È agosto. Il sole scalda l’asfalto lineare, forse anche troppo per chi è abituato a lasciarsi attraversare dall’irregolarità della strada davanti a sé. I cerchi in carbonio scivolano come danzassero e sembra che la bici non sia mai stata più leggera. Briançon è una tavolozza di colori e tu un pittore senza pennello: perché è impossibile riprodurre una terra che sembra non appartenere alla Terra.
File di ciclisti di tutti i tipi ti passano accanto. Le montagne s’impongono sopra di te e l’atmosfera che respiri sembra volerti trascinare lontano, in un posto che ancora non conosci e che non credevi fosse reale. Travolto da ciò che ti circonda, ti dici che sì, che anche se non sei allenato per affrontare le salite mitiche che tanto hai sognato guardando il Tour de France in tv – comodamente seduto sulla tua poltrona – ti scalerai ogni passo, perché senti di essere animato dal sacro fuoco della scoperta.
Il Col du Galibier
E allora ben vengano i 2055 metri di altitudine del Lautaret, se poi, dopo 7 km e mezzo sarai immerso nelle nuvole, a un passo dal cielo: perché è questo l’effetto che fa il Col du Galibier.
Ritrovarsi lì, in cima, a contemplare la strada percorsa rientra nell’ambito di ciò che non si può spiegare, ma fa parte del magico gioco del ciclismo. E quindi va bene così. Non ci sono limiti alla bellezza. Ti ritrovi a salire l’ultimo estenuante km: l’altitudine, la fatica che ti investe dopo ben 34km e mezzo di salita. Ma le gambe girano, gli occhi sono pieni di meraviglia e ti sembra di sognare perché lo senti, anzi, lo puoi addirittura vedere: Pantani che si ferma per indossare la sua mantellina. Ecco allora che agosto 2023 si trasforma nel 27 luglio 1998.
C’è il sole ma tu senti le gocce di pioggia bagnarti i gomiti, finanche il petto. Un rumore leggero, dietro di te, ti ricorda gli uccelli quando si librano in volo. Non fai in tempo a girarti che una sagoma gialla ti affianca per quei pochi secondi che bastano per farsi riconoscere. E poi via, leggero come cotone verso la vetta. Non te ne sei neanche reso conto ma sorridi e mentre sorridi ci sei arrivato anche tu, lì in cima.
Quello che conta è il viaggio, dicono. Ma io dico che è quello che il viaggio porta con sé, a contare. E il Galibier porta con sé Pantani a Les Deux Alpes, i pomeriggi di tensione davanti alla televisione e gli applausi con lo schiocco, quelli che per la loro forza – a distanza di anni – risuonano ancora tra le mura di casa. Sei un bambino al parco giochi e come te, tutti gli altri, lì in cima.
Ti guardi un po’ intorno: che spettacolo. Una foto al cartello, grazie. E poi giù, in picchiata, con la mantellina che si gonfia d’aria e la paura che stranamente non c’è. La paura di essere affiancato da un’auto che ti fa il pelo. E il nervosismo che ti investe perché sei lì, impotente: un nano tra i giganti. E invece no: su quelle strade è tutto magico. Ma proprio tutto. E ti sorprendi di come le cose possano essere diverse. Ti meravigli della naturalezza con cui ogni cosa sembra fatta a misura di ciclista e non ti sembra vero, tanto che a casa – tra gli automobilisti indisposti e il traffico – non vorresti più tornarci.
Ma come, è già finita la discesa? Peccato. Ti guardi intorno. È ancora presto, sono in vacanza. Che bello non avere orari, pressioni. Il sole splende e c’è un’odore di baguette e croissant francesi che ti avvolge. Imbracci la tua bici, la parcheggi vicino alla boulangerie davanti a te ed entri a prenderti qualcosa, prima di partire per la prossima avventura.
Prossima tappa? Col du Granon
Perché è di questo che si tratta: di una scoperta. Prossima tappa? Col du Granon. Scendi appena qualche km ed eccolo subito il bivio sulla sinistra. Fossi stato a casa ti saresti fatto lo scrupolo: ma la reggo un’altra salita “di appena” 11,4km – che attenzione – conta da sola 1059m di dislivello?
Ma ce lo siamo già detti: qui non valgono le stesse regole di casa. Quindi ti prepari a scalare anche questa salita che già conosci a memoria, pur non conoscendola affatto. Tiri giù la zip della maglietta e via, leggero. Leggero anche se le gambe sono pesanti.
