Un viaggio nella Bassa Parmense, terra delle sinfonie musicali del Maestro Giuseppe Verdi, ma anche sinfonie di colore per tutte le sfumature cromatiche del fiume e della campagna.
In fondo al cuore esiste quella voglia di libertà che ogni tanto ti assale, quel desiderio di “staccare la spina” e vivere con tempi e ritmi che sono solo tuoi, con il mondo che scorre sotto le ruote e spesso si fissa come il fermo immagine di un fotogramma…
La bici che aspetta, la mente già sogna, giusto il tempo di organizzare il bagaglio adatto ad un fine settimana, acquistare un biglietto del treno e si parte.
Quale migliore scelta può immortalare questa voglia di un placido pedalare se non la ciclabile lungo il fiume Po nella zona tra Piacenza e Parma?
Un viaggio nella Bassa Parmense, terra delle sinfonie musicali del Maestro Giuseppe Verdi, ma anche sinfonie di colore per tutte le sfumature cromatiche del fiume e della campagna.
Terre dove era solito pedalare anche Giovanni Guareschi per trarre spunto ed ispirazione per i suoi personaggi, dove il parroco ed il sindaco si sfidano anche in sella alla bici (oltre che in questioni politiche).
Una terra dove lo sguardo spazia e che si lascia scoprire lentamente, tra filari di pioppi e cascine, borghi e castelli, con i campanili che spuntano dietro gli argini ed il fiume come punto di riferimento, il “grande fiume” che vive e pulsa, croce e delizia delle genti di questa terra ricca di tradizione, di storie di nobiltà e di castelli che ancora risuonano dei nomi dei loro antichi signori.
Ecco quindi un itinerario che abbraccia molti dei luoghi della bassa Parmense per pedalare assieme a Guareschi alla scoperta del “mondo piccolo”.
Itinerario
Punto di partenza: Stazione di Caorso
Punto di Arrivo: Stazione di Parma
Lunghezza totale: Km 125 complessivi
Durata: tre giorni
Dislivello: inesistente
Difficoltà: facile
Fondo: misto, in prevalenza asfaltato con alcuni brevi tratti in sterrato
Tappe Primo giorno
Caorso – Monticelli d’Ongina: 8 km
La stazione ferroviaria di Caorso, da noi individuata come luogo di partenza, si può raggiungere lungo l’asse Piacenza – Cremona per chi viene da nord, oppure lungo l’asse Parma – Cremona per chi giunge da sud.
È un emozione particolare salire su questi “trenini” locali che arrancano lungo la linea e davvero pare di immergersi immediatamente nell’atmosfera di un tempo ormai andato, quando anche Don Camillo ritornava al paesello .
Da Caorso, si attraversa il torrente Chiavenna e si passa sotto l’autostrada A21 seguendo l’argine maestro fino all’abitato di San Nazzaro, da qui si prosegue lungo l’argine per Monticelli d’Ongina dove incontriamo la prima delle rocche sul nostro percorso, la Rocca dei Pallavicino
Monticelli d’Ongina è uno centri della bassa padana Piacentina, “Monticellorum De Unghinis”, questo il nome antico del paese, dominio di due famiglie cremonesi, i Dovara e i Bonifaci de Unghinis (dal cui nome deriva il toponimo d’Ongina).
La Rocca venne ultimata nel corso del XV secolo, presenta una pianta quadrangolare circondata da un ampio fossato (oggi parco), dotata ai lati di quattro torrioni circolari secondo una classica tipologia dei manieri del piacentino.
Attualmente la rocca rappresenta il fulcro culturale di Monticelli. Al suo interno, infatti, vengono ospitati l’Acquario ed il Museo Etnografico del Po.
Ripresa la bici, si prosegue per Olza, arrivando nei pressi di Cremona per passare sotto al ponte e si continua sulla sponda del fiume seguendo la segnaletica “Percorso cicloturistico Via PO”. Iniziamo ad immergerci nel caratteristico paesaggio di campagna del Po, campi coltivati e pioppeti accompagnano il nostro pedalare. Incrociamo nuovamente l’autostrada A21 ed un altro sottopasso. La ciclabile procede in linea retta attraverso la campagna, in lontananza i campanili dei paesi scandiscono le mete successive .
