Il 31 dicembre è un’ottima occasione per guardare all’anno appena trascorso e cercare di capire cosa è successo, cosa non è successo e porsi dei buoni propositi per l’anno a venire.
Dal nostro punto di vista, il 2018 è stato un anno iniziato nel migliore dei modi, con l’approvazione della Legge Quadro sulla Mobilità Ciclistica che ha sancito una volta per tutte, tra le altre cose, che lo Stato italiano, attraverso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, oltre a occuparsi di porti, aeroporti, treni e autostrade, si dovrà occupare anche della realizzazione della rete ciclabile nazionale.
Da lì, in poi, complice il cambio di governo, le cose si sono fermate perché il nuovo parlamento e il nuovo esecutivo hanno pensato bene di dedicare le proprie attenzioni ad altre faccende che hanno tenuto banco sui media nel corso dei mesi successivi.
Il governo ha così disatteso la Legge 2/2018 che prevedeva la redazione di un Piano Nazionale della Ciclabilità entro 6 mesi dall’introduzione della legge e quindi entro il mese di giugno. E per quanto abbia confermato l’allocazione di denari previsto dal precedente governo per il finanziamento delle ciclovie turistiche, la legge di stabilità appena votata in parlamento non prevede alcun impegno di spesa a favore della mobilità ciclistica, al punto che la FIAB non ha mancato di definirla “imbarazzante“.
In questo 2018, mentre ho personalmente assistito a un intervento da parte del ministro dei trasporti, Danilo Toninelli, in cui ha promesso grandi impegni a favore della sicurezza stradale e della demotorizzazione (li stiamo ancora aspettando), allo stesso tempo non ho potuto fare a meno di notare che l’altro partito di governo non perde occasione di schierarsi contro ogni intervento di limitazione delle velocità, ritiene apertamente che le ciclabili servano solamente agli immigrati perché gli Italiani devono lavorare e, laddove amministra come a Udine e Vicenza, si è mosso immediatamente per rimuovere le limitazioni all’uso dell’automobile e a tutela degli altri utenti della strada. Ciliegina sulla torta è la proposta di legge presentata il 25 giugno scorso da parte di ben 45 deputati leghisti che prevede l’introduzione del casco obbligatorio per tutti coloro che si muovono in bicicletta e che entrerà nella discussione della riforma del codice della strada.
A livello locale non sono certo mancate le buone notizie, ma come sempre, sono poco più che gocce nell’oceano legate alla buona volontà di questo o quell’amministratore che rischiano di essere smantellate al prossimo cambio di maggioranza in mancanza di vincoli imposti dal governo centrale.
Alla luce di questi elementi, risulta estremamente difficile giudicare in modo positivo l’anno che va a concludersi e nutrire particolare speranza per quello nuovo.
Tuttavia il 2018 è stato molto di più di questo: è stato anche l’anno della COP24, la conferenza intergovernamentale sui cambiamenti climatici che si è tenuta in Polonia. Durante questo incontro internazionale, l’IPCC (organismo delle nazioni unite) ha fatto sapere che il genere umano ha a disposizione 12 anni per ridurre le proprie emissioni di CO2 e in questo modo riuscire a limitare le catastrofiche conseguenze derivanti dal riscaldamento globale.
Durante il summit di Katowice, tra tutti c’è stato un intervento pubblico che ha attirato le attenzioni, quello di Greta Thunberg, una giovane ribelle di 15 anni con la sindrome di Asperger che non ha avuto paura di dire ai leader del mondo che sono immaturi perché continuano mettere il profitto di pochi individui davanti alle sorti del genere umano lasciando il conto da pagare ai bambini.
Dallo scorso mese di settembre Greta Thunberg è impegnata in uno sciopero per il clima: ogni venerdì, invece di andare a scuola si reca davanti al parlamento con un cartello per chiedere “giustizia climatica”. Il suo esempio è stato ripreso da migliaia di persone in tutto il mondo che ogni venerdì si incontrano per chiedere un ripensamento delle varie agende politiche.
Dal mio punto di vista è bastato vedere l’impegno di questa ragazza e l’attenzione che ha destato in tutto il mondo per decidere che il 2018 è stato un anno difficile, ma non un anno perso perché ha gettato le basi per un ripensamento generale di un modello di sviluppo che ha portato prosperità alla società per un breve periodo a discapito delle generazioni future che adesso rischiano di non avercelo neppure più, un futuro.
Il 2018 ci ha mostrato in modo inequivocabile che il mondo, la società, la nostra condizione socioeconomica e l’ambiente non cambieranno con i like su Facebook e le infinite discussioni sui social, ma solo attraverso un impegno collettivo e individuale che rigetti il consumismo come modello di sviluppo e metta al centro le persone, la loro salute e il loro diritto a vivere in un ambiente sano.
Il mio augurio per il nuovo anno è quindi che questo 2019 offra il coraggio necessario a tutti quanti per ribellarsi contro la logica del “lavora-produci-consuma-crepa”, rivendicando lo spazio necessario per essere cittadini e non più consumatori; per spegnere la tv e smettere di credere alle false promesse della pubblicità perché nessuno di noi sarà una persona migliore, più simpatica, più amata o rispettata con un’automobile nuova o con un nuovo profumo.
Il mio augurio per il nuovo anno è che ciascuno di noi scelga un modo per ribellarsi e per diventare promotori di quel cambiamento di cui tanto abbiamo bisogno, sia questo cambiamento la costruzione di una pista ciclabile, l’interdizione alle automobili di un tratto di strada davanti alle scuole, la pedonalizzazione di una piazza, la riduzione della distribuzione di imballaggi da parte del supermercato sotto casa, la denuncia alle autorità e sui giornali di chi continua a collezionare profitti a danno della collettività.
Quindi buon 2019, ribelli. E che il nuovo anno vi porti la forza di cambiare voi stessi per cambiare il mondo attorno a voi. Perché se non lo farete voi, non lo farà nessuno.
Noi continueremo la nostra attività per diffondere la ribellione, attraverso queste pagine digitali, nei convegni, sulle strade e ovunque potremo farlo.
Il discorso di Greta è la più alta espressione politica sentita (almeno in Italia) da molto tempo.
Buon anno a Bikeitalia!