Tratto dai diari di Claudio Piani raccolti ne “I diari della bicicletta”, un volutamente ironico resoconto numerico e a episodi del primo mese del suo primo cicloviaggio. Un viaggio in bicicletta rocambolesco di sei mesi, fatto alcuni anni fa, dal confine nord del Tibet fino a Milano, la sua città natale.
“Ero in Asia da diversi anni e l’ultimo anno lo avevo trascorso in Cina, dove facevo l’allenatore di basket in una scuola pubblica elementare. Finito il contratto di lavoro, anziché tornare in Italia in aereo, ho deciso di tornare in bicicletta. E che bici! una due ruote cinese comprata a Shenzhen, città dove lavoravo, per poco meno di 200 euro.
Il primo mese di viaggio attraverso Cina e Kazakistan in cifre
- 1 giorno di arresto poco più a nord di Urumqi (nella Regione dello Xinjiang in Cina). Nessuno parlava inglese, ad oggi non ho ancora capito il motivo dell’arresto;
- 2 raggi della ruota posteriore spaccati;
- 4 camere d’aria bucate;
- 5 creature da cui sono dovuto scappare (nell’ordine: cani da pastore, cammelli selvatici, poliziotti cinesi, zecche e un ragazzo kazako a cui stavo particolarmente simpatico);
- 11-13 km/h la velocità media in salita e con il vento contro;
- 18km/h la velocità media globale giornaliera;
- 25km/h la velocità media con gli ACDC di sottofondo;
- oltre 30 le persone che si sono fermate per offrirmi dell’acqua, sigarette, fette di anguria e addirittura un passaggio;
- 42 gradi: la temperatura più alta subita durante le mie pedalate;
- oltre 100 i poliziotti che hanno controllato il mio passaporto nella regione cinese dello Xinjiang (due di loro parlavano addirittura un inglese elementare);
- -120: i metri sotto il livello del mare che hanno rappresentato il punto più basso percorso;
- 156 km: la distanza più lunga percorsa in una giornata (e dal 122mo chilometro con la polizia alle calcagne);
- 2.374 i chilometri totali percorsi in quel primo mese;
- 3.699 metri: l’altezza della cima più alta raggiunta con la mia bici.
Episodi sparsi
Sul treno per Lhasa, capitale del Tibet, capisci di avere superato i 3000 metri di quota quando inizi ad avere un leggero mal di testa e i bambini intorno a te iniziano a vomitare all’unisono.
Salendo in quota con la bicicletta, a causa della pressione, tutte le buste di cibo sigillate si sono gonfiate fino quasi ad esplodere. Invece le ruote della bici erano dure come il marmo.
Arrivato quasi nel deserto dello Xinjiang due piccole esplosioni nel mio bagaglio. Faceva talmente caldo che gli accendini utilizzati per avviare il mio forno ad alcool sono esplosi, costringendomi a cenare a base di spaghetti crudi.
Il Palazzo del Potala a Lhasa, ovvero la residenza del Dalai Lama prima che fosse esiliato in India, è sensazionale. Una complessità architettonica incredibile, una ricchezza di particolari da lasciare stupefatti. Di tutte le strutture che ho visto, credo sia secondo, nel mio cuore, solo a San Pietro a Roma. Sono centinaia le stanze collegate da stretti cunicoli, sfarzosi corridoi o piccoli cortili nascosti. Migliaia le statue di Buddha e delle sue reincarnazioni. Tutto talmente bello che neanche i cinesi durante la rivoluzione culturale, nella quale distrussero quasi tutto il patrimonio religioso, se la sentirono di toccarlo.
La viabilità stradale in Cina è governata dalla legge del più grosso. Il primo giorno non me lo sono ricordato e infatti, nonostante abbia attraversato diligentemente con il semaforo verde, sono stato colpito da un tre ruote passato col rosso. Ruota posteriore da buttare.
Non c’è proverbio più azzeccato di canta che ti passa quando pedali per 10 ore nel deserto.
Molti mi hanno chiesto dove mi sono lavato nelle zone remote e isolate. Onesto? Non mi lavavo, se non quando avevo abbastanza acqua. Lo ammetto, entrare in tenda non è sempre stato piacevole ma per fortuna i piedi sono la parte del corpo più lontana dal naso.