Tenendo sempre l’argine passiamo oltre Soarza dove giungiamo al bivio per il Parco Fluviale Isola Giarola.
Inizia un breve tratto sterrato che s’immerge ancor di più nella campagna, ad onor del vero occorre dire che qualche cartello in più per la segnaletica in questo frangente si poteva adottare, il bivio non è ottimamente segnalato ma in fondo queste “avventure” sono spesso foriere di scoperte per angoli meno noti e come per magia un soffio di piuma scende dai pioppi come se fosse neve.
Parentesi poetica a parte, dopo aver chiesto alcune indicazioni, riprendiamo la ciclabile che giunge nei pressi di Villanova sull’Arda dove termina il tratto in territorio Piacentino e passa in provincia di Parma diventando “Bici Parma Po”.
S’incrocia il torrente Ongina ed, in località Vidalenzo, un bivio con la segnaletica per Villa Verdi dove inizia un percorso ciclabile lungo il torrente verso S.Agata per quella che fu la dimora del Maestro Giuseppe Verdi.
Verdi acquista la tenuta di Sant’Agata, nel 1848, quando è già il musicista più famoso in Italia, siamo nel periodo di composizione del Nabucco.
Nel corso di tutta la sua vita, Verdi mantiene sempre un legame fortissimo con la sua terra e con la sua passione per l’agricoltura, tanto che (si dice) desidera compaia sui suoi documenti, come professione, non quella di musicista o compositore ma bensì di coltivatore.
Verdi compra questo terreno ed inizia a costruire quella che diventerà la sua dimora preferita: quella dove trascorrerà la maggior parte del tempo, quella dove concepirà e comporrà le opere della maturità, quella dove potrà esercitare la sua grande passione per l’agricoltura e l’allevamento del bestiame.
Oggi Villa Verdi è ancora come l’ha lasciata il Maestro, ancora abitata dagli eredi.
Sei ettari di parco, ricchi di piante ed un piccolo lago, un vero angolo di paradiso.
Le stanze visitabili sono quelle che abitava Giuseppe Verdi insieme alla moglie, celebre cantante lirica, Giuseppina Strepponi.
La camera dove dormiva e lavorava il Maestro trasmette senza dubbio delle vibrazioni fortissime, vedere lo scrittoio sul quale componeva, il suo pianoforte, la sua biblioteca, insomma si respira un’aria mistica, sembra davvero di vederlo al piano intento a provare e riprovare…
Sullo scrittoio si può leggere un biglietto scritto di pugno da Verdi con la frase: “Un tedesco che sa, sa troppo; un russo che sa, è un pericolo”, se lo dice lui!
Continuando a seguire il corso del torrente Ongina si procede verso Busseto (che dista 3 Km da Villa Verdi), in località Podere Rusca di Sopra la ciclabile incrocia la SS 588 che si percorre per circa 1 Km con il disagio di un traffico un tantino sostenuto.
Busseto è località del Barezzi, il “mecenate” di Giuseppe Verdi, droghiere benestante e grande appassionato di musica intuì il genio del Maestro e lo accolse nella propria casa come insegnate della propria figlia Margherita.
Strano a dirsi ma il Maestro non fu ammesso al conservatorio di Milano (che commento fare sull’orecchio della commissione lo lasciamo a voi ) e Barezzi, oltre che ospitarlo nella sua casa di Busseto, si sobbarcò una parte considerevole del costo dei suoi studi; di questo Verdi gli mostrò infinita gratitudine come spesso testimoniano i suoi scritti.
Nella piazza principale di Busseto sorge la rocca Pallavicino di origine trecentesca e fa mostra di sé un troneggiante Giuseppe Verdi.
Dal centro cittadino di Busseto si segue la ciclabile 94 PR che segue il corso del canale di Busseto e conduce, dopo circa 8 km, a Polesine Parmense dove si torna sulla ciclabile principale “Bici Parma Po”.
Ripresa la sponda dell’argine maestro si procede con il corso della corrente verso Zibello che dista circa 4 Km.
