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Via Cadorna

Federica abitava in via Cadorna. Via Luigi Cadorna per l’esattezza. Una traversa, manco a farlo apposta di via Armando Diaz.

Federica ama la storia e lavora alla biblioteca comunale, dall’altra parte della città. Abitava in quella casa da quando dal suo paese si era trasferita in città per frequentare l’università. Un piccolo appartamento poco lontano dal centro. Un piccolo appartamento con garage. Era stato appunto questo dettaglio, il garage, che aveva convinto i genitori all’acquisto. Non era concepibile per loro, che abitavano in un paese della periferia, non avere un riparo per l’automobile, l’indiscussa regina del trasporto moderno. L’occasione di un immobile con garage, in un posto dove ce ne erano pochissimi fu, con automobilistica lungimiranza, presa al volo.
Federica fino a poco tempo fa ci custodiva una Nissan Micra, verde metallizzata.
Federica, dicevo, ama la storia e l’unico difetto che trovava a quella casa con garage era il nome della via.
Come si poteva intitolare anche solo una fontana ad un personaggio che, lontano dal fronte, manovrava come carne da macello, giovani uomini, soldati improvvisati! Figuriamoci ricordarlo intitolandogli una via…quella della sua casa poi!

Ma la sua avversione, verso l’illustre Generale, fu beffardamente rinforzata da qualche forza misteriosa. Il 24 Ottobre 2014 l’auto sparì! Esattamente 97 anni dopo la sanguinosa disfatta di Caporetto, si consumò la disfatta di Federica. La piccola Nipponica non fu più ritrovata. Federica era molto affezionata alla piccola macchina orientale, la teneva con cura e non mancava mai, a fine giornata, di metterla a riposo nel suo garage. Tranne quella sera del 24 Ottobre. Per dirla tutta, aveva percorso pochissimi chilometri. Le sembrava di consumarla. La utilizzava principalmente per andare a lavorare in biblioteca e qualche volta per far visita ai genitori, che abitavano a circa 15 chilometri dalla città.

I giorni successivi Federica che, fino ad allora, non aveva mai concepito un diverso modo di muoversi, in quella piccola città, se non a bordo della sua Micra, provò, costretta dagli eventi, a dare fiducia al trasporto pubblico. Fu un clamoroso disastro.
In due settimane di sveglie in ritardo, scioperi dei trasporti, coincidenze perse e fermate mancate, riuscì a collezionare ben 5 ritardi ed a perdere il pullman del ritorno 4 volte.

All’ennesimo pullman perso, Rosa, una sua collega, le fece notare che nel cortile, libera da catene era parcheggiata una bici. Era la bici del ragazzo che fino all’anno prima, distribuiva i pasti agli anziani con il furgone del comune. La biblioteca era proprio accanto alla mensa e ne condivideva il giardino interno.
Franco (il proprietario della bici) la parcheggiava ogni giorno lì e la riprendeva a fine turno.
“Franco è in Australia, ha trovato lavoro lì, non credo che a lui possa ancora servire. Almeno per il momento…Prendila pure” disse Rosa.

Federica un po’ intimorita per quello che le sembrava a tutti gli effetti un furto, ci pensò per un lungo momento. Poi c’era anche da considerare che i suoi ricordi a pedali coincidevano con l’adolescenza…tanto tempo fa! Uno sguardo all’orologio la convinse, non poteva perdere anche quella sera la lezione di Yoga!
Senza neppure valutarne lo stato, l’estetica e la funzionalità…Salutò Rosa e partì.
Niente male pensò…è proprio vero, una volta che sai pedalare, non te lo dimentichi più. La sua abitudine automobilistica la portò ad imboccare la strada che percorreva in macchina. Era una strada terribilmente trafficata, soprattutto a quell’ora. Quindi in modo del tutto naturale e senza pensarci, scartò a destra, ed entrò in una piccola via che portava verso il centro. Era una serata fredda, ma pedalare la scaldava dentro.

Alla fine Yoga saltò. Pedalò tutta la sera. Per fortuna che la bici di Franco aveva una dinamo e dei buoni fari.
Arrivata a casa Federica, aprì il garage e infilò la bici dentro. Al centro del garage.
Occupando simbolicamente quello che fino a poco tempo prima era il posto della Micra.
Stanca ma appagata, si fermò ad osservare la bici di Franco. Era una bici da corsa anni ’60 con i comandi del cambio sul telaio. Ma la cosa che la sorprese, osservandola sotto la luce a neon del garage, era il colore…verde metallizzato!

Dal giorno successivo, fino ad oggi, Federica va alla biblioteca con la sua nuova bici, provando spesso strade nuove, seguendo le ciclabili, dove presenti. Pedala sia con il freddo che con la pioggia (s’è comprata un poncho fantastico!). La svolta è stata proprio perdersi per le vie del centro, provare nuove strade, lontano dalle macchine. In poco tempo pedalare era diventato per Federica un’abitudine necessaria.
Insomma, oggi, a quasi 100 anni dalla battaglia di Caporetto e a quasi 3 dal furto della Micra, Federica conosce ogni angolo della città, ha scoperto negozi dove vendono vestiti che fanno l’invidia delle sue amiche, ha modellato la strada di ritorno a casa, per poter passare di fronte ai sui negozi di fiducia dove fare la spesa, non ha più perso tempo per parcheggiare una sola volta e conosciuto un sacco di gente!
Dimenticavo…ora Federica ha cambiato casa. Abita in via XXV Aprile, ma questa, è un’altra storia.

AGGIORNAMENTO: Ieri pomeriggio Federica ha ricevuto una chiamata. Erano i Carabinieri di Bordighera ( Sì, proprio il paese dove è morto il Cadorna! ). Volevano avvertirla che la Micra era ricomparsa. Giace in fondo a un canale, poco fuori paese. Eliminata dopo un tentativo di rapina andato male, qualche mese fa e rinvenuta solo ora. Federica dopo aver ascoltato la voce del carabiniere che le spiegava il tutto, esitando un paio di secondi ha risposto: “Mi dispiace, credo che abbiate sbagliato numero“ e ha riattaccato.

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