Perché Santa Bibiana è importante

Torno sulla vicenda che da ieri sta facendo discutere animatamente il mondo dei ciclisti, romani e non: la tracciatura di un segmento di corsia ciclabile nel tunnel di Santa Bibiana, tra i quartieri Esquilino e San Lorenzo. 120 metri di “corridoio” ciclabile ricavato da un gruppo di cittadini con una semplice striscia di vernice stesa su una sede stradale dell’inutile ampiezza di circa nove metri.

Perché quei 120 metri sono tanto importanti? Non si arriva a comprenderlo chiaramente se non uscendo dalla prospettiva al livello stradale ed osservando quella porzione di città dall’alto. Quello che appare immediatamente evidente è una lacerazione nel tessuto connettivo della città (la rete stradale) dovuta alla presenza della mastodontica Stazione Termini.

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La Stazione Termini, e con essa il fascio di binari che si estendono in direzione est verso la Stazione Tiburtina, ha l’effetto di un muro che taglia in due il quadrante est della città in direzione nord-sud, ed al quale è stato posto rimedio solo per il traffico motorizzato grazie ad una vera e propria autostrada urbana sopraelevata: il tratto iniziale della Tangenziale Est.

Dall’immagine appare evidente come il tunnel di Santa Bibiana (assieme all’adiacente, più lungo e non meno terrificante, budello stradale che raccorda via Marsala con via Giolitti all’altezza di via Alfredo Cappellini) rappresenti la più immediata e diretta via di raccordo tra due quartieri popolosi ed entrambi ricchi di poli attrattivi.

N.b.: per una disamina più approfondita degli effetti delle “barriere urbane” sulla mobilità leggera rimando al lavoro sul Modello a Grappolo (sviluppato per esteso sulle pagine di questo blog ed in versione “Bignami” su Bikeitalia.it).

Quello che mi interessa evidenziare è il totale nonsense che si è venuto a produrre a causa delle modificazioni nell’organizzazione del traffico avvenute a valle della costruzione originaria, che prevedeva un flusso veicolare bidirezionale cui la dimensione della carreggiata era stata adeguata. Questa è la vista dall’alto dell’imbocco del tunnel (ora unidirezionale) dal lato di Piazza Vittorio Emanuele.

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La cosa che salta all’occhio è che il flusso di autovetture proveniente da Via Giolitti viene incanalato, per l’imbocco del tunnel) su una singola corsia di circa 4 metri di larghezza che, una volta superato il semaforo, si allarga ad oltre otto metri, consentendo teoricamente un flusso veicolare su tre corsie.

Se da un lato questo non ottiene alcun vantaggio in termini di “fluidificazione” del traffico (la parola magica che ha guidato le scelte di viabilità romane nei decenni scorsi: facciamoli correre così sono contenti…) dall’altro ottiene l’effetto totalmente negativo di incoraggiare inutili accelerazioni e sorpassi: l’esatto contrario di quello che una buona amministrazione dovrebbe proporre ai propri cittadini.

La vista dal livello stradale aiuta a capire ancora meglio la situazione.

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Due striminziti marciapiedi pedonali frequentemente utilizzati (dal lato opposto del tunnel c’è la fermata “Vittorio Emanuele” della linea A della metropolitana) ed un ampio corridoio centrale dove gli automobilisti romani possano sfogare le proprie frustrazioni pigiando sull’acceleratore, nel breve interludio tra un ingorgo ed il successivo.

Sarebbe in realtà molto semplice, e di evidente buonsenso, mantenere la sezione della carreggiata costante. Ciò eviterebbe accelerazioni inutili e sorpassi azzardati senza minimamente influire sui tempi di percorrenza, dettati principalmente dalle tempistiche dei semafori a valle del tunnel e dalla corsia a carreggiata unica del tratto iniziale di via Tiburtina.

Lo spazio recuperato in questa operazione di Road Diet potrebbe venir riutilizzato ampliando le sedi pedonali ed inserendo in ognuna di esse un corridoio ciclabile, cosa che consentirebbe una percorrenza delle biciclette in sicurezza (grazie ai parapedonali) in entrambi i sensi di marcia.

Una soluzione di questo tipo è stata chiesta a più riprese alla pubblica amministrazione capitolina, ma fin qui senza esito. Bisogna prendere atto di una palese mancanza di volontà in questo senso. Di un’ostinazione all’immobilità che caratterizza in maniera trasversale l’operato di tutte le amministrazioni degli ultimi decenni e si traduce tra le altre cose in degrado urbano ed elevata incidentalità stradale.

Per il momento un pugno di cittadini esasperati ha prodotto questa piccola (ed utile) sistemazione. Di certo si può fare di meglio, a patto però che chi di dovere si svegli dal letargo e cominci ad agire.

Fonte | mammiferobipede

Commenti

  1. Questa interessante esperienza è giusto che venga portata a conoscenza del maggior numero di persone/ciclisti.
    È sperabile che la perseverante presunzione di chi esercita il potere delegato dagli elettori non possa avere un seguito positivo: hanno cancellato l’elaborato sul territorio fatto dagli utenti? Per educazione e democrazia devono provvedere prima possibile a realizzare la modifica.
    È oltretutto diabolico e imperdonabile il fatto che sotto un tunnel sia possibile permettere che le auto possano sorpassare utilizzando tutta la larghezza disponibile.

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