Dobbiamo essere sinceri, la cosa che più di tutte ha mosso le nostre ruote verso questa meta è il rinomatissimo “Culatello di Zibello” tanto che non eravamo ancora scesi dalla bici ed avevamo già prenotato una lauta merenda.
Zibello è Feudo dei Pallavicino per vari secoli e vi si trova l’omonimo palazzo.
Cose da vedere:
– Palazzo Pallavicino, risalente ai primi del ‘500;
– Chiostro ex Convento PP. Domenicani di epoca primi del ‘500;
– Museo della civiltà contadina G. Riccardi, la raccolta materiali di arti e mestieri del passato.
La prima citazione ufficiale del “Culatello” risale infatti al 1735, all’interno di un documento del Comune di Parma.
Gabriele D’Annunzio lo definì il principe dei salumi per la sua dolcezza e morbida compattezza.
Il Culatello di Zibello è un marchio DOP, per tutela della sua qualità e tipicità è stato creato il “Consorzio del Culatello di Zibello” composto da 14 produttori che, attraverso un rigido protocollo di produzione, garantisce la provenienza da quella fascia di terra che corre lungo le rive del Po, e la lavorazione antica ed artigianale.
Il marchio DOP è stato ufficializzato nel 1996, fissa i criteri di lavorazione ed indica i Comuni che fanno parte di una precisa area geografica di produzione del Culatello di Zibello, zone caratterizzate da inverni freddi, lunghi e nebbiosi, ed estati torride ed assolate. Una severa regolamentazione, rigidi controlli, lavorazione artigianale, stagionatura ed origine controllata delle carni, per garantire al consumatore che il Culatello del Consorzio rispetta le tradizioni e viene ancora fatto “come una volta”.
I Culatelli controllati dal Consorzio devono essere lavorati completamente a mano tanto che vengono letteralmente “massaggiati” per almeno 20 giorni, sono prodotti solo nei mesi autunno/invernali e stagionati senza l’ausilio di impianti di refrigerazione.
Ogni anno poco più di 13.000 Culatelli di Zibello si possono fregiare della DOP e del marchio dei produttori aderenti al Consorzio del Culatello di Zibello, la commissione è severissima e non transige.
Abbiamo chiesto qualche informazione in più sul metodo di lavorazione, salatura, stagionatura…
Molte informazioni le potete trovare su www.consorziodelculatellodizibello.it/
Per il resto, come dire, segreto d’artigiano ma provare per credere… !
Tappe secondo giorno
Zibello – Roccabianca – Soragna: 28 km
Da Zibello, dopo culatelli e minestre, sazi e con il sonno ristoratore alle spalle, si continua a procedere per la ciclabile lungo il corso del fiume in direzione di Roccabianca che dista circa 9 Km.
Ancora una volta i campanili ed i casolari fanno da punto di riferimento e compagnia lungo il percorso, incontriamo nell’ordine le sagome di Pieveottoville e Ragazzola prima di giungere al castello di Roccabianca.
Di nuovo un tantino in difficoltà per la carenza della segnaletica, qualche bontempone ha girato al contrario le indicazioni per la rocca ed il cartello indica la discesa a fiume… occorre non essere troppo distratti per non finire in “bagno”.
La Rocca dei Rossi è il castello che si trova a Roccabianca, in pratica il punto d’incontro di tutte le strade di accesso al paese. Bella anche la prospettiva dall’antica Piazza del Mercato, oggi piazza Minozzi, che rivela la sua funzione di servizio al maniero feudale con la sua forma a ferro di cavallo allungato e la struttura interamente porticata.
Attraverso le mura si accede a quello che una volta era il fossato e tramite un ponte in muratura che sostituisce il precedente ponte levatoio, all’ingresso vero e proprio.
Originariamente l’interno era completamente affrescato mentre ora restano alcuni bei soffitti a travetti dipinti con festoni, putti, allegorie e simboli araldici.
La Rocca è attualmente in fase di lento restauro ma è comunque visitabile il sabato e la domenica.
Costruita per volere di Pier Maria Rossi tra il il 1446 e il 1463, venne dedicata all’amante Bianca Pellegrini.
Nel cortile, nella parte opposta all’ingresso, è presente il mastio. All’interno dell’edificio si trovano affreschi notevoli come la Storie di Griselda (centesima storia del Decamerone del Boccaccio) ed un Ciclo astrologico.
