anche l’opportunità di visitare luoghi come Bratislava, la capitale della Slovacchia situata al confine fra Austria, Ungheria e Repubblica Ceca; vale la pena fare una sosta per ammirare il castello di Bratislava, a lungo una delle dimore reali degli Asburgo, i suoi ponti sul Danubio e gli splendidi edifici barocchi. Si racconta che in uno di questi palazzi, Mozart tenne un concerto alla tenera età di 6 anni!
Aggiornamento ottobre 2014: il percorso di EV13 in Repubblica Ceca è ora completamente segnato. Il tratto austriaco: è completo nel Burgenland (zona sud-orientale dell’Austria); è dotato di una segnaletica temporanea in Bassa Austria (zona nord-orientale); non è ancora segnato in Alta Austria (la regione di Linz).
Attraversato il Danubio e il confine slovacco si entra in Ungheria; il percorso in territorio magiaro si sviluppa lungo i confini con Austria, Slovenia, Croazia e Serbia fra quello che una volta era l’impero austro-ungarico e l’impero ottomano. Si passa infatti da paesi con nomi di origine serba a paesi caratterizzati da edifici e castelli molto simili a quelli che abbiamo trovato nell’ex Cecoslovacchia o che si possono vedere a pochi chilometri di distanza in Austria, come il Palazzo Esterházy a Fertőd, un imponente edificio in stile rococò, con più di 100 stanze, e da molti definito “la Versailles ungherese”.
Fra gli ospiti illustri del castello troviamo il compositore austriaco Joseph Haydn che visse per più di venti anni in un’ala dell’edificio separata dalla residenza del principe Esterházy, riservata al personale di servizio della famiglia.
Fra i paesi battuti dall’itinerario si segnala Sopron. Situata al confine con l’Austria qui, nel luglio 1989 il ministro degli esteri austriaco e quello ungherese tagliarono la rete in ferro che separava i due stati per far risaltare la volontà ungherese di eliminare i posti di sorveglianza lungo il confine. Nel mese successivo fu organizzato in quella zona il Picnic Paneuropeo: si decise di tenere aperto per 3 ore al giorno il confine fra Austria e Ungheria. Di questa situazione approfittarono 600 tedeschi dell’Est che approfittarono di quest avvenimento per passare a Ovest.
Dopo alcuni strappi abbastanza impegnativi al confine fra Serbia e Ungheria, con pendenze che arrivano fino al 12%, si entra in territorio rumeno. L’itinerario scorre nella prima parte lungo le rive del Danubio al confine fra la Ex Jugoslavia e la Romania (all’epoca della cortina di ferro, due stati comunisti ma indipendenti dal Blocco Sovietico) per proseguire su strade scarsamente trafficate o destinate solamente alle biciclette, fra Romania e Serbia.
Arrivati al confine fra Serbia, Macedonia e Bulgaria inizia il tratto più duro di Eurovelo 13. Lungo il primo tratto bulgaro si sale con i monti Osogovo (in Macedonia) sullo sfondo; dopo aver superato la città universitaria di Blaogevgrad si sconfina brevemente in Macedonia per un ultimo strappo prima di affrontare le verdi pianure dell’entroterra bulgaro.
Dopo aver pedalato lungo le grandi pinete della regione di Pomaks (una regione a maggioranza musulmana) e sconfinato per un brevissimo tratto lungo Grecia e Turchia, ci troviamo in prossimità di Carevo (Tsarevo), punto di arrivo dell’itinerario.
Conosciuta fino al 1913 con il nome greco di Vasiliko e durante il periodo sovietico con il nome di Michurin, questa località portuale prende il nome in onore dello zar Boris III di Bulgaria, che aiutò la ricostruzione del paese dopo che fu distrutto durante le guerre balcaniche nei primi del ‘900.
Per tornare in Italia da Tsarevo, bisogna viaggiare fino al vicino aereoporto di Bourgas: da lì partono degli aerei per l’Italia
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Tutti gli itinerari EuroVelo
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