Ansel Adams – la poesia del paesaggio
Come Paolo Uccello è stato il primo a teorizzare l’utilizzo della prospettiva nell’arte pittorica, così Ansel Adams è stato colui che ha trasformato in scienza esatta l’esposizione fotografica in qualunque condizione di luce e di luminanza delle superfici. La teoria delle “zone” oltre a trovare applicazione durante il momento dello scatto, è alla base anche di tutte le tecniche di postproduzione in camera oscura per migliorare il contrasto.
Ansel Adams è stato tra i fondatori del gruppo f/64, un’accolita di appassionati della fotografia che sostenevano come la foto perfetta non dovesse contenere traccia di sfocatura alcuna e quindi si dovesse utilizzare il minimo diaframma possibile.
L’insieme di queste teorie trovano applicazione pratica nella serie di paesaggi immortalati in California e Nuovo Messico dagli anni ’20 fino alla fine degli anni ’60 del XX secolo.
Nonostante siano trascorsi oltre 60 anni dalla prima pubblicazione della sua trilogia – La Fotocamera, Il Negativo, La Stampa – i suoi insegnamenti rimangono ancora validi anche nell’era digitale.
Una corretta esposizione fotografica può sembrare ridondante nell’epoca di Photoshop, ma i programmi di Adobe possono aiutare a migliorare un’immagine già buona, non certo a rendere straordinario uno scatto sovra o sottoesposto.
Per una prima infarinatura sul sistema zonale rimando alla sempre ottima wikipedia.
E per chi mastica l’inglese, ecco un documentario realizzato una ventina di anni fa dalla BBC su e insieme all’indiscusso maestro della fotografia paesaggistica, Ansel Adams.
Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti – Bernardo di Chartres