Da Roccabianca esistono diverse opportunità, si può continuare a seguire il corso della ciclabile verso Sissa per poi raggiungere Colorno, oppure scegliere di procedere verso San Secondo Parmense.
Tutte località che abbiamo comunque intenzione di visitare ma non oggi, con lo spirito di Guareschi che aleggia nell’aria, abbiamo deciso di pellegrinare un poco per il “mondo piccolo”, quella piccola parte di mondo dove la gente vera, l’aria, il vino hanno ispirato i libri su Peppone e Don Camillo.
Così con la voce dell’anima a far da navigatore, abbiamo scelto strade di campagna meno note che hanno portato le nostre ruote a Fontanelle (luogo di nascita di Guareschi che dista circa 6 Km da Roccabianca) e percorso successivamente un itinerario dettato dal nostro cuore che ci ha portato, seguendo (più o meno) il percorso del torrente Stirone, a raggiungere Soragna dopo circa 13 Km.
Due i motivi d’interesse di questa visita, il principale è costituito dalla Rocca Meli Lupi, ne esiste un altro più “alimentare” ovvero il museo del Parmigiano Reggiano.
Rocca Meli Lupi: costruita nel 1361, la rocca dei principi Meli Lupi di Soragna ospita numerosissime opere, sparse in questa splendida residenza visitabile solo in parte in quanto abitata tuttora dal principe Meli Lupi.
Registriamo subito che il principe deve essere un appassionato di ciclismo in quanto nell’androne d’ingresso sono in bella mostra tre bici (due da strada ed una MTB adattata all’asfalto) quindi ci sentiamo ospiti graditi.
Fra gli ambienti visitabili: la Sala Rossa, con sei paesaggi dipinti dal Brescianino (celebre pittore di Battaglie del primo Settecento); la Sala del Biliardo Antico, le cui pareti sono ornate di ritratti di famiglia, fra i quali il dipinto che raffigura la famosa Donna Cinerina.
Come nella migliore tradizione dei manieri antichi, Rocca Meli Lupi non si fa mancare la presenza di un fantasma.
Narra la leggenda di un delitto antico, l’uccisione di Cassandra Marinoni di Milano (nota ai soragnesi come Donna Cenerina) assassinata in quanto involontaria testimone di un delitto nel 1573. Il fantasma vagherebbe senza pace per la rocca, accompagnata da rumori e scricchiolii a presagire, nei secoli, sinistri presagi per i signori del castello.
Si narra infatti che il fantasma di Donna Cenerina appaia soprattutto quando qualche cosa di negativo stia per accadere ai discendenti.
Museo del Parmigiano Reggiano
Dopo il culatello non potevamo far mancare una parentesi gastronomica.
Il Parmigiano-Reggiano, crediamo sia ormai noto a tutti, è il classico e prestigioso formaggio italiano apprezzato in tutto il mondo per le sue peculiarità inimitabili (anche se in campo europeo si è tentata l’imitazione con il “parmesan”), vanta origini antichissime e già Marziale, in epoca romana, ne decantava la fama.
A metà del Trecento Giovanni Boccaccio, nel suo Decamerone, cita il Parmigiano per condire maccheroni e ravioli, collocandolo nel Paese di Bengodi.
La raccolta del materiale del museo si riferisce a tutte le cinque provincie in cui il Parmigiano-Reggiano è prodotto. Gli oggetti si collocano per lo più nell’arco temporale compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.
Crediamo che anche voi al termine della visita avrete voglia di assaggiare…
Come ciclisti d’assalto siamo senza speranze, passiamo da un assaggio all’altro, del resto un viaggio alla scoperta del gusto non avrebbe senso se non con queste parentesi e ci sacrifichiamo sempre più che volentieri.
Da Soragna si riparte percorrendo strade secondarie che, nonostante tutto, sono un po’ più dense di auto, si procede verso l’abitato di Paroletta che si incontra dopo circa 5 Km e si continua sulla 11 PR per raggiungere Fontanellato.
