Con la bici non si può barare

Con la bici non si può barare
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Dal giorno in cui mi è stata concessa l’autonomia velocipede, il mio territorio si è meravigliosamente ingrandito. In Bretagna, i pochi chilometri guadagnati mi aprivano dei mondi: da un lato il mare (le spiagge attraverso piccoli sentieri, il porto dei pescatori attraverso la nazionale), dall’altro la campagna e i boschi (l’avventura di raccogliere i funghi a fine agosto).

Il corpo a corpo con lo spazio era una prova inedita ed esaltante di solitudine. Il corpo a corpo con me stesso era un’esperienza intima, scoprivo le mie possibilità e i miei limiti: non si può barare con la bici. Qualsiasi eccesso presuntuoso viene immediatamente punito (…). Imparai a imparare, imparai la disciplina e, quando alla fine delle vacanze riuscii ad arrampicarmi fino alla piazza della chiesa in terza e senza mettermi in piedi sui pedali, seppi che ero diventato più forte.

Sappiamo che non dimenticheremo mai come si fa ad andare in bicicletta, è come nuotare. Ma c’è di più. La conoscenza progressiva di sé stessi, legata all’uso della bicicletta, lascia tracce indimenticabili e insieme inconsapevoli. In questo paradosso risiede la sua originalità: il paradosso del tempo e dell’eternità, potremmo dire. I giovani che vanno in bicicletta sperimentano la conquista del loro corpo. È un’esperienza di conquista, perché sono nel fiore dell’età. Più o meno robusti, più o meno agili, più o meno portati – ma tutti normalmente vigorosi – si mettono alla prova sulle salite slanciandosi in avanti; sanno che in certi momenti sono più efficaci che in altri; hanno in quel momento la sensazione di “pedalare a manetta” (…).

È una sensazione che scompare con l’abitudine e si dissolve in poche ore per fare spazio alla stanchezza. Con l’età diventa anche più rara, soprattutto quando non si è allenati. Proprio per questo, andare in bicicletta, vuol dire imparare a gestire il tempo: il tempo breve della giornata o della tappa e il tempo lungo degli anni che si accumulano. Eppure (ed ecco il paradosso) la bicicletta è anche un’esperienza d’eternità. Un po’ come capita al mare, quando ci stendiamo sulla sabbia e chiudiamo gli occhi, e abbiamo la sensazione di ritrovare la nostra infanzia o, più esattamente, delle sensazioni che, non avendo età, sfuggono all’azione corrosiva del tempo, anche per chi, con qualche timidezza iniziale, sale di nuovo su una bici dopo un po’ di anni di astinenza, e non solo non tarda a “ritrovare le sue sensazioni”, come dicono gli sportivi per indicare la coscienza che hanno del loro corpo e delle loro capacità non appena ricominciano gli allenamenti, ma soprattutto con loro riscopre velocemente un insieme di impressioni (l’esaltazione della discesa a ruota libera, le carezze del vento sul viso, il lento muoversi del paesaggio) che per rinascere sembravano aspettare solo quest’occasione.

Di Marc Augé

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