Mestieri in bicicletta – Terza parte

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Fuochista pirotecnico

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Questo del pirotecnico era un lavoro di compagnia. Molto spesso non bastava una bicicletta per completare lo spettacolo, ma si mettevano insieme due o tre pirotecnici in modo da fare uno spettacolo con i fiocchi per l’epoca. Erano ovviamente richiesti da famiglie benestanti per allietare compleanni, matrimoni e ricorrenze. Erano assai richiesti nelle feste patronali assai importanti per l’epoca. Le girandole sono applicate alla bicicletta solo per il trasporto. Poi veniva messo in terra il ficcone in ferro, alloggiato lungo il tubo obliquo, e un palo estensibile che si nota ripiegato dietro alla ruota grande. Il tutto, in questo modo, raggiungeva l’altezza di 3 metri. Tra i vari attrezzi contenuti nelle cassette vi sono i contenitori per polveri e micce, cilindri in legno per la fabbricazione di bussolotti a più strati di carta, mortaietti in ferro del 1891 per botti, due libretti di istruzioni del 1862 ed uno del 1940, illustrati dettagliatamente con disegni per la costruzione dei più svariati tipi di fuochi. Nella cassetta anteriore ci sono tutti gli attrezzi necessari ma che commuove è la fotografia della famiglia del fuochista che lui portava sempre con sé. È commovente pensare che ne stava lontano per diverso tempo e ogni volta che apriva il coperchio della sua cassetta aveva davanti il significato del suo peregrinare di paese e contrade varie. Credo che qualche volta sia stata dura per lui allietare le altrui famiglie con la tristezza nel cuore per la lontananza della sua. E’ una cassetta che in qualche modo dà la cifra di questa collezione: sono biciclette che hanno veramente lavorato con persone vere e non sono assemblate come altre che si vedono in giro in diversi musei. E questo, non mi stanco di scriverlo, fa la differenza con altre raccolte e musei.

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Bicicletta da venditore di caffè

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Il venditore di caffè era una tipica figura del paesaggio milanese. Consegnava il caffè in grani alle osterie e alle trattorie usando tutta una serie di misurini in latta che sono presenti nella cassetta degli attrezzi. Con il macinino sul portapacchi anteriore forniva di piccole quantità anche le massaie che glielo richiedevano macinato. Per poter macinare stabilizzava la ruota anteriore con un rudimentale marchingegno bloccaruota fissato sul tubo orizzontale. La cassetta posteriore era attentamente bordata in lamiera per non disperdere l’aroma del caffè e per proteggerlo dalla pioggia. All’interno del coperchio è fissata una sorta di borsa in stoffa forse fatta per contenere documenti.

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Bicicletta da intagliatore

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L’intagliatore, proprietario della bici, era originario della zona di Cabiate. Era un fornitore della ditta del papà di Nello Sandrinelli, il collezionista di queste biciclette. E’ quindi anche essa molto viva e quindi significativa per il senso della collezione. Questo mini imprenditore oltre a frequentare con la sua arte le botteghe di falegnameria che lo chiamavano per impreziosire con i suoi artistici intagli mobili, sedie, portoni, altari, letti, tavoli e quant’altro, andava con la sua bicicletta a domicilio ad eseguire riparazioni sul posto per intervenire su grandi superfici, come un soffitto a cassettoni, piuttosto che una libreria antica o anche su mobili inamovibili. Sulla bicicletta c’è una particolarissima morsa da falegname, smontabile, che durante il viaggio veniva messa a cavallo della cassetta, e poi rimontata con appositi attacchi e viti sul retro della stessa. Questa bicicletta, molti anni fa, ha fatto bella mostra di sé alla villa reale di Monza, in occasione della fiera del mobile M.I.A.

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Venditore di bastoni

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Il possessore della bicicletta era originario della Valsassina. Il suo lavoro di vendita era successivo alla sua ricerca nei boschi di rami adatti a diventare bastoni per passeggio o pastorizia. La bicicletta infatti è strutturata per i due momenti. Davanti c’è una portantina con la quale caricava i rami adatti a diventare bastoni, diciamo che è il reparto produzione. Nella parte posteriore invece, risiede il reparto commerciale con tanto di esposizione, costruita con legno curvato, atta a far vedere tutti i modelli di bastone con le varie impugnature con figure di animali. All’epoca usare il bastone non era sempre una necessità, ma dava alla persona un certo portamento.