Entrando in centro, si rimase sorpresi nello scoprire quasi all’improvviso, percorrendo strette strade di impianto medioevale, la Rocca di Fontanellato gioiello perfettamente incastonato nel centro storico, circondata dal fossato ed incorniciata nella piazza dove si aprono portici e botteghe.
L’ingresso per quello che era l’antico ponte levatoio, accessibile oggi anche con la bici ed una visita al suo cortile interno sono un vero tuffo nel passato.
Il nome Fontanellato richiama la toponomastica, Fontana Lata, in quanto il paese è urbanisticamente conservato nella sua originaria struttura chiusa, un tempo, da un ampio fossato esterno. La Rocca, circondata da una grande fossato conserva quel fascino che gli deriva dall’esser stato una costruzione di difesa militare nei tempi del medioevo.
Casa e maniero dei Sanvitale sul cui stemma troviamo il grifone, animale protettore della casa, animale mitico, custode del Paradiso, che unisce le qualità dell’aquila con quelle del leone (vigilanza e coraggio).
Dal 1400 in poi, scelsero questo castello, come il fulcro del loro feudo, il castello fu venduto all’amministrazione comunale nel 1951 dall’ultimo conte.
Gli ambienti interni mantengono il loro antico fascino, una visita curiosa la merita la “Camera Ottica” una sala particolare e molto curiosa che, grazie ad un gioco di prismi e lenti, consente di osservare di nascosto la vita dei cittadini nelle vie circostanti al castello, una sorta di specchio segreto.
Ma il clou della visita sono gli affreschi del pittore Francesco Mazzola, detto “Il Parmigianino” con la rappresentazione del mito di Diana, dipinto del racconto tratto dalle metamorfosi di Ovidio che narra la storia di Atteone trasformato in cervo dalla dea Diana perché colpevole d’averla vista nuda mentre faceva un bagno.
I dipinti sono talmente vivi e veritieri che paiono uscire letteralmente dalla parete…
Tappe terzo giorno
Fontanellato – San Secondo Parmense: 8 km
Dopo una notte romantica, al rintocco delle campane ed alla vista del maniero riflesso nelle acque del fossato, non senza peraltro aver preso contatto con l’ennesima delizia gastronomica della zona, la spalla cotta di San Secondo, tanto per anticipare una delle località che andremo a visitare, siamo freschi e riposati per una nuova giornata che muove le sue ruote da Fontanellato verso San Secondo Parmense, ancora una volta su strada secondaria (44 PR) risalendo verso il corso del fiume Taro.
La storia del borgo è legata a quella dei Rossi che fondarono alla metà del ‘400 un imponente castello.
Il portico e il loggiato sono del XVI secolo, decorati con Putti mentre il cortile a trapezio risale all’inizio XVI secolo.
Superba la sala delle “Gesta Rossiane” con il racconto dell’Asino d’oro.
La storia narra le vicende di un ragazzo di nome Lucio appassionato di alchimia e si svolge a Patrasso, in Grecia, dove egli si reca in Tessaglia paese delle streghe. Qui alloggia dal ricco Milone e sua moglie Panfila, nota maga dalle facoltà di mutare la sua persona in un uccello. Lucio affascinato dalla cosa, vuole tentare la stessa magia e, aiutato da una serva, ruba una delle boccette della padrona. Purtroppo però la pozione invece che trasformarlo in un volatile lo muta in un asino.
Non possiamo farci mancare neppure l’ectoplasma, leggenda narra che anche in questo castello esista un fantasma che si aggira ogni notte a mezzanotte, si tratta dii una giovane fanciulla non ancora ventenne trucidata a sangue freddo. Ancora oggi si vede la traccia di sangue sul camino della Sala di Latona, a testimoniare il punto in cui fu assassinata.
Di particolare suggestione il “Palio delle contrade” in scena nel primo fine settimana di giugno con la rievocazione del matrimonio tra Pier Maria Rossi (padrone del maniero) e Camilla Gonzaga avvenuto nel 1523, palio in cui le sei contrade si contendono la vittoria al gioco della “quintana” che consiste in una sfida fra Cavalieri che, muniti di una sorta di lunga asta, devono raccogliere infilzandoli mentre sfrecciano col proprio cavallo in un giro di campo di gara, fino ad un massimo di quattro anelli dalle dimensioni, ridottissime.
