Pedalate ieri e oggi

Arranco solitario: costeggia la ciclabile di zona
Cataste d’auto demolite e ruzze
Gomme bruciate ed altre scene amene
D’un panorama di degrado urbano.
Fanno ala, invece che tifosi scalmanati,
siepi sporgenti… arbusti avari,
sfiorano le gambe senza offrire
spruzzi pietosi a rinfrescar l’arsura.
Spingo i pedali, dimentico di tale
Spoglio ambiente,
Distendo l’arto, euforico e gagliardo
Come fossi in vista dell’arrivo
-Mi sembra di vedere lo striscione-
Primo del gruppo ormai lasciato indietro…
Ricordo allora, di tanti anni fa
La cronaca di tappa in bianco e nero…
La voce di De Zan, racconta nel frattempo
Di fatti antichi, leggende e gesta
Avvenuti negli stessi luoghi,
scoprendo in un bambino incuriosito
la nuova meraviglia di quello che ignorava
e che ora sa.
Le facce affaticate dei ciclisti,
solcate dal sole e dalle rughe,
raccontano di un prossimo passato
-la lingua stenta lo conferma ancora–
di figli della terra, polverosa ed acre,
che ora percorrono veloci,
ma con altrettanto, immancabile sudore.
E lacrime di vincitori e di sconfitti
Diventano le mie emozioni
Ancora inconsapevoli di bimbo,
storie di fatica e di speranza,
di riscatto e di piccola gloria
perduta per un sospetto di intrugli ingoiati.
La moto, spudorata,
moderna invenzione che annulla
lo sforzo e l’impegno,
irrompe e cattura indiscreta
le smorfie ed i lampi di volti e di sguardi.
Sudori, borracce, spuntini rubati,
l’irriducibile insegue e sospinge il pupillo
che arranca in salita.
Le pedalate rotonde, allungate del piano,
quelle stentate, a strattoni
del colle e del monte.
Le maglie con scritte vistose
Che stringono i magri costati
E scoprono i gomiti asciutti.
Il bacio di una femmina oltraggiosa
Che non rifiuta il vincitore esausto,
Non profana
l’arcano gesto sacro della sofferenza
il sacrificio per la ricompensa
sudata e pianta e poco spesso arrisa.