Da Martina Franca a Grottaglie in bicicletta

Da Martina Franca a Grottaglie in bicicletta


Si parte da via della Sanità. Qualche pedalata e ci buttiamo subito a destra sulla Provinciale 68 (Strada Monti del Duca). L’accompagniamo nel suo incedere, caracollando da destra a sinistra, e dopo qualche centinaio di metri l’abbondoniamo. Curviamo a sinistra per una piacevole stradina di campagna (Strada Pasqualone prima, Strada Falcecchia poi). Seguiamo per qualche chilometro la scia sino ad incrociare e convergere sulla SP 67 (Strada Trazzonara) ed a sorpassare successivamente la SP 70.

Mappa

Altimetria

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Qui comincia lo show panoramico. Un vero e proprio otto volante fatto di ripide discese, tornanti panoramici ed intense curve a gomito. Emozioni forti per cuori impavidi. Noi ve lo raccontiamo. Ma per capire sino in fondo dovete viverlo. Anzi, “pedalarlo”.

All’incrocio con la SP 72 ci lasciamo alle spalle l’eccitante scarica adrenalinica della movimentata discesa e ci prepariamo ad una dose massiccia di rilassanti endorfine prodotte dall’incedere senza sforzi regalato da una lunga e lenta discesa accompagnata da un colpo d’occhio da mozzare il fiato: le Murge che si dissolvono nelle gravine. Tutte queste “droghe naturali” vengono prodotte dal corpo umano se adeguatamente stimolato dai “giusti” imput esterni. Nel nostro caso la bicicletta diventa, è proprio il caso di dirlo, stupefacente.
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Siamo quindi su una stradina secondaria (Strada Comunale Esterna C. Pantano) che placidamente, con un perfetto grado di pendenza, ci porta quasi planando verso l’ultimo gradino della Murgia di sud-est, il vallone rupestre della Gravina di Riggio e della Lama di Fantiano.

Qui, in un continuo serpeggiare di strade comunali (Contrada Bucito, Contrada Belvedere, Contrada Monte Sant’Angelo, Contrada Carmine, Contrada Malabarba), incontriamo la Lama di Coluccio, il Caggione della Gravina di Riggio e le Cave di Fantiano.
La Lama di Coluccio è uno tra gli esempi minori di carsismo nel territorio. Ospita al suo interno la Grotta di Buccito, una cavità naturale le cui dimensioni ne fanno comunque l’esempio più maestoso nella zona circostante.

La Gravina di Riggio si presenta invece come una profonda incisione lunga 700 metri circa che si sviluppa sinuosamente in direzione nord – sud. Nel primo tratto è presente un piccolo torrente, denominato il “Caggione”, che con un salto di circa 15 metri, forma nella parte più bassa della gravina un laghetto quasi permanente.
La zona ha inoltre restituito importanti tracce di una lontana frequentazione umana. Sono stati infatti rinvenuti resti di un villaggio a capanne preistorico, diverse tipologie di tombe risalenti all’età del rame e del ferro, ed un villaggio rupestre medievale caratterizzato da una notevole varietà di grotte diverse per forma, dimensione ed utilizzo.

Ed infine, leggermente più a sud, la Lama di Fantiano. La zona è dominata da pineta e da macchia mediterranea. Nel suo tratto terminale si trovano le cave omonime, oggi riutilizzate per manifestazioni e spettacoli all’aperto.

Il percorso appena descritto, nel suo complesso, non arriva ad estendersi oltre i 30 chilometri. I primi 10, tra le contrade di Martina Franca, quasi in rettilineo, sono caratterizzati da modesti saliscendi e da dolci curve che si susseguono l’una all’altra. I successivi 3 sono invece contraddistinti da un ritmo serrato: qualche curvone ed un paio di pieghe strette si susseguono durante una vivace discesa. I freni in buone condizioni sono d’obbligo. Oltre ovviamente al “saper frenare”. Nel tratto finale riprendiamo nuovamente i ritmi classici dettati dalle strade secondarie che armoniosamente attraversano le campagne di quest’angolo di Puglia: oliveti, vigneti, terra bruna e roccia aguzza. Il fondo stradale è quasi completamente asfaltato. Il traffico automobilistico, comunque modesto, lo si registra soprattutto nei tratti che incrociano o affiancano le più veloci strade provinciali.

Il nostro tour si conclude in via XXV Luglio, alle porte di Grottaglie, a due pedalate dalla città dell’arte della ceramica. Come si dice in questi casi: non c’è due senza tre.

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