Automobilista bastardo
Vivo in una metropoli del centro Italia, piena di monumenti, ministeri e auto blu, ma preferisco non svelarne il nome per ragioni di privacy. Non possiedo l’automobile. Il mio mezzo di trasporto è la bicicletta. Tempo fa la ruota posteriore s’è infilata nella rotaia del tram. Sono volata a terra. Sono stata investita da un taxi che seguiva subito dietro. Danni limitati, alle persone e alle cose.
Mentre cadevo, tuttavia, ho provato a ricapitolare i potenziali rischi di un ciclista per le strade urbane. Il pericolo numero uno è l’automobilista. Ti sta sempre troppo attaccato, ti supera sempre troppo vicino. Anche quando l’ingorgo lo blocca, che tu pensi “questo qui non può andare proprio da nessunissima parte”, fa all’improvviso quell’inutile sobbalzo in avanti o di lato: pochi centimetri sufficienti a tagliarti la strada.
Nella classifica del rischio, subito dopo l’automobilista c’è l’automobilista parcheggiato, quello che trasforma lo sportello in uno schiacciaciclisti. L’automobilista che si appresta ad abbandonare la sua corazza, usa la portiera come arma contundente, l’ultimo colpo di lamiera possibile prima di essere degradato pedone. Il parcheggiato aspetta paziente il tuo arrivo, fingendosi indaffarato in tutta una serie di attività (raccogliere una cosa sul sedile, ripiegare all’interno il retrovisore, bloccare lo sterzo con l’antifurto, sistemarsi i peli del naso nello specchietto…). Poi apre di scatto, senza ovviamente guardare cosa succede fuori, proprio nella precisa frazione di secondo in cui la tua traiettoria non può che concludersi sul rivestimento interno in plastica e moquettina acrilica della sua vettura, tra la maniglia e il finestrino.
C’è poi l’automobilista fumatore, che butta la cenere fuori: la brace seduce il tessuto tecnico della giacchettina da ciclista illudendolo di potersi trasformare in torcia imperitura. E appartengono alla serie fumatore al volante il braccio con la cicca fuori e puntata contro di te, la mano che lancia il mozzicone acceso (sempre verso di te… eddove sennò?), gli occhi che cercano l’accendino e non guardano più a destra, con la sua automobile che ti stringe sempre più verso il marciapiede, verso un lampione o, peggio, verso un’automobilista parcheggiato che aspetta paziente il tuo arrivo fingendosi indaffarato eccetera eccetera.
Mica ci sono solo gli automobilisti. Altre minacce urbane incombono sull’incolumità di un fragile pedalatore urbano. Nell’ordine. L’autista di furgoni tipo Ducato o Fiorino che in qualunque condizione di traffico, di meteo, di umore e di spazio residuo della carreggiata, non scende comunque sotto la velocità minima di crociera imposta dalla categoria in almeno 50 chilometri orari. Il taxista, che lui lavora eccheccazzo ci fa tutta ‘sta gente in giro a rompere i coglioni ci mancavano solo i ciclisti. Il possessore di Smart, rigidamente irrigidito in camicie dall’alto colletto rigido, che poi è proprio il colletto rigido che gli impedisce di guardare a destra e sinistra. Gli Ncc, ovvero i conducenti delle vetture a noleggio, che poverini si devono sbrigare ché devono tornare a fare chiacchiere al posteggio con altri Ncc. I ragazzini sulle minicar e il perché non va nemmeno spiegato. I piloti competitivi, che non sopportano di essere superati da un velocipede e t’inseguono per fartela pagare.
Più rari, ma comunque pericolosi, sono i resti di vetro e plastica lasciati sull’asfalto da un conflitto tra automobilisti, le borchie delle ruote degli automobilisti che si staccano dal cerchione, le scivolose macchie d’olio disseminate per strada dai motori degli automobilisti, le voragini che si aprono nel manto stradale sia a causa del peso dei mezzi degli automobilisti sia a causa di lavori di manutenzione pessimamente eseguiti da altri automobilisti.
Chi è arrivato fin qui può chiedere. Ma che dici? Ma che vuoi? Guarda che hai fatto tutto da sola. E’ solo colpa tua. Hai infilato la rotaia del tram e sei caduta… Sì, è vero. Ma gli automobilisti mi stanno sul cazzo!
Io sono ciclista ed automobilista. A me stanno sulle palle i ciclisti che con queste idiozie dimostrano di avere lasciando il cervello sul comodino.
Siamo in due allora!