Gli amatori possono andare forte come un ciclista professionista?
E cosa succede a un cicloamatore che pedala il Tour De France? Quali sono le implicazioni a livello fisiologico e di prestazione quando un amatore affronta lo stesso percorso riservato ai professionisti? Uno studio molto interessante ha proprio valutato questo aspetto, con ampie ricadute sulla preparazione degli amatori. In questo articolo andiamo a vedere cosa succede a un amatore che pedala il Tour De France.
Amatore e professionista a confronto
Partiamo da questo studio: “The Tour de France, also possible for mortals? A comparison of a recreational and a World Tour cyclist” (Journal of Applied Physiology, 2023), che è stato citato nell’articolo originale di Alex Hutchinson, pubblicato su Outside. Il testo dello studio parla di come i grandi giri in bicicletta (Giro d’Italia, Tour de France, Vuelta a Espana) siano da considerare degli esercizi di resistenza estrema e sottolinea come rappresentino qualcosa come il massimo sforzo energetico sostenibile per gli esseri umani.
E così i ricercatori hanno deciso di confrontare i dati di due atleti che hanno percorso il Tour De France:
- Un gregario di 27 anni che ha gareggiato effettivamente nella corsa per una delle squadre del World Tour.
- Un amatore di 58 anni che ha percorso l’intero percorso del Tour de France partendo una settimana prima della gara, come parte di un evento di raccolta fondi per la leucemia.
Cosa è successo a entrambi? Scopriamolo.
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Come si sono allenati per affrontare il Tour de France?
Prima di vedere cosa succede a un amatore che affronta il tour de France, vediamo prima come questi due atleti si sono preparati per affrontare il percorso. Non è possibile scendere dal divano e e fare il Tour de France una mattina, serve una preparazione completa.
- L’amatore ha iniziato ad allenarsi per l’evento un anno e mezzo prima e ha dichiarato di spendere dalle 10 alle 15 ore in bici a settimana nell’anno precedente e dalle 15 alle 20 ore a settimana negli ultimi quattro mesi.
- Il professionista faceva da 18 a 22 ore a settimana per gli ultimi quattro mesi, il che non è così tanto di più, anche se il professionista percorreva 400 miglia a settimana, il doppio di quanto facesse l’amatore;
Cosa succede a un amatore che pedala il Tour de France?
Mettiamo a confronto i due atleti:
- Il professionista ha percorso 3405 km con un dislivello di 51816 m in 21 tappe in 87 ore. L’amatore lo ha fatto in 191 ore, di cui 158 sono state effettivamente trascorse in bicicletta;
- In base ai dati del misuratore di potenza durante l’allenamento, il professionista aveva un VO2 max stimato di 80,5 ml/kg/min, mentre l’amatore era a 45,4 ml/kg/min, pari quasi alla metà. Le loro FTP erano rispettivamente di 375 watt e 286 watt;
- Nel corso dell’evento di tre settimane, il peso del professionista è rimasto stabile, mentre l’amatore ha perso 2kg di peso corporeo;
- Il professionista consumava in media 7.098 calorie al giorno mentre l’amatore ne bruciava almeno 8590;
- A livello di intensità dello sforzo, il professionista ha passato la maggior parte del tempo nelle zone di allenamento superiori alla Z3-Z4 (partendo dal concetto delle 7 zone di potenza) mentre l’amatore ha speso la maggior parte del tempo in zone inferiori alla Z3-Z4;
- Il professionista bruciava circa 3,8 volte il suo tasso metabolico basale mentre l’amatore ha raggiunto 4,3, principalmente perché trascorreva molto più tempo in sella e meno tempo a letto.
Questi dati consentono ai ricercatori di fare un confronto sulla prestazione di entrambi: l’amatore era più lento, ma stava spingendo altrettanto duramente in relazione alla sua forma fisica? No, era il professionista a mostrare uno sforzo maggiore. Non dimentichiamoci che il primo stava svolgendo il proprio lavoro, mentre l’amatore stava facendo un cicloviaggio e copriva ogni tappa trascorrendo il doppio del tempo in sella.
Cosa possiamo dedurre da questi dati?
Cosa possiamo imparare da questo amatore?
I dati dello studio ci pongono in evidenza una questione che per troppo tempo è rimasta “vaga” nel mondo del ciclismo amatoriale: un amatore, anche se evoluto, non può minimamente essere paragonato a un ciclista professionista. Se leggiamo i dati di entrambi notiamo che:
- A livello di fitness, il ciclista professionista presentava un peso corporeo minore ma una potenza di soglia più alta. I watt/kg espressi dal professionista era decisamente più elevati rispetto a quelli dell’amatore. A livello di potenza aerobica vediamo come il ciclista avesse il doppio rispetto all’amatore;
- Il professionista è stato in grado di sostenere intensità più elevate per più tempo e nonostante questo consumare meno energia. Com’è possibile? Le ore di allenamento nella sua carriera hanno reso il suo corpo una macchina da endurance, con una potenza lipidica elevata e con un’economia del gesto molto più alta. Il professionista è quindi in grado di esprimere più potenza a un costo metabolico minore;
- Il ciclista professionista era in grado di coprire la stessa distanza dell’amatore nella metà del tempo;
- Le strategie di nutrizione a disposizione del ciclista professionista gli hanno permesso di sostenere tale intensità senza la perdita di massa magra, grazie al timing di ingestione di carboidrati e proteine, cosa che per l’amatore non è avvenuta anche se lo sforzo era di gran lunga minore.
Allenati in modo personalizzato, non scopiazzare i pro
Cosa capiamo da questo studio? Che nemmeno un amatore evoluto può competere con un ciclista professionista. E allora perché continuare a impostare la nostra preparazione andando a scopiazzare quello che fanno i pro? L’allenamento, per essere efficace, deve essere impostato sulle nostre capacità, esigenze e disponibilità di tempo.
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un confronto decisamente senza senso. l amatore oltre ad essere molto avanti negli anni aveva un vo2 max quasi da sedentario , un amatore medio tra i 40 e 50 anni di solito oscilla tra 50 e 55 , quelli bravini tra 57-58 e oltre. Il pro teneva mediamente un ritmo gara l amatore no.
ma il professionista andava in gruppo, e l’amatore da solo?
se così le prove non erano uguali.
Articolo senza senso…
L’articolo ha un titolo con il punto interrogativo alla fine, parte da uno spunto di riflessione e riporta dati per fare un confronto: un commento apodittico rischia di essere molto più insensato.
Manuel Massimo – Direttore responsabile di Bikeitalia.it
Non lo giudico un articolo del cavolo, è interessante, ma concordo che il confronto tra un professionista di 27 anni e un amatore di 58 anni, perde sicuramente molto senso
Uno studio del cavolo li dovevano prendere della stessa età e poi li si vedevano le lacune e le differenze,articolo del cavolo.