Il Granon inizia subito mettendo le cose in chiaro, quasi a volerti dire: qui comando io. Senti di nuovo quel suono, quasi una danza che fanno i pedali. Ma stavolta è il 13 luglio del 2022. Due ombre si inseguono, scattano: Vingegaard attacca Pogačar e va a conquistare la maglia gialla.
E intanto tu sali, gli alberi si fanno sempre più radi e la strada sembra volerti condurre sul nastro dei ricordi, dove giacciono i sogni. Ancora una volta superi i 2400m di altitudine e il tuo capo sembra ormai essersi abituato alle nuvole. Ti domandi perché hai aspettato così tanto per scoprire tutte queste cose. E mentre te lo domandi, con gli occhi ancora pieni di ciò che ti abbraccia, pensi già a quante altre avventure ti attendono. In fin dei conti, la vacanza è appena iniziata e ci sono tanti posti – forse troppi – che vale la pena esplorare. Perché tu – sì, proprio tu – sei Sisifo: solo che al posto di far rotolare la pietra su e giù dalla montagna, la affronti a suon di pedale, in sella alla tua fedele amante.
Tips tecniche
Una volta che il sodalizio con la bici è ben chiaro, che i ricordi, i sogni si imprimono ben bene nella memoria, giunge anche il momento di analizzare un po’ di dati. Il mitico Col du Galibier da Briançon è preceduto dal Col du Lautaret: ben 26.3 km, che contano un dislivello di 801m e una pendenza media del 3%. Come si può vedere, non presenta vette arcigne o particolarmente ripide: è un lungo falsopiano – non proprio piano – che prepara la gamba al vero mastodonte: il Galibier. Preso da solo, a parole, non fa neanche troppo paura: 7.5km che – a dispetto di quanto figuri dalle altimetrie – oscillano sempre intorno al 7/8%, con vette che superano anche l’11%.
Col du Lautaret e Col du Galibier da Briançon
Profilo altimetrico Col du Lautaret e Col du Galibier da Briançon
Il peso della bici è relativo quando si affrontano certe pedalate: qui servono le gambe e il Vo2max! Arrivare oltre 2600m di altitudine non è da uscita della domenica, a meno che non si abiti in Francia, ai piedi delle Alpi. Quindi, lasciate ogni speranza oh voi che entrate! Mettetevi l’anima in pace e preparatevi a scalare una delle salite più mitiche che esistono. E se proprio vogliamo parlare di dati, la mia Argon-18, pesava – comprensiva di doppia borraccia – poco più di 7 kg. Ma credetemi se vi dico che per chi non è abituato all’altitudine e alle lunghe scalate pendenti, il peso della bici è l’ultima cosa a cui pensare, soprattutto in vacanza!
Col du Granon
Veniamo ora alla seconda salita affrontata: il Col du Granon. Solo a ricordarlo mi salgono i brividi. In fin dei conti è questo l’effetto che fanno ben 11.4 km di salita con pendenza media al 9.3%. Già questo basta, a parole, a far venire quel male alla pancia della serie: non lo so se ci arrivo (vivo) in cima. Poi se aggiungiamo anche che l’altitudine della vetta misura 2404m e che le pendenze massime toccano il 15.9%: apriti cielo!
Profilo altimetrico Col du Granon da Briançon
Ma, a sua discolpa, se potesse parlare, questa salita risponderebbe: vi avevo avvertiti. Fatevi pure il segno della croce. Infatti, il Granon mette subito le cose in chiaro; gioca a carte scoperte. Il primo km è un assaggio della durezza della salita, con pendenze che si aggirano intorno all’10/11%. Quindi, c’è poco da fare: oltre a mettersi l’anima in pace, bisogna prediligere rapporti agili e andare su del proprio passo, senza farsi prendere dalla frenesia di arrivare in cima troppo presto.
Quello che mi hanno insegnato queste salite è che tutto ciò che dai in più – anche se stai bene e ti sembra di essere Pantani a Les Deux Alpes – lo sconti dopo. Quindi, si fa sempre in tempo a dare di più, se ai -3km si è ancora freschi come una rosa. Soprattutto se si è usciti indenni da quei 3 km centrali da inferno. Quelli sì che sono da segno della croce!
Ciò che posso dire, considerando la mia esperienza su queste lunghe salite è che primariamente – se andate lì per pedalare e aumentare un po’ di dislivello positivo nelle gambe – siete nel posto giusto. Godetevi tutta l’esperienza, fate frullare le gambe alla Froome, e non curatevi dei watt: già scalare quelle montagne, con quell’altitudine è uno dei migliori allenamenti che potrete mai fare!
Quindi, take it easy (per modo di dire) e enjoy!