Lo spettacolo e la tensione sono facilmente immaginabili.
San Secondo Parmense – Colorno: 16 km
Per noi cavalieri moderni, resta ancora la strada che ci divide dalla meta successiva, 16 Km lungo strade di campagna per toccare Trecasali, Torrile e giungere infine a Colorno ed alla sua reggia. Giungiamo in una splendida mattina assolata restando assolutamente a bocca aperta davanti al fasto ed alla bellezza dei suoi giardini.
Un gioco di fontane e giardini curati nei minimi dettagli, un angolo di paradiso dove l’espressione “esco un’attimo a fare due passi in giardino” assume tutt’altro valore !
Il palazzo ducale o Reggia di Colorno, fu costruito agli inizi del XVIII secolo dal duca Francesco Farnese. Trasformata nel 1807 con decreto di Napoleone che lo dichiarò “Palazzo Imperiale”, furono iniziati nuovi lavori di ristrutturazione.
Fu assegnato alla moglie di Napoleone Maria Luigia d’Austria che ne fece una delle sue residenze preferite aggiungendo un ampio giardino all’inglese.
Il primo impianto dei giardini risale al 1480, un misto fra giardino all’italiana e giardino alla francese profondo oltre quattro km.
Maria Luigia d’Austria lo trasformò nel 1816 in un giardino all’inglese.
Colorno – Parma 17 km
Da Colorno, non senza aver fatto merenda, si riprende la ciclabile che si snoda accanto ai canali Fossetta Alta e Fossetta Bassa che conduce in linea retta versa il capoluogo di provincia, la città di Parma.
Sono 17 Km circa che trascorrono placidamente, nuovamente la campagna per amica con le sue sinfonie di colori mentre ci avviciniamo alla città.
Le prime avvisaglie del frenetico scorrere della vita di tutti i giorni riprendono in prossimità del cavalcavia che consente di superare l’autostrada.
Dal cavalcavia 8 Km dividono dal centro cittadino e si ripiomba (sfortunatamente) nel caos delle piste ciclabili cittadine dove la nostra gita termina, fino alla prossima occasione…
Una visita di Parma non può prescindere dal meraviglioso colpo d’occhio di Piazza Duomo, dove la cattedrale, il Battistero e il Palazzo Vescovile creano un angolo medievale di rara suggestione.
Il Duomo (secc. XI-XII) è una delle più alte espressioni dell’architettura romanica padana.
A poche decine di metri dalla cattedrale sorge San Giovanni Evangelista, edificio rinascimentale (con facciata e campanile barocchi) che ospita straordinarie opere pittoriche.
Il “Parmigianino” lo ritroviamo nella Madonna della Steccata, splendida chiesa rinascimentale.
Il Teatro Regio, fra i più illustri d’Italia, testimonia dello stretto legame che unisce Parma e la musica lirica.
Parma non si esaurisce qui. il Parco Ducale, offre un altro esempio di giardino “alla francese” e molto ancora, ma non possiamo togliervi tutto il gusto della scoperta.
Riepilogo e suggerimenti
L’itinerario proposto si articola su tre giornate, principalmente lungo le sponde del fiume PO, lungo le ciclabili della bassa Parmense oppure utilizzando strade secondarie con scarso traffico. Sotto il profilo della sicurezza stradale lo possiamo considerare un buon itinerario, con il disagio scontato di soffrire un poco di traffico avvicinandoci al centro di Parma.
Il percorso è davvero adatto a tutti, anche alle famiglie con bambini poiché interamente in pianura e privo di salite.
Nel nostro caso, abbiamo optato per tappe brevi articolate su tre giornate poiché le cose da vedere sono molte e le visite hanno necessità del loro giusto tempo, sacrificando qualche visita in tempi più stretti e con la gamba più allenata alla distanza, il percorso si può affrontare anche in un fine settimana.
Non mancano le possibilità di ristoro, il “mondo piccolo” offre numerosi piccoli villaggi dove un bicchiere di vino, un sorriso ed una stretta di mano all’ospite non mancano.
Si può considerare adatto ad ogni tipo di bici, nonostante alcuni brevi tratti sterrati che verranno comunque ben presto sistemati in previsione dello sviluppo delle piste ciclabili.
