[email protected] expo, tristezza a caro prezzo
Dall’8 all’11 marzo alla Fiera di Roma c’è [email protected] expo. Con la modica somma di 16 (sedici) euri si ha diritto a guardare e comprare un po’ di bici e assistere a una serie di cose, che gli organizzatori chiamano pomposamente eventi.
Quelli più importanti sono (cito letteralmente dal sito ufficiale) la “Mostra itinerante che prende spunto dal lavoro svolto con i bambini della scuola elementare“, “La storia del ciclismo attraverso le copertine di Bicisport“, il convegno “La Mountainbike come strumento di conoscenza e promozione turistica del territorio“. Mmmmmmhhh… ho già l’acquolina in bocca… tutta roba imperdibile, vero?
Prima ancora di cominciare, già si dice che sta [email protected] expo sia un insuccesso: stand invenduti, raccolta pubblicitaria inesistente, zero sponsor. Un fallimento che ha suggerito agli organizzatori di raddoppiare il prezzo del biglietto d’ingresso rispetto agli standard delle manifestazioni alla Fiera di Roma. Così anche il pubblico si terrà alla larga.
Che le cose gli vadano male è, tutto sommato, un bene. Quasi tutti i produttori e quelli che gli pedalano intorno (i rivenditori) ancora non hanno capito, infatti, che prima ancora di vendere biciclette bisogna promuovere l’idea che gran parte del Paese (le città, le aree turistiche, le zone a grande concentrazioni di ciclisti sportivi e cicloamatori) può e deve diventare pedalabile. Aziende e negozianti dovrebbero fare rete con le associazioni, con le società sportive, con le scuole, finanziare tutte insieme campagne pubblicitarie per l’uso della bici… Fare cultura, insomma, e fare lobby. Invece pensano solo a fare qualche euro, come fanno i tabaccai. E la logica di [email protected] expo è la migliore fiera di questa strategia miope e bottegaia.
In bocca al lupo allora: io a [email protected] expo non ci metto piede (per arrivare alla Fiera di Roma dovrebbero pagarmi!), le bici me le costruisco da sola con pezzi rimediati e se proprio devo comprarmi una bici già fatta vado dagli americani, dalla Cannondale, mica da questi tabaccai di provincia che si chiamano Bianchi, Atala o Pinarello.
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