Le persone
Il buddismo tibetano è completamente diverso da quello del sudest asiatico. Un monaco buddista tibetano lo è per sempre, da quando entra nel monastero fino alla morte. Con la “cinesizzazione” e la globalizzazione, sempre meno giovani decidono di diventare monaci tanto che prevalentemente sono solo le povere famiglie nomadi a mandare i loro figli in monastero.
Nella steppa in Kazakistan ho trovato una specie di carro armato abbandonato poco lontano dalla strada. Il sole quasi al tramonto, decido di fare l’ultima sosta prima di piantare la tenda qualche chilometro dopo. Dalla ferraglia esce un cacciatore con fucile in mano che, vedendomi in bici, mi offre due mele, dell’acqua e una manciata di caramelle. Gli dico che dormo in tenda e lui senza scomporsi mi dice: “attento a lupi, serpenti e scorpioni”…ammetto di aver trascorso notti più riposanti.
Ad Urumqi mi sono concesso una giornata in piscina dopo settimane di bici nel deserto. Ho pagato l’ingresso e la visita medica obbligatoria, durante la quale una dottoressa (?) controllava se i clienti avessero malattie della pelle.
Arrivato ad Almaty, in Kazakistan, dopo un mese quasi da eremita tra montagne e deserti, decido di divertirmi un po’, così, con alcuni ragazzi kazaki presenti in ostello decido di andare per locali. Una di quelle classiche serate” un paio di birre e rientriamo” ma che poi finiscono alle cinque del mattino. Verso la chiusura dell’ultimo locale mentre sono quasi tutti fuori a fumare o in bagno prima di andare via mi ritrovo seduto al tavolo da solo con una ragazza appena conosciuta. Iniziamo a parlare. Mi chiede del viaggio in bici e mi racconta dei suoi problemi con un ex marito un po’ violento.
Poco dopo arriva un energumeno che mi dice qualcosa di estremamente aggressivo in kazako. Io penso sia un cameriere che ci sta dicendo che il locale chiude tra poco e, non capendo tutta questa ingiustificata aggressività, gli sorrido dandogli una pacca. Ridendo gli dico: “Man take it easy, we are leaving soon!”. Al che l’omone mi risponde “I am the husband” e acchiappa la moglie trascinandola via. Il primo pensiero è che se intervengo questo mi apre in due ma il secondo è per la povera ragazza così mi alzo, quantomeno per provare a calmarlo. Mi ferma uno degli “scagnozzi” che, con fare molto cortese e rilassato, mi dice: “Don’t mess up with my brother, he is crazy, we controll him!”… la povera ragazza ci raggiunge una mezz’ora dopo, sulla via di casa, in lacrime.
Mentre ero a Lhasa erano in corso i mondiali di calcio, così una notte ho deciso di cercare un locale dove vedere la partita. Ne ho trovato uno parecchio affollato e molto tamarro. Però tutti sorridenti e generosi pronti a chiacchierare e offrire bottiglie di birra.
Pedalare nel deserto ti rende un’acciuga sotto sale. Anziché intridere i vestiti di sudore, mi ritrovavo la maglia e le braccia piene di sale. Ma davvero tanto sale.
Piccola considerazione sulla vita
La penultima sera in Cina, sulle montagne del Tien Shan, a duemila metri di quota, finito di cenare, vedo avvicinarsi un temporale pazzesco. Fulmini ogni cinque secondi e tuoni senza interruzione. Non esattamente la miglior prospettiva, se la tua bici e i pali della tua tenda sono gli unici pezzi di metallo nel raggio di 100 chilometri. Unica soluzione possibile: allontanare la bici e infilarsi in tenda pregando che il temporale non mi raggiunga. La fortuna gira bene e il temporale si allontana. Il giorno dopo, raggiunto un autogrill, apro il wifi e leggo tra le notizie che un ragazzo è stato ferito gravemente da un fulmine mentre era in spiaggia. In Salento. E allora penso che la vita sia una serie di coincidenze e casualità che non possiamo sempre controllare.
Per questo vale davvero la pena cercare di vivere al meglio, ciascuno a proprio modo, senza risparmiarsi o lasciarsi impaurire.
Nota: purtroppo non ho tracce Gpx da condividere perché ho sempre viaggiato senza connessione internet, supportato dalle buone e vecchie cartine cartacee.”
Tutti questi aneddoti sono raccolti nel libro di Claudio Piani: “I diari della bicicletta” mentre altri episodi del viaggio si trovano qui.