Come sempre una bici da turismo è consigliabile ma in questa occasione il cambio ed il deragliatore possono essere quasi superflui.
Le condizioni climatiche sono variabili nel periodo primaverile ed autunnale, come sempre la pioggia è una scomoda compagna ed è consigliabile prevedere di portare con sé una copertura impermeabile per bagagli e ciclista, l’importanza di un ricambio asciutto non è mai abbastanza garantita !.
Inoltre occorre anche non scordare che la nebbia non è una sorpresa per questa zona, perciò occorre ricordare che i fanali non sono “articoli opzionali” per la nostra bici, usateli!
Un lucchetto per la chiusura delle bici è un buon presidio per le aree urbane, sperare di vivere in un mondo di onesti non guasta ma la prudenza non è mai troppa.
Una nota di demerito per le nostre ferrovie va purtroppo evidenziata, qualcuno può dire “come sparare sulla croce rossa” ma non si possono tacere le sofferenze dei ciclisti sulle linee promosse come “treno + bici”.
Molto, troppo spesso, le stazioni e i vagoni sono impreparati e si gioca in difesa.
Su alcune delle tratte principali e su molte delle linee locali (ad esempio sulla Piacenza-Cremona) non esistono vagoni adatti ad ospitare le bici, si utilizzano i vecchi carri postali ma il piano d’imbarco non si trova al livello del binario, bensì ad almeno 1,5 metri dal suolo, disagio non da poco se dovete sollevare una bici stracarica di bagaglio (quindi pesantissima).
Oltre a questo, il vagone non è assolutamente adatto ad ospitare un numero consistente di biciclette, bastano 4 bici a mandare in crisi il personale.
Anche sulle cosiddette “linee attrezzate”, nonostante vagoni nuovi con predisposizione alla bici, le cose non migliorano di molto, i ganci a soffitto consentono di agganciare la ruota ma, come nel caso precedente, il peso della bici con bagaglio costringe a “scaricare”, inoltre i ganci sono talmente ravvicinati tra loro che non è consentito occuparli tutti a meno di non intervenire con una chiave adeguata e girare lo sterzo.
Purtroppo non basta, anche le stazioni hanno le loro pecche, ad esempio se il treno individuato (come nel nostro caso nella stazione di Parma) non parte dal primo binario e si è costretti a prendere un sottopasso, sorpresa sorpresa ! solo e solamente gradini su gradini che (ancora una volta) con la bici ed i bagagli non sono per nulla pratici.
Si può davvero migliorare, anche nella cortesia del personale in servizio, in fin dei conti il ciclista paga il biglietto anche per la bici!
Gastronomia
Non è un segreto che i salumi della zona sono una prelibatezza comunque li si voglia servire, se da soli oppure accompagnati al sugo di una minestra.
Il guaio, come sempre, è stare attenti alla linea (ciclista avvisato…)
Ecco una carrellata delle possibilità:
– Culaccia di Fontanellato;
– Culatello di Zibello;
– Salame Felino;
– Spalla cotta di San Secondo;
– Prosciutto crudo di Parma.
Per i vini, come sempre abbiamo ecceduto solo al pasto serale…non possiamo non citare:
Il Lambrusco
Nella zona di Parma è il frutto di una particolare selezione, dovuta alla paziente cura di appassionati viticoltori. E’ un vino rosso-scuro, generoso leggermente asprigno, con profumo di mammola e di moderato tenore alcolico:10-11 gradi.
Il Gotturnio
Colli Piacentini, frizzante e di colore rubino brillante, odore vinoso e di tenore alcolico sugli 11,5 gradi.
La Malvasia secca
Giallo paglierino brillante; cromatura limpida e pulita; profumo fruttato, intenso e pulito con una buona nota aromatica e tenore alcolico 10-12 gradi.
Queste sono le mie zone e devo dire che sono state descritte benissimo. Questi articoli sono utilissimi perché fanno conoscere luoghi dove poter pedalare anche a ciclisti che vivono nelle vicinanze. Tendenzialmente si guarda sempre a luoghi lontani da visitare, dimenticandosi di quello che c’è vicino. Grazie