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Bicicletta consegna pacchi

pacchi

Questa bicicletta è da un punto di vista emozionale la meno importante. Era in dotazione ai fattorini delle poste dalle parti di Rimini. È stata usata sicuramente da diversi lavoratori per finire da un panettiere che l’ha data al sig. Sandrinelli. Ma è sicuramente la bicicletta qualitativamente più rilevante sia per i materiali usati, sia per le soluzioni tecniche adatte al lavoro che doveva fare. Freno anteriore a tampone. Questo non è un elemento di novità, ma il comando a bacchetta inserito nel piantone dello sterzo sì. Ruota piccola davanti così da abbassare il piano di carico e aumentare in altezza la capacità di trasporto. Un cavalletto estremamente stabilizzante nella sua semplicità.

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Ecco nella foto il particolare della bacchetta del freno infilata nel piantone dello sterzo. Si nota anche l’interruttore della luce anteriore. Si tratta di un interruttore a due posizioni. Una per la luce di posizione e una per il faro con grande parabola con le pile inserite nel faro stesso. Un faro da moto in pratica. Il freno posteriore era a contropedale.

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Ecco sopra il marchio di fabbrica.
Per anni le aziende tedesche, svizzere hanno avuto l’abitudine di realizzare in casa anche la corona anteriore in acciaio con inserito stilizzato il marchio di fabbrica. E’ la “G” stilizzata della Goericke Werke fondata nel 1874 e ceduta nel 1961 alla Pantherwerke. Posteriormente oltre al classico grande portapacchi era posizionato un gancio basculante per il rimorchietto in caso di necessità. Non mancava la classica sella in pelle e con le molle. Un autentico mulo da lavoro costruito con materiali ottimi che nonostante siano stati abusati da diverse persone sono giunti intatti fino a noi a riprova della qualità.

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Bicicletta del calchista/scultore

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L’artista possessore della bicicletta girava per paesi e città, facendo calchi in prevalenza ai visi dei vivi, ma non disdegnava di farlo anche ai morti al fine da ricavare una statua in bronzo del soggetto. Riproduceva anche stemmi di famiglia, fregi e sculture varie. Sulla bicicletta si trovano due cassette. Una con le impronte di calchi asciutti e il canapaccio che serviva per dare consistenza alle forme (era “l’armatura” del calco), stemmi e parti dimostrative. Anteriormente la cassetta aveva gli attrezzi. Sono ancora sporchi. Impossibile che finisse il suo lavoro senza lavarli. Mi piace pensare che li abbia lasciati così l’ultima giornata di lavoro della sua vita, sporchi, come a dire: “da domani non vi uso più”…ci si può anche stancare di lavorare.

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Bicicletta da ciabattino

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Chiudo la rassegna con un nome e cognome del proprietario: Ambrogio Redaelli, di Lecco classe 1926. A quei tempi il lavoro del ciabattino era indispensabile. Le scarpe, ma soprattutto gli scarponi erano costruiti direttamente dai ciabattini e dovevano durare a lungo. Si costruiva il mercato da solo: prima faceva le scarpe su misura, poi tutti gli anni passava a risuolarle. Le scarpe proteggevano l’unico strumento di locomozione: i piedi.

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Si consumavano molto più di adesso. Dovevano essere comode, erano su misura e costavano molto. Sul portapacchi posteriore si trova il tavolino di lavoro ancora impregnato di colla che imprigiona pezzetti di cuoio e forse anche sudore delle mani. Veniva tolto dalla bici e chiedendo in prestito una sedia al cliente era in grado di cominciare subito il lavoro. Nella cassetta sul portapacchi anteriore vi erano gli attrezzi: forine, punzoni, marcapunti, tiraforma, punteruoli, bisegolo ecc…( nella foto sono sul tavolino): tutto il necessario per eseguire bene il suo lavoro.

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I figli di Ambrogio, Maria, Lina e Alessandro hanno conservato per anni tutto il suo materiale ed attrezzi, con orgoglio lo hanno donato al sig. Nello Sandrinelli, sapendo che a modo suo avrebbe trasmesso ai posteri il sapiente lavoro del padre.
Per non tradire questo aspetto fondamentale della raccolta il sig. Nello Sandrinelli è alla ricerca di una collocazione permanente per quelle che lui chiama figlie. Desidera che la collocazione mantenga il senso con cui è stata raccolta: devono rimanere tali e quali, senza aggiunte restaurative per mantenere viva la storia singolare di ogni bicicletta e dei loro antichi proprietari. Questa collezione rappresenta una istantanea sul passato, è come se il tempo si fosse fermato in un determinato periodo e ci raccontasse quel momento, con i pensieri, i desideri e le emozioni dei proprietari e della vita intorno a loro. In questo momento le biciclette si trovano in un locale nascoste a tutti. Meritano di essere viste da tutti, ma per quello che sono veramente. Eccone alcune. Meritano una sede degna della loro storia.

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Leggi anche:
Mestieri in bicicletta – Prima parte
Mestieri in bicicletta – Seconda parte

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